Sabato un corteo di circa 3000 persone ha attraversato il centro di Roma, fino ad arrivare al ministero dell’Interno. Il corteo “No confini, no sfruttamento” è stato un fiume d’interventi e slogan gridati in diverse lingue. Ogni singolo contenuto veniva infatti tradotto per essere compreso da tutte le persone partecipanti.
Un corteo determinato da persone migranti che lottano nelle campagne, nella logistica, nella lotta per la casa e in alcuni quartieri di Roma, a cui si sono unit* compagn* curdi e solidali presenti dalla mattina in piazza, con un presidio parte di una mobilitazione, anche quella, a carattere nazionale; un corteo dove la componente “militante” dei cosiddetti movimenti e centri sociali è stata pressocché nulla, nonostante le adesioni che comparivano sul web. La cantilena “refugees welcome” e l’operazione politica dell’accoglienza dal basso ha probabilmente schivato il corteo, poiché di “vittime” non c’era neanche l’ombra.
Il corteo è partito alle 15:30 circa, poiché 5 bus provenienti dal sud sono stati bloccati all’ingresso di Roma dalle forze dell’ordine per perquisire tutte le persone a bordo. Era chiaro che l’intimidazione in qualche modo sarebbe arrivata, dato il clima di divieti che ha accompagnato la costruzione del corteo.
Dall’assemblea svoltasi a Roma per organizzare il corteo, risultava chiara l’intenzione di raggiungere la città sede del potere politico del paese e voler manifestare anche nel caso di divieti, per rompere l’invisibilità delle centinaia di lotte quotidiane che, a suon di cortei spontanei diretti alle prefetture, proteste e rivolte nei centri di accoglienza, blocchi di stazioni, strade e fabbriche, hanno creato un rapporto di forza contro chi governa alcuni territori. Nell’assemblea, una delle poche a Roma dove gli interventi venivano tradotti per permettere a tutt* di comprendere il filo del discorso, il tatticismo è stato spazzato via dalla volontà, ribadita più volte, di lottare nonostante rischi e divieti, e dalla consapevolezza che si tratta di una lotta di lunga durata che riguarda la libertà di tutt* e non la risoluzione dei problemi di poch*.
Mentre il corteo iniziava ad avvicinarsi a piazza Vittorio, una delegazione ha incontrato Morcone del PD, lo stesso che ha dichiarato “cretinaggini” le continue violenze nei confronti delle persone che resistono alle identificazioni forzate.
Morcone, passando da semplice funzionario che subisce le decisioni di Alfano, ha raccolto un documento con una serie di richieste provenienti dai lavoratori e dalle lavoratrici delle campagne, promettendo un incontro con altri ministeri e associazioni dei produttori agricoli e l’istituzione di una mail per raccogliere segnalazioni sugli abusi nelle questure e sulla situazione nei centri di accoglienza, così come sottolineato dalle numerose lotte nei centri e le recenti proteste nel CARA in provincia di Foggia.
Come compagni e compagne che curano le pubblicazioni di questo blog, abbiamo dato spazio e diffusione alla convocazione del corteo e, nonostante avessimo posto alcuni dubbi sul tempo molto ridotto per far crescere la mobilitazione a carattere nazionale, crediamo che la partecipazione alla giornata sia stata oltre le nostre aspettative. Crediamo infatti che, data la scarsa possibilità di oscurare i contenuti del corteo con le parole d’ordine di altre mobilitazioni pre referendarie o cittadiniste, dovuta alla stessa categoria giuridica di “non-cittadin*” di coloro che hanno promosso il corteo, la partecipazione è scaturita dai contenuti, tra richieste (residenze, case, trasporto, copertura sanitaria, contratti e permessi di soggiorno) e rifiuti (macchina delle espulsioni, il controllo delle vite nel sistema dell’accoglienza, gli sgomberi, le detenzioni e le identificazioni).
Probabilmente le ragioni del corteo non sono state di facile comprensione per chi non segue le proteste nelle campagne del foggiano e nei centri di accoglienza, nelle tendopoli e nei centri di identificazione che fanno da vaso comunicante o da dispositivo punitivo per il sistema di sfruttamento.
I tempi, i modi e i contenuti del corteo sono infatti dipesi dalla necessità e dall’urgenza, per chi lotta in quei territori, di dare visibilità alle proteste e farsi sentire da chi governa. La proposta ambiziosa di unire le lotte è stata forse limitata dal poco tempo a disposizione ma il corteo ha sicuramente aperto un spazio di relazioni, comunicazione e attivazione per il futuro.
Il nostro saluto va a chi abbiamo conosciuto in piazza e a chi ha messo energie generose e nell’ombra per sostenere questa protesta.