Dai media apprendiamo della rivolta avvenuta sabato scorso nel CPR Trapani Milo. Tutti gli articoli riportano la stessa velina diffusa da un sindacato di polizia, che racconta di una perquisizione nel CPR, contrastata dalle persone recluse, con lanci di oggetti e danneggiamenti. Sarebbe intervenuto il reparto celere di Palermo, che ha arrestato due persone.
Il CPR di Trapani era stato chiuso nello scorso gennaio grazie alle continue rivolte che avevano reso inservibile il 90% della struttura. Da circa un mese è stato riaperto per recludere anche persone appena sbarcate in Italia, sottoposte alle procedure accelerate di frontiera – le stesse recentemente applicate nei lager in Albania – che prevedono l’esame rapido delle domande d’asilo, la detenzione amministrativa e la deportazione per chi proviene da paesi, come la Tunisia e l’Egitto, considerati “sicuri”, come era avvenuto il 15 ottobre scorso per 22 persone sbarcate a Marsala.
A differenza di quanto avvenuto ultimamente in Albania, per il lager di Trapani non si hanno notizie di ispezioni di garanti, parlamentari e associazioni, né di critiche per queste detenzioni illegittime secondo le leggi europee. Nessuno sembra interessarsi alle condizioni delle persone recluse, che invece coraggiosamente continuano a lottare contro l’orrore di questi campi di concentramento.