Ancora una volta solo le rivolte, le proteste e fughe riescono a spezzare la cortina di isolamento e il muro di silenzio che circondano il brutale funzionamento quotidiano del sistema istituzionale di selezione e trattenimento delle persone migranti. Un sistema che è costituito non solo dai CPR ma anche dai sempre più numerosi luoghi di internamento – hotspot, navi quarantena, CARA, centri per minorenni, centri di quarantena – dove vengono segregate le persone che sono riuscite ad approdare in Italia. Senza il clamore suscitato dalle proteste e dalle evasioni, le uniche notizie presenti sui media e nell’ipocrita dibattito politicista sarebbero esclusivamente quelle relative agli sbarchi, soprattutto a Lampedusa. Su ciò che avviene dopo gli approdi, il nulla più assoluto, dei lager in Italia non si deve parlare.
Questo apparato che stritola le vite di migliaia di persone viene purtroppo messo realmente in discussione, contrastato e sabotato solo da chi ha la sfortuna di esserne prigionierx: il resto della società assiste indifferente all’apartheid fatto legge, e non si riesce ad attribuire all’esistenza di questo dispositivo di esclusione la responsabilità di etichettare come irregolari centinaia di migliaia di persone, per sottoporle a un continuo ricatto, alla paura della reclusione e deportazione, allo sfruttamento più crudele. Durante quest’anno e mezzo di pandemia i luoghi di reclusione sono addirittura aumentati e continuano a imprigionare migliaia di persone in condizioni igieniche e sanitarie disastrose, mettendo ancora di più a rischio la loro salute, mentre nel resto del paese si dibatte di vaccinazioni, green pass e ritorno “alla normalità”. Come è avvenuto in precedenza durante le analoghe rivolte nelle carceri, l’unica sicurezza, per chi è reclusx, è la libertà, che si conquista con la rivolta e la fuga.
Riportiamo di seguito alcuni degli avvenimenti che hanno riguardato questi luoghi nel corso dell’ultimo mese.
8 luglio. Nel Cara di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, un gruppo tra le 60 e le 100 persone, segregate nel centro in attesa della deportazione insieme ad altre 1.100, riesce a scappare utilizzando le brande dei letti per scavalcare le recinzioni. Nei giorni successivi alcune verrano catturate e riportate nel centro. In un comunicato, un sindacato di polizia scrive “Nella struttura, attualmente, ci sono circa 1200 migranti a fronte di 35 appartenenti alle Forze di Polizia: la struttura sta letteralmente scoppiando, le fughe sono ormai all’ordine del giorno e gli agenti non riescono più a gestire la situazione che ormai è totalmente fuori controllo.”
9 e 10 luglio. Nella prima settimana di luglio vengono trasferite da Lampedusa all’hotspot di Taranto circa 300 persone, tra le quali molte minorenni, per procedere a un’ulteriore quarantena e all’identificazione. Alcune delle persone risultano positive al covid19 ma vengono segregate insieme alle altre, ammassate nell’hangar dove ha sede l’hotspot. Questa deliberata decisione delle autorità provoca ovviamente l’estensione del focolaio a 43 persone, e anche un paio di poliziotti addetti alla sorveglianza risulteranno positivi al virus. Cominciano le proteste, che sfociano, durante la notte tra il 9 e il 10 luglio, in un’evasione di massa. Circa 100 minorenni riescono a sfondare la rete di recinzione interna che separa il lager dalla zona amministrativa, scavalcare il cancello, travolgere le guardie che cercano di fermarli e, almeno in 67, a fuggire, tra i quali diversi minori. Il giorno successivo la scena si ripete, questa volta con meno fortuna.
Nel solito comunicato, i sindacati delle guardie riportano una pericolosissimo precedente, l’uso di armi da fuoco contro dei minorenni in fuga: “L’ultimo episodio, poi, è particolarmente grave: nel corso dell’ennesima rivolta scoppiata all’interno del centro di temporanea accoglienza – una struttura “leggera” che avrebbe dovuto registrare il solo passaggio di un numero limitato di migranti e per i soli fini identificati da espletare nel massimo di 72 ore, almeno questa era la originaria classificazione che aveva dato l’allora esecutivo di governo e Bruxelles – un nostro operatore della Polizia di Stato è stato costretto a esplodere due colpi d’arma da fuoco a scopo intimidatorio per sottrarre una collega da un’aggressione fisica per la quale è stato necessario ricorrere alle cure mediche. Una sorta di accerchiamento posto da decine di migranti che tentavano di fuggire in massa dalla struttura, scavalcando e distruggendo la inqualificabile recinzione metallica posta sul perimetro che rende ancor più inadeguata quella struttura ad una permanenza prolungata dei migranti clandestini.
La situazione rimane gravissima e richiede interventi drastici e risolutivi anche perché attualmente, la struttura è più simile ad un “lager” che ad un centro di prima accoglienza e identificazione, in cui, in larga parte sono tutt’ora presenti minori stranieri non accompagnati, vulnerabili sotto l’aspetto psicofisico e diverse decine di essi, positivi al covid-19, convivono all’interno del centro con i soggetti non affetti dal virus, in condizioni che riteniamo per nulla normali. Le fughe di massa, sono ormai ricorrenti.”
15 e 16 luglio. Il centro “Villa Sikania” a Siculiana, in provincia di Agrigento, viene da tempo utilizzato per recludere, anche per mesi, i minorenni migranti non accompagnati. Dopo varie e quotidiane proteste inascoltate per reclamare un trasferimento e/o la libertà, e dopo aver concluso il lungo periodo di quarantena, per due giorni consecutivi tentano la fuga. Il primo giorno riescono a evadere in settanta e il giorno successivo in 10. Dopo una caccia all’uomo e il rastrellamento nelle campagne e nei paesi circostanti, 40 persone vengono catturate.
18 luglio. Nell’hotspot di Pozzallo, in provincia di Ragusa, il 18 luglio erano presenti 134 persone. Alcune di queste si sono organizzate per porre fine alla reclusione ed evitare la deportazione, accatastando i materassi di gommapiuma dei letti a castello, ai quali hanno poi dato fuoco. Nel caos che si è creato 36 persone sono riuscite a fuggire, e solo sette sono state in seguito riprese. Il capannone centrale del campo di concentramento è stato gravemente danneggiato ed è inagibile, costringendo i gestori a trasferire 20 persone in una tendopoli a Cifalì, e a riutilizzare in fretta e furia un altro capannone abbandonato, in precedenza utilizzato per segregarvi le donne migranti.
E arriviamo a questi ultimi giorni, con più di 1.300 persone costrette nell’hotspot di Lampedusa. 300 persone sono in via di trasferimento a Crotone (nel già sovraffollafo CARA?) e altre 150 sulla nave quarantena GNV Adriatico. Il 27 luglio scade il bando governativo per il noleggio di altre 5 unità navali: su questi lager galleggianti continuano le proteste, l’ultima di cui si ha notizia, grazie solo ai video che arrivano dalle persone imprigionate, riguarda uno sciopero della fame a bordo di una delle navi GNV.
Solidarietà a chi lotta!