Dopo quasi due mesi di funzionamento, un breve aggiornamento sull’hotspot di Taranto.
L’iniziale gara di appalto per l’affidamento del centro è stata contestata da alcuni partecipanti, per cui attualmente l’hotspot è commissariato ed è gestito dal Comune di Taranto su incarico diretto della Prefettura. Responsabili sul campo sono la Polizia Municipale e la Protezione Civile, con l’ausilio della Croce Rossa e di associazioni e cooperative individuate direttamente dal Sindaco.
Direttore dell’hotspot è Michele Matichecchia, comandante della Polizia Municipale. Mentre fra le associazioni, la più attiva sembra essere la cattolica Noi e Voi (Associazione di Volontariato Penitenziario Noi e Voi, già impegnata in progetti di “reinserimento” per i detenuti del carcere cittadino).
La capienza prevista è di 400 posti, ma dalle cronache si nota che il numero di persone presenti è sempre superiore a tale cifra.
Com’era prevedibile, sin da subito sono state disattese le direttive ministeriali in base alle quali gli immigrati vi dovrebbero essere trattenuti per un massimo di 72 ore e poi, espletate le schedature, trasferiti in altre strutture (CIE o centri di seconda accoglienza).
Se nella fase di avvio della gestione del centro è stato messo in pratica il trattenimento di tutti gli stranieri per due e più settimane, dopo la fuga del 13 aprile – quando circa ottanta immigrati scavalcarono le recinzioni disperdendosi per la città – ora c’è in campo una differenziazione di trattamento.
Chi accetta di essere identificato (foto-segnalamento e impronte digitali) ottiene un tesserino e di giorno può uscire dal centro in attesa di essere trasferito, generalmente all’hub di Bari.
Chi rifiuta di farsi identificare – e si è saputo di un gruppo di immigrati in questa situazione – è trattenuto nell’hotspot per almeno due settimane, senza poter disporre del telefono e altri effetti personali. Poi se ribadisce il proprio rifiuto (ci saranno dei tentativi di convincimento?) viene cacciato dalla struttura con il foglio di via dall’Italia; probabilmente evita il CIE perché dopo le ultime rivolte e danneggiamenti la possibilità di reclusione in quei centri si è notevolmente ridotta.
Un ruolo fra gli ingranaggi di questa nuova macchina di reclusione se l’è ritagliato anche l’AMAT, l’azienda municipalizzata dei trasporti pubblici di Taranto, che ha messo a disposizione mezzi e autisti per il trasporto dall’hotspot alla questura, dove vengono emessi i fogli di respingimento differito, ma pure per la caccia all’uomo scatenata dalle forze dell’ordine per catturare e riportare nell’hotspot gli ottanta fuggitivi del 13 aprile.
A costo di essere ripetitivi, continuiamo ad affermare che quanti partecipano alla gestione e al funzionamento delle galere per stranieri – dalle associazioni cattoliche alle cooperative ed alle amministrazioni di destra e di sinistra – hanno compiti esclusivamente di tipo carcerario. L’umanitarismo che spesso professano serve solo a mascherare interessi, di tipo economico o politico, di un settore in costante crescita: la gestione e il controllo delle eccedenze umane in condizione di emergenza.
Un buon proposito resta quello di non rendere facile, a questi figuri, di continuare nel loro lavoro di secondini. sottosopra[at]autistici.org