Riceviamo e diffondiamo.
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SAI CHE C’È UN LAGER NELLA TUA CITTÀ?
Nel dicembre dello scorso anno, una grande rivolta nel C.I.E. di Ponte Galeria ha distrutto la sezione maschile. Grazie agli incendi e alla resistenza dei reclusi, la sezione ha subìto così tanti danni da essere svuotata e ancora mai riaperta. Rimane però attiva la sezione femminile, l’unica nei C.I.E. d’Italia, in cui attualmente sono detenute circa 40 donne; inoltre questo C.I.E. mantiene la sua funzione di passaggio degli uomini provenienti da altri centri di detenzione in vista di una successiva espulsione di massa.
Anche in altre città, da Torino a Caltanissetta, le diverse rivolte delle persone detenute hanno portato alla chiusura e al danneggiamento di molte sezioni. In questo modo si sono ristrette di molto le possibilità di finire in queste gabbie se trovati senza documenti durante le retate e i controlli nelle città, che si stanno intensificando a causa delle recenti leggi contro il terrorismo. Nello specifico a Roma ciò si traduce in una massiccia presenza di militari e forze dell’ordine in ogni quartiere, sempre più legittimati e liberi di perquisire persone, case private e occupazioni di chiunque sia anche solo sospettato di avere legami con soggetti o reti terroristiche. È questa la scusa di questi tempi molto in voga per fomentare l’odio, la paura e l’isolamento nei confronti degli immigrati, delle immigrate e di chi oggi arriva alle frontiere.
Isolamento che ha sempre caratterizzato tutte le strutture detentive: in particolare nei C.I.E., e anche a Ponte Galeria, è palese il progetto di dividere le persone detenute e limitare al massimo ogni contatto con l’esterno. Infatti, è previsto un piano di ristrutturazione del centro e della sua gestione che mira a trasformare questo luogo in una vera e propria prigione, con un controllo sempre più serrato da parte di guardie e operatori. Nello specifico l’eliminazione di luoghi in comune (mense e cortili) e celle più piccole e non comunicanti con le altre sezioni, in modo da evitare il contatto e la comunicazione tra i detenuti e limitare così la possibilità di rivolte. Allo stesso modo, in questo momento si sta rendendo sempre più complicata la comunicazione con i/le solidali all’esterno. Durante i presidi, le detenute vengono chiuse nelle celle fin dalla mattina per evitare che possano ascoltare le voci di solidarietà fuori le mura, dove invece sono sempre presenti, e sempre in maggior numero, polizia e digos muniti di camionette e idrante.
Sappiamo che questo dispositivo di controllo non è prerogativa del C.I.E. romano, ma è utilizzato ugualmente in altre città e vuole intimidire anche altre lotte. Crediamo che questi tentativi di spaventare e allontanare le persone solidali dai percorsi di lotta contro i C.I.E. e le frontiere siano funzionali alla ristrutturazione stessa dei centri e al proseguimento indisturbato di business e affari di ditte e enti gestori.
Non vogliamo che la repressione detti tempi e spazi del nostro agire e per questo sabato 30 aprile, come ogni mese, torneremo davanti quelle mura. Ci vediamo alle 16 in stazione Ostiense per andarci insieme.
Le frontiere sono ovunque
Solidali con chi lotta contro i confini. Sosteniamo chi è rinchiusa a Ponte Galeria!
Nemici e nemiche delle frontiere