Articolo ripreso da Macerie
Sotto un sole primaverile si è svolto ieri il presidio mensile in solidarietà con i reclusi del Cie torinese: un centinaio di persone per oltre due ore hanno occupato il prato fuori dalle mura del Centro e con urla, interventi e musica hanno tenuto compagnia a chi è rinchiuso.
La polizia, che ultimamente si era fatta più pressante, stavolta deve arretrare e tornare lungo il perimetro della struttura lasciando ai solidali tutto il prato per muoversi. Ma se stavolta i rapporti di forza sono a loro sfavorevoli, l’atteggiamento non sembra essere cambiato e se il presidio si svolge deciso e senza problemi, qualche solidale quando tutto è stato ormai smobilitato incappa in un controllo non previsto. In due si erano infatti attardati in zona, in attesa di cenare e sostavano ancora su una panchina sotto le mura del Cie, chiacchierando tranquillamente, quando da dentro hanno sentito delle urla alle quali hanno risposto intonando “Libertà!”. La reazione della solita pattuglia fissa, che aveva già preso il posto delle numerose camionette mobilitate per il presidio, è piuttosto agitata e i due pensan bene di togliersi dalla vista e andar quindi a consumar la cena in un ristorante cinese lì vicino. E già stavano per ordinare quando la polizia si presenta al tavolo chiedendo di fornire i documenti. I due sono stati poi portati all’interno del Cie per essere perquisiti e sono stati rilasciati solo qualche ora dopo.
Intanto a poche ore dalla fine del presidio i ragazzi reclusi fanno sapere che tre di loro sono stati portati via, arrestati per gli incendi di fine marzo che hanno distrutto tre camere dell’area blu. Di loro si sa ancora poco e si sta cercando in queste ore di capire se son stati trasferiti alle Vallette, di cosa sono accusati e quale sarà il loro destino. Questi arresti, che arrivano a due settimane dalla protesta, pare siano stati permessi dal sistema di videosorveglianza che ha ripreso le fasi della rivolta, forse immortalando i volti di chi vi ha partecipato.
Il clima di intimidazione all’interno del Cie ha raggiunto nelle ultime settimane livelli molto alti. Mentre ai reclusi dell’isolamento è ancora vietato uscire al campetto, a tutti è stato vivamente consigliato di non sentire persone all’esterno. Probabilmente a causa di queste pressioni durante il presidio non si sono sentite le voci dei ragazzi e nessuno ha telefonato.
Dentro come fuori dunque questura e procura continuano sulla linea dura reprimendo chi si rivolta e pure chi con quelle rivolte è solidale e disposto a dimostrarlo.
Ma il presidio di ieri ci dà almeno un’indicazione: in tanti e determinati lo spazio intorno al Cie può essere difeso. Bisogna allora tener alta l’attenzione, non adagiarsi sui risultati ottenuti ma invece rilanciare forte la solidarietà, trovando nuovi modi per raccontare delle proteste dei reclusi e per portare calore e forza a chi non smette di ribellarsi.
Infine vi segnaliamo un appuntamento: giovedì 14 aprile alle ore 21 presso la sede di Radio BlackOut in via Cecchi 21/a si terrà un incontro per parlare del corteo di maggio sul confine del Brennero, per discutere di frontiere e delle lotte che lì intorno si sviluppano.
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