Una compagna scrive: “Questa è la vita che ci tocca da ora in poi? Carceri, notizie di arresti di amici e colleghi, condanne a morte ogni settimana, sparizioni forzate e torture?
Anche quando cerchiamo di allontanarci, anche quando cerchiamo di ignorare tutto quello che accade e ci concentriamo sulla nostra vita privata vengono da te per trascinarti di nuovo in un incubo?
È questa la nostra vita da ora in poi? Gli ultimi anni dei nostri venti anni gli abbiamo passatx da un tribunale a un commissariato, e dalle carceri, all’obitorio.
Anche l’inizio dei nostri trent’anni stanno passando dai commissariati alle prigioni, ai tribunali e i labirinti legali e le notizie che spezzano gli animi, i cuori e i sogni.
E poi? Qual è la fine di tutto questo?”
È questa l’aria che tira al Cairo dopo l’ennesima brutale ondata di repressione messa in atto dal regime. La scusa formale è stata la ratifica del parlamento (contro il parere del Consiglio di Stato che ne sanciva l’incostituzionalità) della cessione di Tiran e Sanafir – due isole nel Mar Rosso – all’Arabia Saudita. Di fronte al malcontento generale, ingrandito da una crisi economica e sociale che sta distruggendo il paese, il regime ancora una volta ha scelto di rimarcare come non ci sia spazio per la dissidenza.
In pochi giorni oltre 150 persone sono state arrestate. Alcune prese direttamente ai presidi, altre nelle strade adiacenti, altre ancora direttamente a casa all’alba. In tante sono sparite per ore prima di essere viste dai loro legali. Sono attivisti, avvocati, giornalisti, semplici persone. Le accuse sono sempre le stesse da anni a questa parte: terrorismo, incitazione al disordine, qualche post o foto su facebook, oppure semplicemente nulla. Basta poco in Egitto per finire in carcere. L’avvocato Tareq Huseyn (fratello di Mahmoud un ragazzo minorenne finito in carcere due anni per una t-shirt che indossava) per esempio nonostante l’ordine di rilascio è ancora in cella da più di 4 giorni. Niente cibo, niente acqua, stessi vestiti da due giorni. Altri, “più fortunati”, sono stati rilasciati con 10000 ghinee di cauzione.
Basta poco in Egitto per finire condannati a morte. 6 ragazzi le cui confessioni sono state estorte attraverso tortura finiranno tra qualche giorno uccisi dal regime se il tiranno Sisi non concederà l’amnistia.
Sono anni, appunto, che a migliaia fanno su e giù da un incubo all’altro. Anni di proteste nelle carceri dove si continua a morire per negligenza medica, dove ci si ammala di malattie contagiose, non c’è acqua, né cibo decente, né diritto alle visite. Anni in cui ci si sveglia la mattina col terrore di vedere il nome di qualche amico, collega, conoscente finito in galera. Anni in cui si va da un tribunale all’altro per dare supporto a chi finisce nelle grinfie di un regime che gode di tutto il sostegno internazionale.
L’Egitto è una dittatura, solidarietà con chi ancora resiste e lotta!
Libertà per tutt*.