Di ritorno dalla Repubblica Ceca per partecipare alla selezione del premio “per i diritti umani” Vaclav Havel, alla compagna e avvocata Mahienour el-Masry ancora una volta è stato ritirato il passaporto.
È lei stessa a raccontare le restrizioni e i soprusi a cui è sottopostx chi lotta e denuncia la dittatura dei militari.
“Buona sera, tre mesi fa hanno illegalmente sequestrato il mio passaporto nell’aeroporto del Cairo. Mi è stato chiesto di recarmi in una delle sedi dei servizi segreti ad Alessandria, ma essendo un gioco di forza mi sono rifiutata di andare. Tuttavia, ho fatto due cose: la prima è stata scrivere una lettera di reclamo all’avvocatura generale e la seconda è stata chiedere un’altra copia del passaporto “per smarrimento”. Ha vinto la seconda opzione, sono riuscita ad avere un nuovo passaporto, visto che legalmente non ho processi a carico.
Sono stata invitata come difensora dei diritti umani dall’ufficio Vaclav Havel in Repubblica Ceca per scegliere chi vincerà il premio annuale per i diritti umani. Ho deciso di accettare anche per vedere se sono tra le persone a cui è vietato partire o no. Le spese del viaggio sono state finanziate per metà da loro e il resto a mio carico, giusto per rispondere alle persone che se lo chiedono. Ho deciso di rendere pubblico tutto questo solo dopo che sono partita per evitare problemi con la sicurezza.
Sono nella lista delle persone che viene immediatamente richiesta, per questo vengo perquisita prima di salire sull’aereo e ancor di più quando rientro dai viaggi.
Oggi mi hanno perquisita per più di tre ore, in attesa dell’ordine dai servizi segreti di farmi partire o meno. È la stessa cosa che mi aspetta al mio rientro. Ho voluto comunicarlo anche per ringraziare tutte le persone che mi hanno sostenuta nel riavere il mio passaporto e anche perché le persone devono sapere come si è evoluta la situazione.
Alla fine, non so perché non mi hanno sequestrato il passaporto, né perché questa volta hanno deciso di farmi partire. Quello che so è che non smetteremo di vivere le nostre vite e di pretendere i nostri diritti cercando in tutte le forme possibili di pretendere il diritto alla libertà di movimento di tutte le persone”.
Nel paese, intanto, la repressione sanguinaria del regime continua senza freno. Tre oppositori politici (Sayed al-Banna, Walid Shawky and Ahmed Sabry Abu Alam) sono stati prelevati dalle loro case o da lavoro e sottoposti a sparizione forzata. Sono perseguitati per le proteste contro la cessione delle isole Tiran e Sanafin all’Arabia Saudita. Proteste accadute nel 2016 ma ancora pretesto utilizzato dal regime per mettere in galera gli oppositori politici.
L’avvocato e compagno Haitham Mohamadein e Abir Al-Sufti (membra del partito d’opposizione Pane e Libertà) pur avendo vinto contro il ricorso della procura che si era opposta alla loro scarcerazione sono da 6 giorni detenuti nei vari commissariati del regime in attesa del rilascio.
12 ultras dell’Ahly sono stati arrestati per dei cori contro un rappresentante del governo saudita presente allo stadio. Tuttavia, non esistono dei dati ufficiali di tutti i tifosi che sono detenuti nelle gabbie del regime. Dal 2011 i gruppi ultras d’Egitto, in primis quelli dell’Ahly e del Zamalek da sempre tra le forze rivoluzionarie più attive del paese, sono al centro della repressione governativa che li annovera tra le “organizzazioni terroristiche”.
Da quando il regime di Sisi è al potere sono 2300 le persone ufficialmente condannate a morte, tra cui almeno 10 minori, 83 le persone impiccate. A queste si aggiungono gli assassinii extragiudiziali. Solo quest’anno secondo dati dello stesso esercito 450 “presunti terroristi” sono stati uccisi durante le operazioni militari nel nord del Sinai che vanno avanti da anni. 77000$ dollari sono stati finora stanziati per ripagare le persone vittime di spostamento forzato.
Unica notizia positiva è la scarcerazione di Yassin, un attivista di 24 anni che ha scelto di presentarsi lui stesso in commissariato al fine di scontare una pena sospesa di due anni “per manifestazione non autorizzata” e riuscire così a vivere con maggiore libertà.