Da settimane, in previsione delle elezioni presidenziali, di cui tutte le persone conoscono l’ovvio risultato, l’Egitto è tappezzato dalle foto del dittatore in tutte le dimensioni, in ogni angolo e centimetro di strada. Un incubo costante che non puoi proprio fare a meno di ignorare.
Anche questa è oppressione!
Ogni notte polizia, militari e servizi segreti prelevano le persone da casa alle prime ore dell’alba o dai luoghi di lavoro durante il giorno e li fanno sparire in uno degli innumerevoli centri di detenzione sparsi nel paese. Nel caso in cui le persone ricercate non siano presenti arrestano qualche membro delle loro famiglie.
Ultimamente sono state arrestate e fatte sparire due persone adulte con una lunga vita di lotte alle spalle: il giornalista Jamal Abdel Fattah di 70 anni e il professore Hassan Hussein di 62. Riapparsi dopo più di una settimana, i due sono accusati di far parte di un gruppo terroristico e di usare i social network per fare propaganda terroristica. Si tratta delle imputazioni che il regime utilizza per tenere in carcere migliaia e migliaia di persone.
Sempre in questi ultimi giorni a essere presi di mira dal regime, che li definisce “forze del male”, sono ancora una volta gli ultras dell’Ahly. Tra i 45 e i 51 ragazzi, tutti giovanissimi, sono stati arrestati – secondo la versione ufficiale – in seguito a scontri tra la tifoseria e forze dell’ordine durante un match per la coppa d’Africa. In realtà, notano in moltx, durante lo stesso match la tifoseria dell’Ahly avrebbe intonato il loro celebre coro “per la libertà”. I tifosi arrestati rischiano davvero molto dal momento che sono accusati di attentare alla sicurezza di stato, di terrorismo, vandalismo e possesso di armi.
La situazione diviene sempre più drammatica anche nel Nord Sinai, dove dal 9 febbraio i militari stanno portando avanti (supportati da Israele) un’operazione di una violenza inaudita ufficialmente contro gruppi jihadisti. Un conflitto del quale si parla poco e che continua a mietere vittime civili. Secondo le stime ufficiali 105 militanti sarebbero stati uccisi e 3290 persone sono state arrestate con accuse varie. Gli/le abitanti del posto parlano di continue violazioni dei diritti umani e sottolineano che da più di venti giorni sono senza cibo, acqua, medicine e benzina. Nessunx, inoltre, può lasciare la penisola senza autorizzazione dell’esercito. Chiunque violi l’ordine è arrestato con l’accusa di migrazione illegale.
La violenza e l’oppressione della dittatura, tuttavia, non ferma la determinazione di attiviste e attivisti che in questi giorni hanno lanciato una campagna internazionale contro la pena di morte (@StopDeathPenEg). Dal 27 dicembre 2017, 39 persone sono state impiccate dal regime e 29 altre potrebbero essere uccise da un momento all’altro. Decine e decine di condanne a morte sono emesse da tribunali militari civili e militari.
Attivistx e organizzazioni dei diritti umani ci chiedono, dunque, di aiutarlx a diffondere informazioni sugli abusi e le violenze della dittatura. Fanno appello alla nostra solidarietà di fronte ai crimini di un regime spietato.
Il silenzio è complicità
Basta pena di morte #أوقفوا_الإعدام #StopdeathPenEg
Un saluto speciale a Pierre, un compagno che ci ha lasciati da poco più di una settimana, e che durante la rivoluzione ha ospitato chiunque volesse affacciarsi su piazza Tahrir.