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Marcia nelle strade del quartiere di via Mattei sede di un Centro per immigrati denominato Hub (nome in uso per indicare centri di raccolta delle merci, sic!)
Sabato 12 maggio 2018 ci siamo incontrati con chi è costretto nell’Hub di via Mattei a Bologna, in attesa di ricevere la “grazia” di restare in questo paese. Dopo alcune iniziative nei mesi scorsi, due presidi davanti alla struttura, diverse assemblee e un pomeriggio di merenda e musica in un parchetto nelle vicinanze, ieri ci siamo incamminati insieme tra le vie del quartiere con striscioni e cartelli.
Dall’impianto sono stati lanciati molti interventi per spiegare, a chi ha voluto ascoltare, cosa è costretto a subire chi viene “accolto” in Italia in questo genere di centri. C’è chi è libero di viaggiare dove, come e quando vuole e chi invece, provenendo da paesi in cui il ricco mondo occidentale fa incetta di risorse, esporta guerre e affama le popolazioni, deve chiedere il permesso per muovere i propri passi.
C’è chi per arrivare qui rischia la vita, e sono tante quelle perse o che lo saranno ancora.
C’è quindi chi, una volta approdato sulle coste o attraversato le frontiere italiane, deve sottostare alle regole imposte dalla cosiddetta accoglienza. Di questo hanno parlato gli uomini che, con tanto coraggio, sono usciti dall’Hub sabato pomeriggio, nonostante le minacce (velate o meno) degli operatori del centro che, con il ricatto dei documenti, cercano di disincentivare le proteste di chi vive all’Hub.
Queste persone sono uscite dal centro riprendendosi le strade per raccontare le loro condizioni di vita a chi abita nel loro stesso quartiere: sovraffollamento in stanze e stanzoni sporchi e bui, cibo pessimo, drammatica carenza di servizi sanitari, trattamento offensivo da parte degli operatori che quasi mai rispondono alle loro richieste basilari, assenza di programmi di apprendimento della lingua, attese infinite anche fino a un anno per accedere alla prima intervista per la richiesta di asilo. La cosiddetta accoglienza, prima o seconda che sia, sta fruttando profitti enormi per le associazioni, le cooperative, gli enti vari che si sono lanciati a man bassa in questo giro d’affari. Solo nel 2016 ha fruttato 4 miliardi di euro.
Questo si è detto durante la marcia fatta insieme. I giornali locali non ne hanno nemmeno fatto accenno, per il momento non hanno vomitato il loro solito putrido veleno su un’iniziativa così intensa che ha dato voce a chi di solito proprio non ne ha e coraggio a noi solidali.
La lotta proseguirà, saremo ancora insieme per eliminare frontiere e centri di reclusione.
Di seguito il testo distribuito nelle strade dalle persone costrette nel centro di via Mattei