Due settimane fa, durante la protesta a Bari delle persone che vivono nel CARA, una giornalista aveva chiesto a un portavoce degli immigrati “Voi non vi sentite sicuri nel CARA?”. La risposta era stata “No, nessuno è sicuro, neanche fuori dal CARA. La sicurezza si misura con l’accesso ai diritti. Quando c’è negazione dei diritti non c’è più sicurezza, anche fuori dal CARA.”. La cronaca recente conferma la validità di queste parole.
Stamattina, lunedì, una persona immigrata e senzatetto, di 42 anni, è stata trovata senza vita nei pressi della Stazione, morta probabilmente di stenti. Ieri sera un giovane tunisino che vive nel Cara di Bari, per protesta, si è autoinflitto delle ferite con una lametta, dopo un diverbio con il personale della mensa. Trasportato in ospedale e medicato, è stato subito riportato nel centro di accoglienza dove è piantonato dalla polizia.
Infine, tre giorni fa sono state arrestate 3 persone, con l’accusa di aver ucciso Singh Nardev, 38enne indiano, in un casolare abbandonato di un quartiere periferico di Bari, lo scorso 31 maggio, “per provare una pistola a salve, modificata”. Intanto, 9 operatori sanitari sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Bari per la morte del 33enne originario della Guinea Bangaly Soumaoro, deceduto in ospedale lo scorso 4 novembre, dopo essere stato lasciato per giorni senza cure nel CARA.