Vogliono sgomberare l’isola di Warraq ad ogni costo per venderla come Tiran e Sanafir! Noi non lasceremo l’isola di Warraq. Noi moriremo sull’isola di Warraq!
Warraq è una piccola isola sul Nilo a nord del Cairo popolata da migranti provenienti dal Cairo e da altri governatorati – circa 60000 persone – che vi si sono istallati in maniera “informale”, gestendone autonomamente i servizi prima che lo Stato introducesse dei servizi ufficiali (scuole, polizia, ufficio postale, contatori ufficiali dell’elettricità). La maggior parte dei residenti dell’isola è indigente, vive di agricoltura, piccoli commerci, lavori saltuari.
L’isola, fin dal 2005 è entrata nelle mire del governo che vorrebbe trasformarla in un centro di investimento e business (all’epoca il progetto era guidato dal figlio minore di Mubarak) attraverso la creazione di palazzi, hotel, centri commerciali, club. Fino ad ora, tuttavia, tutti i piani hanno dovuto fare i conti con la resistenza della popolazione che si è sempre fortemente opposta allo sgombero dell’isola.
A partire dal mese di giugno, il dittatore al-Sisi e il regime hanno rinnovato la loro battaglia contro i residenti dell’isola e di altre isole del Nilo (Qursaya, Dahab). La rimozione delle abitazioni e il trasferimento forzato della popolazione è stata presentata dal dittatore al-Sisi come un’operazione per ripristinare la legalità e il decoro (“Dove vanno le fogne? Vanno nell’acqua del Nilo che beviamo”) facente parte della campagna nazionale per recuperare “le terre dello stato illegalmente occupate”. Il che, nei fatti, significa che polizia ed esercito sono mobilizzati in tutto il paese per privare la popolazione povera delle loro abitazioni e delle loro piccole attività di sopravvivenza reputate come illegali. Terre che una volta prelevate ai loro abitanti finiscono in mano a membri dell’esercito o a persone vicine al regime che le gestiscono a proprio piacimento.
Così ieri il Ministero degli Interni ha deciso di mandare la polizia a demolire le case con la forza. La resistenza di tutta la popolazione scesa in strada è stata durissima. Diverse guardie sono rimaste ferite negli scontri. Per ora l’attacco della polizia respinto ma il bilancio è terribile: un ragazzo, Sayyed Tafshan, è stato ammazzato da una guardia con un colpo di pistola sparato a bruciapelo alla gola, altre 56 sono state ferite, decine gli arresti. In serata l’isola è stata privata della luce elettrica e i feriti prelevati dalla polizia negli ospedali dove erano ricoverati.
Libertà per tutti e tutte!