A Calais le autorità inglesi e francesi preparano la privatizzazione di gran parte della sicurezza dei confini del nord francese e lo sgombero forzato e totale del campo dove vivono circa 10.000 persone. Sabato 1° ottobre una manifestazione di solidarietà con i/le migranti era stata convocata a Calais: sarebbe dovuta partire dalla jungle e raggiungere il centro città. Due giorni prima dell’evento, il corteo era stato vietato da parte del Prefetto della regione Pas-de-Calais, Fabienne Buccio, che aveva annunciato “il divieto di qualsiasi manifestazione di protesta in relazione alla questione dei migranti a Calais, Sangatte, Coquelles, Marck e Fréthun -in-Calais, per tutto il giorno 1° ottobre 2016”.
Gli organizzatori (la CISPM, coalizione internazionale di senza-documenti e migranti), tuttavia, hanno deciso di continuare la protesta. 4 autobus con circa 200 persone provenienti da Parigi sono stati bloccati per ore nel parcheggio autostradale a Setques, vicino a St. Omer, una trentina di chilometri da Calais. Centinaia di migranti e solidali si sono presentati all’ingresso della jungle ma il corteo spontaneo è stato bloccato, all’altezza del ponte della tangenziale che conduce al porto, da un ingente schieramento di polizia antisommossa. 200 poliziotti hanno sparato circa 700 lacrimogeni ed usato flashball, proiettili di gomma e un cannone ad acqua contro i dimostranti, che hanno resistito per 3 ore alla violenza statale. Un compagno è stato arrestato con l’accusa di tentativo di nascondere la propria identità e per la partecipazione a una manifestazione non autorizzata ; il processo si terrà il 7 novembre, a Boulogne sur Mer.
(Notizie tratte da Calais Migrants Solidarity , Passeurs d’hospitalités e Taranis News )
Qui un video sulla giornata del 1 ottobre
Calais: lo sgombero totale della jungle potrebbe iniziare il 17 ottobre
Traduzione da Rabble
Lo stato francese sta diffondendo la notizia sull’inizio dello sgombero dell’intera Jungle di Calais, vale a dire le case di 10.000 persone, per “la fine di ottobre”. Le ultime voci parlano della data del 17 ottobre e della presentazione di una nuova arma: cannoni laser accecanti sviluppati per essere usati contro i pirati somali, ora utilizzati per la prima volta contro africani e altri migranti sul suolo europeo.**
Si dice inoltre che lo sgombero durerà solo “tre giorni”, e che verrà smantellata non solo la jungle autocostruita, ma anche il centro diurno Jules Ferry e forse il campo di container costruito dallo stato. Compagn* della ZAD (la zona occupata per resistere al progetto dell’aeroporto a Notre Dame des Landes) credono inoltre che lo sgombero della loro zona sarà ritardato proprio per permettere allo stato di dedicare tutte le sue forze a Calais.
Le associazioni di beneficenza, in una dichiarazione tipica, hanno detto che supporteranno la distruzione di massa, ma chiederanno le garanzie umanitarie di offrire alle persone sfollate un alloggio da qualche parte in Francia, e che possa rimanere in piedi almeno il centro diurno Jules Ferry che porta il pane a casa.
La polizia antisommossa francese sta smantellando i campi a Calais, che siano ufficiali o informali, almeno dalla chiusura del centro Sangatte gestito dalla Croce Rossa nel 2002. Quel campo, come la jungle Pashtun ripulita nel settembre del 2009, ospitava da qualche parte meno di 2000 persone. Lo sgombero dell’attuale jungle di 10000 persone è un’operazione totalmente di altre proporzioni. Nonostante i cannoni ad acqua, è difficile capire come potranno gestirlo in 3 giorni.
A meno che prima non riescano a ottenere dalle associazioni di convincere tutt* a lasciare il campo “volontariamente”. O a meno che essi si preparino a usare la violenza a un nuovo livello, cioè sparare per mutilare e uccidere.
Lo sgombero della metà meridionale della jungle, all’inizio di quest’anno, ha necessitato qualche diverse settimane. In quel periodo, lo stato e i suoi aiutanti benefattori hanno usato un semplice stratagemma: hanno detto alle persone che sarebbero state al sicuro se si fossero trasferite nel campo di container, o appena un centinaio di metri verso la zona nord. Qualche centinaio di persone ha rifiutato, alcuni hanno occupato i tetti, lottando con qualsiasi cosa avessero tra le mani, o iniziando lo sciopero della fame. Ma la maggior parte delle persone ha trascinato via rassegnatamente tutte le proprie cose.
Questa volta sembra non ci sarà una simile opzione. Lo stato dice che vuole offrire dei posti per tutt* nei centri accoglienza sparsi in Francia. Ma attualmente non ha da nessuna parte 10,000 posti disponibili, e nessuno sa come pensa di crearne in un paio di settimane. Anche supponendo lo faccia, molte persone probabilmente rifiuteranno di salire su un pulman verso una destinazione sconosciuta in un probabile campo a centinaia di miglia lontano, o magari in un centro di detenzione aspettando un volo di deportazione. (La settimana scorsa è trapelato un rapporto che rivela che l’UE sta preparando una nuova deportazione di massa in accordo con l’Afganistan, minacciando il taglio degli aiuti se il governo afgano non accettasse il ritorno di 80000 persone).
Tanti dubbi, molte domande. Ma una cosa è certa: ancora una volta, il grande attacco sta arrivando.
L’ultimo colpo sulla quotidiana miseria, squallore, malattia e alla continua violenza della polizia nella giungla.Ripubblichiamo qui sotto una dichiarazione dalla resistenza alla ZAD, che chiama alla solidarietà attiva adesso con la jungle di Calais. Sotto l’ombra del massiccio attacco statale, c’è un barlume di luce qui.Il fatto che lo stato francese sia incapace di attaccare entrambi i campi contemporaneamente ci ricorda che questa forza, quantunque grande, non è totale. È probabile che CRS e Gendarmes Mobiles verranno da tutta la Francia per attaccare Calais. Questo è il momento per gli atti di solidarietà e ribellione da diffondere in tutto il paese.
L’appello della ZAD fa luce anche sulla compagnia Vinci. Questa è sia protagonista del progetto dell’aeroporto, sia la più grande azienda che collabora allo sgombero di Calais: i lavoratori della sua sussidiaria Sogea erano quelli che hanno buttato giù le case della jungle a sud mentre gendarmi e CRS spazzavano via le persone. Sono solo due esempi. Vinci è l’azienda privata partner della Francia che, quando serve un strada o un aeroporto, manda i suoi bulldozer a smantellare le case di qualcuno o qualche residuo di foresta. Vinci è inoltre attiva a livello internazionale, UK incluso, dove opera sotto il nome di Taylor Woodrow, ed è una delle più grandi firme costruttrici conosciuta per le sue blacklist di lavoratori fastidiosi.
(** Questa storia è stata riportata nell’ultima edizioni di Le Canard Enchaîné, l’equivalente francese del “Private Eye” del Regno Unito, dove spesso sono pubblicati degli “scoop”).
Né qui né a Calais – Non restiamo in silenzio
La notizia trapelata da alcuni media è che la priorità del governo non sarà sgomberare la ZAD a ottobre, ma di “evacuare la jungle di Calais”. Le forze di polizia non sono in grado di sostenere entrambe le operazioni nello stesso momento. Il movimento contro l’aeroporto e il mondo si schiera per non rimanere in silenzio di fronte al gioco cinico di rimandere uno sgombero per portarne avanti un altro.
Stiamo facendo un appello per la solidarietà e per l’organizzazone di azioni ora e nelle prossime settimane contro lo stato francese, Vinci, e tutti quelli che prenderanno parte allo sgombero della jungle di Calais e della Zad di Notre Dame des Landes (NDDL). Queste due lotte sono battaglie concrete contro le politiche razziste e imperialiste europee, e la guerra dichiarata agli indesiderabili.
Lo scorso marzo, le persone che hanno partecipato allo sciopero della fame nel 2012 contro l’aeroporto di NDDL sono andate a Calais per incontrare i 9 migranti pronti a morire per fermare lo sgombero della parte sud della jungle. Queste persone erano in sciopero della fame per protestare contro l’ordine di sgombero di più di 3000 persone dalle loro case, rifugi, cabine di legno, o tetti fatti di telone che avevano. Questa distruzione è stata eseguita da SOGEA, una compagnia appartenente a VINCI.
Per i contadini di Notre Dame des Landes, la distruzione di ciò che permette loro di vivere equivale a mettere in discussione il loro stile di vita. Nella jungle le case, i ristoranti, i fruttivendoli costruiti sono passi per rendere una vita possibile a tutti i costi, mentre si aspetta “di essere in grado di iniziare a vivere davvero”. Se diamo solidarietà alle persone che vivono lì, è in parte perché le loro esistenze e prospettive sono minacciate da una società del controllo e da uno stato di polizia. Ma anche perché, come nella ZAD, la jungle ha reso possibile avere uno spazio per l’organizzazone, l’autonomia, gli incontri e la solidarietà. E come a NDDL, lo stato ha poco riguardo per gli individui determinati a mettere loro vite in gioco.
Oggi, a ottobre 2016, lo stato annuncia lo sgombero di quello che rimane della jungle, 10000 persone sono minacciate. Il governo vorrebbe farci credere che lo sgombero sia un’operazione umanitaria, come quando ha ditrutto la parte sud dello slum lo scorso marzo. L’ipocrisia di questa affermazione è inaccettable tenendo conto della violenza di una distruzione pianificata delle abitazioni della gente, e del desiderio di controllare chi transita a Calais.
La jungle è parte di una costruzione repressiva creata per tenere a bada, ispezionare, controllare e deportare la popolazione migrante, ricordando tempi bui nella storia dell’occidente. Invisibile e dimenticato. Ognuno nel posto “a cui appartiene”. La puzza di razzismo è disgustosa. L’ascesa delle ideologie razziste e nazionaliste dappertutto in Europa non è diversa da quello che vediamo a Calais, e la nostra solidarietà deve includere una lotta contro l’ascesa di una società fascista. Lo stato è capace di continuare una repressione sistematica di migranti a Calais e ovunque perché noi implicitamente lo supportiamo, grazie al nostro silenzio.
Quello che succede a Calais non è un fenomeno isolato o un’eccezione. La stessa logica si diffonde in Francia e in Europa, fatta di repressione e di gestione della popolazione, di guerra contro gli indesiderabili, quelli che sfidano lo stato con il loro modo di vivere. Pensiamo che la gestione del territorio e delle sue infrastruture abbia la stessa natura del controllo delle popolazioni. L’organizzazone della repressione, e il processo di sgomberi e di isolamento degli indesiderabili non sconfiggerà la nostra volontà di scegliere, di fare tentativi, di costruire le nostre vite.
Da Notre-Dame-des-Landes riaffermiamo la nostra determinazione di lottare insieme contro questi nemici comuni.