Come insegnava il vecchio Eichmann, il buon funzionamento di una deportazione è anche una questione di logistica: far combaciare gli spostamenti delle truppe di scorta, la disponibilità della giusta massa di prigionieri e di mezzi di spostamento adeguati, con il funzionamento delle infrastrutture generali di trasporto; senza dimenticare le carte da timbrare, l’inchiostro per i timbri e gli appositi funzionari. Proprio in questi giorni gli specialisti agli ordini dell’immarcescibile vice-questore Rosanna Lavezzaro si stavano impegnando molto per far partecipare anche il Cie di corso Brunelleschi ad una bella deportazione di nigeriani organizzata a livello europeo. Un solo volo charter che parte da qualche capitale del Nord e che gira tra i Paesi dell’Unione ad imbarcar passeggeri forzati: l’ultima tappa, abitualmente, è Roma, dove si fan convergere per tempo quelli prigionieri dei Cie italiani, e poi diritti a Lagos.
Sembra tutto pronto, ma domenica c’è l’intoppo: dopo una settimana di roghi, va a fuoco proprio uno dei moduli dove son prigionieri alcuni dei futuri deportati. Questa volta c’è una telecamera che bene o male riprende la scena, il materiale per effettuar qualche arresto c’è ma… che si fa? Arrestarli vorrebbe dire far perdere loro l’aereo che è previsto a giorni e che è bello e organizzato, e pure il Console il suo timbrino l’aveva finalmente messo… gli uomini della Lavezzaro avranno avuto qualche dubbio, ci rimuginano qualche ora mentre compilano i verbali ed effettuano i riconoscimenti, ma alla fine prendono la decisione che tutti si aspettano da un poliziotto e portan sei ragazzi nigeriani alle Vallette.
L’incertezza, però, gioca agli specialisti un brutto scherzo, perché alla successiva udienza di convalida il giudice si rende conto che è passato troppo tempo tra l’incendio e l’arresto: manca la flagranza di reato, e i sei van liberati. «Ma come, ci consentono di metter le telecamere e poi quando abbiamo i filmati non ce li fanno arrestare?» – sembra abbia esclamato forte uno dei questurini a fine udienza. Per rimediare alla brutta figura, all’ultimo minuto, dopo un veloce passaggio in Questura, i nostri piccoli Eichmann riescono a recuperare il tempo perso e ad imbarcare quattro dei sei nel volo per Roma, blindatissimo e già stipato degli altri nigeriani che eran rimasti in corso Brunelleschi. Degli arrestati di lunedì tornano nel Centro solo in tre: due dei nigeriani, che avevan fatto domanda d’asilo e che quindi per ora non si posson deportare, e un ragazzo tunisino – che era stato arrestato per un altro incendio, e per il quale il giudice ha convalidato l’arresto ma rilasciandolo immediatamente. Tutti e tre dovran comparire domani di fronte al Giudice di Pace che convaliderà di nuovo il loro trattenimento al Cie. Nessuno è più alle Vallette, dunque.
Nel Cie semidistrutto, dunque, ora ci son soltanto una trentina di persone: le donne, che occupano l’unica area ancora intonsa, sono la metà e mentre i maschi son sistemati tra una stanza della blu e la mensa bruciacchiata della viola. Intanto, tanto per tornare alle procedure degli specialisti delle deportazioni, ci tocca segnalare che se nulla è ancora dato di sapere su chi la settimana passata si sia candidato a gestire il Centro, la Prefettura ha annunciato che, contrariamente alle consuetudini, a valutare le offerte sarà una commissione formata, oltre che dai propri funzionari, anche da poliziotti. Insomma a scegliere se affidare la gestione del Centro alla Croce Rossa militare o a qualche nuovo venuto sarà anche… Rosanna Lavezzaro, della quale si riconoscon le competenze in materia di funzionamento dei Centri. Vi segnaliamo anche i nomi degli uomini del Prefetto che compongono la commissione, giusto per lasciare qualche traccia ai posteri: Giuseppe Zarcone, dirigente di II fascia, Valeria Sabatino, vice-prefetto, e Donatella Giunti, funzionario addetto ai verbali.
Fonte Macerie su cui troverete un intervento sugli arresti, le deportazioni e il presidio di domenica prossima, trasmesso su RBO