Nel giorno in cui Mubarak, i suoi figli e tutto il suo entourage vengono scagionati dall’accusa di aver ucciso più di 800 persone durante la rivoluzione del 2011, la cancelliera Merkel è al Cairo per rafforzare i rapporti tra Germania e la dittatura – si legge sulla stampa- “in materia di immigrazione illegale e lotta al terrorismo”. Sorvolando sul mega accordo per costruzione di 3 centrali elettriche da parte dell’azienda tedesca Siemens, la cancelliera ha offerto al regime 250 milioni di dollari in “supporto al coraggioso piano di riforme”. L’Egitto! … un paese in cui il centro Nadeem – appena chiuso dalle forze di polizia – ha documentato nel solo mese di febbraio 107 assassini di stato, 110 sparizioni forzate, 24 casi di torture in detenzione.
Per quanto concerne il tema “emigrazione”, sembra saltato (per ora) il piano per l’allestimento di campi di detenzione in Egitto, ma resta la collaborazione con la dittatura sotto forma di aiuto (fornitura mezzi e logistica) a lavoro di controllo e repressione dei flussi migratori. Stessa cosa per ciò che concerne la lotta al terrorismo.
A questo proposito è particolarmente interessante notare come la cancelliera non abbia nemmeno accennato alla guerra che da più di due anni si sta combattendo nel Nord Sinai tra le forze governative e le milizie affiliate allo Stato islamico. Una guerra dimenticata, con centinaia di vittime civili, che lo Stato sta perdendo e che vede l’Egitto collaborare anche con Israele non solo contro ISIS ma anche nella costruzione di una zona cuscinetto di 10 km lungo il confine con Gaza. Il che ha comportato lo spostamento forzato di intere famiglie e l’allagamento e distruzione dei tunnel sotterranei, unica fonte di sostentamento per la popolazione assediata di Gaza.
Ora il conflitto si è spostato anche nel centro del Sinai, dove l’esercito non smette di reprimere e uccidere. Giorni fa il parlamento ha esteso lo stato di emergenza e il coprifuoco nell’area di al-Arish per ulteriori tre mesi. E’ in vigore dall’ottobre del 2014.
La settimana scorsa, invece, una settantina di famiglie copte sono state sgomberate da al-Arish e trasferite a Ismailiya. Chi si è recato sul posto, racconta del terrore che le persone vivevano quotidianamente. Le milizie islamiche sistematicamente procedevano con esecuzioni nei confronti dei copti, davanti alle famiglie stesse.
La situazione è fuori controllo, lo Stato non è in grado di arginare la situazione, queste le parole di alcune persone che per terrore, non dicono i propri nomi e ora si trovano confinati al limite di Ismaliya. Sradicati dalle loro case, hanno perso tutto. Molti raccontano che se non fosse stato per la complicità e la solidarietà data dai vicini di casa musulmani, non ce l’avrebbero fatta. La rabbia è tanta, ma la loro situazione li rende ricattabili.