A gennaio 2014 dopo diverse rivolte – come dimenticare l’incendio dei Cie del 5 dicembre 2013, l’allagamento e gli scontri scoppiati il 24 dicembre 2013 a causa del cibo immangiabile – un giudice della I Sezione civile del Tribunale di Bari ha messo nero su bianco che i Cie sono peggio delle carceri e che i migranti detenuti (non ospiti come si ostinano a scrivere taluni giornalisti) hanno meno garanzie dei carcerati.
Con un’ordinanza ha imposto alla presidenza del Consiglio dei Ministri, al ministero dell’Interno e alla prefettura di Bari di eseguire, entro il termine perentorio di 90 giorni, i lavori necessari e indifferibili per garantire condizioni minime di rispetto dei diritti umani nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Bari Palese. “Non è azzardato concludere che, se lo stato degli stranieri trattenuti nei Cie in vista della loro espulsione fosse stato assoggettato alla disciplina dell’ordinamento penitenziario vigente, la loro condizione sarebbe stata migliore o comunque più ‘garantita’, quanto meno sul piano formale”.
Non crediamo che dei lavori di ristrutturazione possano cambiare la realtà di questi lager etnici; i lavori di manutenzione sono funzionali al sistema: servono per generare nuovi appalti e rimettere in sesto o fortificare mura, reti e sbarre.
A Bari (come negli altri centri rimasti aperti) le rivolte e le proteste dei/delle migranti – che sono la vera ragione della chiusura dei Cie in Italia – non si sono arrestate per tutto il 2014: marzo, aprile, ancora aprile, settembre e ottobre.
Ieri una delegazione di “Lasciatecientrare” è andata di nuovo in visita nel Cie di Bari ma a differenza di altre volte non è stato loro consentito di filmare o fotografare l’interno del Cie.
Come raccontano gli oltre 70 reclusi, la prigionia resta una brutalità (nei 3 moduli su 7 rimasti attivi) che non può essere mostrata pubblicamente, senza considerare la qualità del cibo che mangiano, le difficoltà di incontrare gli avvocati, la presenza di sbarre in tutti i locali.
Il fatto che la delegazione abbia constatato la violazione dell’ordinanza del giudice riguardo la manutenzione è una conferma di quanto la gestione di questi lager sia tutto un business. Ma questi affari sono costantemente minacciati dalle rivolte che ne hanno ridotto le capacità, portandola ad un massimo di 500 posti nei 5 Cie rimasti aperti.
I Cie non sono riformabili, i Cie non sono ristrutturabili, dei Cie solo macerie!