Dalla Puglia riceviamo e pubblichiamo un approfondimento riguardo la detenzione amministrativa. Questo materiale è stato ultimato prima della rivolta dell’8 agosto nel CIE di Brindisi – Restinco.
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Ciò che queste pagine propongono è di illustrare la struttura attuale della macchina della detenzione amministrativa in Puglia. Una regione da sempre marginale nelle geografie del capitalismo, a causa della sua scarsa industrializzazione, che ora prova a riesumare la sua posizione storica di “Porta d’Oriente” nel Mediterraneo, non riuscendo a guadagnarsi altro che un ruolo di periferia funzionale al grande mercato globale. In quest’ambito la Puglia oggi gioca la sua parte, anche, con la capillare diffusione della rete di quella che, con l’ormai consueto capovolgimento di senso delle parole, è chiamata “accoglienza”.
Una premessa è d’obbligo. Non si può comprendere appieno il funzionamento della grande macchina della detenzione amministrativa se non si considera la sua funzione sociale e politica e se si trascura di guardare alle intenzioni degli “ingegneri” che l’hanno progettata, prima ancora dei “conducenti” che ne permettono il funzionamento.
Il sistema della detenzione amministrativa in cui incappano tutti coloro che non possiedono un documento di cittadinanza è una complessa struttura per il contenimento e la regolazione degli spostamenti umani sul territorio europeo. Tale struttura è il risultato materiale di un’espansione mostruosa della logica capitalista che interpreta tutto l’esistente sotto la luce, fosca, delle dinamiche di mercato e attribuisce ai flussi umani gli stessi parametri di gestione e gli indici di valore che usa per le merci.
In questa sovrapposizione degradante troviamo la chiave di lettura che ci spiega il senso e la funzione del sistema della detenzione amministrativa. In una parola: logistica.
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