Traduzione di un testo pubblicato da No Borders Morocco
Melilla è una città spagnola che sorge in territorio marocchino. Storicamentela città , sorta come un insediamento militare, nella seconda metà del XX secolo è cresciuta fino a diventare il porto commerciale che conosciamo oggi. Malgrado questa evoluzione, Melilla mantiene ancora un forte legame con il passato coloniale e per di più con la storia fascista della Spagna, in quanto la maggior parte dei generali che presero parte del colpo di stato del 1936 passarono la maggior parte della loro vita militare nelle colonie spagnole del Marocco. La prova di ciò è l’elevato numero di monumenti e vie dedicate al regime di Franco, che si possono ancora trovare oggi a Melilla.
Il suo confine, l’unica frontiera terrestre esistente (a parte Ceuta) tra l’Africa e l’Europa, viene spesso considerato un facile punto di ingresso in Europa. A causa di ciò, la città vive dalla fine degli anni novanta una forte pressione migratoria.
Questo è il motivo per cui il governo spagnolo ha costruito nel 1998 la famosa recinzione, che è stata poi ampliata nel 2005 e nel 2007, trasformando Melilla in una prigione a cielo aperto per i migranti “senza documenti”.
Per mantenere i migranti sotto controllo, nel 1999 il governo ha costruito il CETI (Centro de Estancia Temporal para Inmigrantes), un centro con una capacità di 480 persone. Tutti gli immigrati “senza documenti” a Melilla devono essere ospitati lì. La sua popolazione attuale è attualmente di circa 1300 persone, a causa dei frequenti salti della recinzione avvenuti negli ultimi mesi, così come altri valichi di frontiera irregolari (ad esempio passaporti falsi, nascosti in auto – vedi sotto). A parte il cibo e un posto dove dormire, entrare nel CETI significa anche entrare nell’iter burocratico di registrazione, conosciuto ufficialmente come “la orden de espulsione del territorio nacional”, il decreto di espulsione dal territorio nazionale. Il governo organizza traghetti ogni settimana, noti come la «salida» tra i migranti. Queste barche trasportano un numero di circa 80 migranti dal CETI alla terraferma spagnola, Malaga e l’Almeria. Al loro arrivo, i migranti hanno il permesso di soggiornare legalmente per 2 o 3 mesi sul territorio spagnolo, e una ONG li ospita per quel periodo. Dopodichè rimangono spesso “illegalmente” sul territorio spagnolo e possono diventare facilmente vittime dei raid della polizia, finendo nei centri di detenzione, per essere deportati successivamente.
A Melilla c’è una comunità di migranti molto varia e le loro situazioni sono molto diverse. Di seguito alcune informazioni che si riferiscono al loro status giuridico, nonché ai modi più comuni di attraversare il confine:
Africani sub-sahariani : un piccolo numero di essi arriva in barca o con altri mezzi, ma la maggioranza entra in città saltando la recinzione. Sono i meno fortunati tra i migranti. Molti di loro non hanno altra scelta – ossia i soldi per pagare la traversata in barca o nascosti in una macchina – che aspettare al campo in Gourougou Mountain, sopportando il freddo e le incursioni della polizia marocchina, in attesa del loro momento per provare a superare le recinzioni. Sono anche la comunità più famosa dei migranti a causa del loro “spettacolare” modo di entrare in Europa, ma in realtà solo il 20% dei migranti entra così a Melilla.
Le comunità sub-sahariane in Melilla sono costituite da persone provenienti da Camerun e Mali, oltre che dalla Guinea Conakry, Costa d’Avorio, Nigeria, Gambia e Senegal.
Siriani : sono attualmente la maggioranza dei reclusi nel CETI. Sscappano dalla guerra e dal caos che l’Europa e l’Unione europea hanno contribuito a creare in Medio Oriente negli ultimi anni. Una grande percentuale appartiene alla classe media siriana che ha abbastanza soldi per fuggire dalla guerra, acquistare un biglietto aereo per il Marocco o in Algeria e poi attraversare a Melilla. Molti di loro sono curdi, provenienti dalla regione di Rojava e dalla città di Kobane, una zona di guerra reale. Il loro modo principale di entrare Melilla è quello di compare un passaporto marocchino per circa 2000 €, (i cittadini marocchini possono visitare Melilla ed entrare attraverso regolari punti di controllo di frontiera). Altri pagano importi simili per entrare attraverso altre vie.
Algerini: sono ridotti in numero e molti di loro non hanno il diritto di entrare nel CETI, perché non senza passaporto. In questi casi, e a causa del sospetto di essere marocchini che cercano di intrufolarsi spacciandosi di nazionalità algerina, lo stato nega l’ingresso di un gran numero di loro nel CETI. A nessun’altra comunità viene chiesto di mostrare il passaporto per poter essere ammessi nel centro. Molti di loro dormono in “chabulas” – baraccopoli – vicino al CETI in attesa di essere ammessi all’interno. I migranti che non sono registrati nel CETI non sono inclusi nelle “salidas” in Spagna continentale. Gli algerini che raggiungono la Spagna continentale sono, normalmente, immediatamente portati in un CIE (Centro de Intenamiento de Extranjeros, un centro di detenzione per stranieri) e deportati non appena viene dimostrata la loro nazionalità. Questo è uno dei motivi per cui molti algerini non portano documenti originali con loro.
Marocchini : quanto appartenenti ad un paese che confina fisicame con la Spagna, non hanno il diritto di essere ospitatai nel CETI, e se vengono intercettati dalla polizia, vengono immediatamente deportati. I cittadini marocchini dalle città vicine di Beni Enzar e Nador hanno un visto speciale che permette loro di entrare Melilla liberamente durante il giorno, ma non hanno il permesso di passarci la notte.
Minori: C’è anche un numero abbastanza grande di minori non accompagnati che vivono a Melilla. La maggior parte viene dal Marocco: attraversano il confine dai posti di controllo di frontiera ufficiali scappando dalle autorità o nuotando per entrare a Melilla. Di notte, al porto, cercano di intrufolarsi su navi container in partenza verso Malaga e Almeria nascondendosi dentro o tra i contenitori o salendo sulle navi passando dal mare. Molti di loro sono ospitati ufficialmente ospitati nel centro per minori “La Purisima”, ma spesso preferiscono vivere per strada o in chabulas a causa delle dure punizioni e dei maltrattamenti che subiscono da alcuni degli educatori.