Da più di un mese ad Algeri è ripresa vigorosa la caccia alle persone migranti. Dall’agosto 2017, in particolare, circa 3000 migranti sono stati espulsi verso il Niger senza avere la possibilità di appellarsi alla misura. Nell’ottobre 2017 la polizia ha effettuato nuove retate arrestando almeno 500 persone migranti provenienti dal Niger, dalla Nigeria, dal Mali, dal Camerun e dalla Costa d’Avorio. Tra di loro anche numerosx migranti che vivevano nel paese nord africano da diverso tempo e con un lavoro stabile, donne incinte, famiglie intere con neonatx e decine di minori non accompagnati. Per dei giorni interi la polizia ha rastrellato diversi quartieri periferici di Algeri e di altri comuni limitrofi, prelevando i migranti dai propri domicili, dai posti di lavoro, per strada. Una vera caccia all’essere umano.
Il numero esatto delle persone espulse non si conosce esattamente ma si tratta di diverse centinaia di persone, almeno 500. I migranti sono stati deportati su dei bus nel campo di detenzione per migranti di Zéralda, dove sono restati dei giorni in condizioni pessime, e da qui a Tamanrasset, nel Sud del paese, dove sarebbero stati abbandonati nel deserto.
In un rapporto del collettivo Loujna Tounkaranké si legge: “Questa operazione avviene nel contesto fortemente deteriorato in cui si trovano le persone straniere in Algeria. L’Algeria non dispone di politiche di accoglienza o di disposizioni chiare che permettono alle persone migranti di regolarizzare il loro soggiorno. Le persone dall’Africa subsahariana stabili in Algeria che non dispongono di carta di soggiorno non possono contare che sulla tolleranza del tutto arbitraria delle autorità algerine che da un po’ di tempo alternano periodi di calma a periodi di repressione. Una tolleranza che è ormai diventata intransigente. In effetti, dal 2014, più di 18000 persone sono state espulse verso il Niger nel quadro degli accordi con le autorità nigerine. Queste espulsioni verso il Niger hanno ugualmente riguardato migranti provenienti da altri paesi dell’Africa subsahariana nel 2016 quando furono espulsi in 1200.
Nel 2017, il Primo ministro Ahmed Ouyahia, ha pubblicamente accusato le persone migranti di essere “fonte di criminalità, di droga e di tanti altri flagelli”, mentre il ministero degli Affari esteri li ha definiti una “minaccia per la sicurezza nazionale”. Queste dichiarazioni sono state seguite dalla campagna xenofoba “Non agli africani in Algeria” sui social network.
Il 24 settembre 2017, il Ministero dei trasporti ha emesso l’ordinanza n° 2016 che vietava agli autisti di bus e di taxi di trasportare dei “migranti illegali”. Questa ordinanza è stata trasformata in direttiva dal governatorato di Mostaganem che ha minacciato di “ritirare le patenti” a tutti i conducenti che contravvenivano a questa regola. Nonostante questa direttiva fosse poi annullata, nessuna informazione è disponibile concernente le direttive ministeriali”.
Diverse fonti parlano di un vero e proprio clima di razzismo anti africano in Algeria. Non diversamente da quanto avviene in altre parti del mondo e nella stessa Europa i migranti, in Algeria, sono sfruttati come manodopera a basso costo, vivono in residenze insalubri o in squat, non godono di alcuna protezione sociale e sono vittime di violenze xenofobe di una parte della popolazione locale (che la polizia lascia impunite). Il governo, d’altro canto, spesso col sostegno della Mezzaluna rossa algerina, continua a violare i diritti umani nella più completa impunità. È doveroso ricordare, tra l’altro, che lo scorso ottobre il ministro degli interni Minniti si è recato ad Algeri per stilare una bozza di accordo per contrastare l’immigrazione clandestina che dovrebbe essere firmata ufficialmente in questi mesi.