Il 2013 è stato un anno caratterizzato da numerosissime rivolte e proteste all’interno dei CIE di tutta Italia che hanno ammaccato e inceppato la macchina delle espulsioni. Facciamo una breve cronologia: a marzo e a novembre vengono chiusi, formalmente dal Ministero degli Interni, i Centri di Bologna e di Modena, ad agosto è il turno di Crotone; mentre a fine anno il fuoco appiccato dai reclusi fa chiudere i battenti ai CIE di Milano e di Gradisca di Isonzo. Senza contare le numerose camerate o aree distrutte, del tutto o in parte, nei pochi Centri, cinque, che sono tutt’ora attivi.
Politici di ogni risma, per cavalcare l’opinione pubblica, avevano rilasciato numerose dichiarazioni in cui sostenevano l’illegittimità dei CIE e denunciavano i soprusi che si perpetuavano al loro interno. Era tutto un coro che chiedeva la chiusura definitiva dei centri.
Come avevamo già avuto modo di analizzare a una crisi di un dispositivo repressivo segue una ristrutturazione, e così è stato.
I Centri non chiuderanno, riapriranno e saranno ancora peggio di prima, con tutta probabilità. Da una parte abbiamo le notizie che ci arrivano da quelli ancora aperti, ossia che, dopo un periodo in cui sembrava non ci fossero fondi o la volontà di ristrutturare le parti distrutte dagli incendi, ora si comincia a lavorare sodo. A Torino, ad esempio, dopo mesi passati con solo due/tre aree su sei a disposizione, si stanno svolgendo i lavori per ristabilire la funzionalità completa del Centro. Dall’altra parte i CIE che erano stati chiusi sono già stati quasi del tutto tirati a lucido. Bologna già mesi fa, Milano e Gradisca più di recente. Con delle inquietanti novità.
A Milano, il Centro sarà gestito da una società francese, la Gepsa, coadiuvata dalla cooperativa agrigentina Acuarinto. Mentre la cooperativa nostrana si occuperà della gestione dei reclusi, la Gepsa, forte della sua esperienza nei territori transalpini (la società gestisce infatti alcune sezioni di carceri francesi), avrà il compito di garantire la sicurezza all’interno del centro. Cosa significherà questo in termini pratici, se formeranno una squadretta di para-secondini, lo vedremo nei prossimi mesi, e lo vedranno soprattutto gli “ospiti” di queste struttura, al momento chiusa e vuota, ma con i lavori ultimati e, presumibilmente, in fase di riapertura.
Di pochi giorni fa la notizia, data da un quotidiano locale, che a Gradisca di Isonzo sono cominciati i lavori di ristrutturazione. Nonostante le parole spese da Alfano mesi addietro, il Centro potrebbe aprire i battenti già con l’entrata dell’anno nuovo.Connecting People, che gestiva il CIE prima della sua chiusura e gestisce tuttora quello di Bari, potrebbe riottenere il controllo della struttura, e i proventi che ne derivano. Anche se alcune voci danno come probabile l’arrivo di Gepsa anche nell’isontino.
Ora che anche il Ministro dell’Interno dichiara che la chiusura dei Centri è impensabile, si pensa già come cambiarne la gestione per evitare rivolte e fughe, seguendo le indicazioni emerse in un documento programmatico di qualche tempo fa, magari facendo sì che ci sia un unico ente appaltatore per Centri del Belpaese. Chissà chi tra la Croce rossa, che gestisce i CIE di Torino e Trapani e gestiva quello di Milano, la cooperativa Auxilium, che gestisce quelli di Roma e Caltanissetta, e il consorzioConnecting People avrà la possibilità di usufruire di questo affare milionario.
Articolo ripreso da Macerie