Ultimamente sta girando molto su internet un articolo in arabo pubblicato nel 2015 da una compagna egiziana.
Abbiamo deciso di tradurlo e diffonderlo non solo per le informazioni che dà sulle vicende egiziane dal 2011 al 2015. In un periodo in cui è diventata opinione condivisa e indiscussa che le rivoluzioni arabe del 2011 siano state solo un fallimento oppure il frutto di una o molteplici cospirazioni, questo articolo aiuta a rimettere al centro lo spirito, le ragioni e le lotte che hanno completamente sconvolto – e continuano a farlo – in forme diverse ma complementari non solo l’area che va dal Marocco, al Bahrain, allo Yemen, quanto l’intera Europa. Per non dimenticare il senso di quegli anni, che il(i) regime(i) vorrebbe cancellare torturando ingabbiando e sottoponendo le persone a sparizioni forzate. Noi non dimentichiamo dovessimo farlo fino all’ultimo respiro.
Il raccolto della “cospirazione” di gennaio 2011 e quello della “rivoluzione” di giugno 2013
In quanto “Yanargheya” (le persone che erano presenti durante la rivoluzione di gennaio che in arabo si dice yanair) propongo una rilettura di quanto avvenuto in Egitto dopo 4 difficili anni dal 25 gennaio 2011 e un anno e mezzo dal 30 giugno.
La prima parte è sulla rivoluzione. Quella che gli amici di Mubarak e le stelle dei media al soldo dei servizi di sicurezza han definito “cospirazione”.
La seconda parte si occuperà dell’ondata di rabbia che vide implicati militari e ex del regime, una sciagura (l’autrice usa il termine nakba in riferimento a quella palestinese del 1948 N.d.T) generale, che gli amici di Mubarak han chiamato “rivoluzione”.
Nonostante l’odio che nutrono per la parola “rivoluzione” gli ex del regime e i gruppi di opportunisti e approfittatori pro Sisi, così come le persone amanti della stabilità, quanto avvenuto a giugno del 2013 è stato definito fin da subito con questa parola, in aperto contrasto con gli avvenimenti di gennaio del 2011. Il fine era di screditare ad ogni costo la rivoluzione di gennaio per nascondere la realtà di tutto quello che hanno subito da parte dei Yanargeya (chi è sceso a gennaio) e delle masse immense di popolo.
Ora, il nostro disaccordo non è sulla terminologia o sui nomi o sugli aggettivi. Il nostro disaccordo è sul retaggio del “glorioso giugno” e dei suoi effetti in cui nuotiamo fino ora, esattamente come le persone di Alessandria nuotano nell’acqua di fogna.
Sì, navighiamo tutte e tutti nell’acqua di fogna dopo gli avvenimenti della vostra rivoluzione “benedetta” di giugno che noi, invece, consideriamo una nakba. Tuttavia non userò il termine colpo di Stato come fanno gli islamisti, dal momento che questi hanno condiviso con la giunta militare tutti i loro colpi di Stato: dal 1952 fino a quello del primo febbraio 2011, quando in maniera evidente i loro interessi convergevano.
Così se a giugno 2013 la giunta militare fosse stata coalizzata con la giunta dei Fratelli Musulmani e ci avessero uccise e uccisi tuttx al posto delle vittime di Rabaa (Rabaa è il nome della piazza dove più di 800 persone vicine al presidente Morsi furono assassinate in poche ore da esercito e polizia nel 2013 N.d.T), saremmo statx descrittx come baltagheya, teppistx e degni di essere uccisi.
Il raccolto della vostra rivoluzione di giugno non richiede alcuna prova, è invece una realtà che viviamo sulla nostra pelle quotidianamente. La vediamo tutti i giorni quando accendiamo gli schermi e troviamo fantocci come Riham Said e Mona Iraki (due celebri presentatrici della TV egiziana N.d.T), o le intercettazioni di Abdel Rahim, i complotti di Moussa, le allucinazioni di Issa (giornalista e conduttore televisivo N.d.T), mentre le persone affondano nella povertà. C’è chi muore di gioia quando riesce a comprare una bombola del gas e chi invece si suicida appeso su un cartello pubblicitario o davanti alla finestra di casa sua, l’ultimo suicidio è avvenuto a Mugamma‘ Tahrir.
Naturalmente queste persone non trovano spazio sullo schermo, nessuna voce può alzarsi sopra quella della guerra al terrorismo.
Il raccolto della vostra rivoluzione lo vediamo ogni volta che abbiamo a che fare con la vostra giustizia, con le sentenze che arrivano fino a 15 anni per aver bloccato una strada, mentre Mubarak viene assolto da tutte le accuse; quando un tribunale condanna 500 persone all’impiccagione per aver ucciso un poliziotto e allo stesso tempo un giudice viene assolto senza cauzione dopo l’assassinio di una donna sparata per strada; quando Hazem, Loay, Ahmed Douma e Maher passano tre anni di vita in carcere per una manifestazione non autorizzata e Zaher Hawas esce dal carcere dopo essere stato accusato di aver rubato dei reperti archeologici. Tutto questo mentre la polizia è ritornata ad affinare le sue pratiche di tortura. Non passa mese in cui un nuovo assassinio non venga commesso nei commissariati di polizia o che, come successo a Suez, vengano uccisi due fratelli (I due fratelli in moto furono sparati alle spalle da due poliziotti N.d.T).
Il raccolto di giugno lo vediamo quando l’Egitto si disfa della sua ricchezza di gas estratto nel Mediterraneo per darlo a Israele, oppure quando il governo di Mehleb si appresta a progettare l’importazione di carbone tornando così alle epoche buie, dal momento che Mubarak ha esportato il nostro gas a Israele a prezzi stracciati. Ovviamente Mubarak ne esce pulito grazie alle leggi fatte su misura dal suo sistema e alla corruzione
Il più eloquente raccolto di giugno lo vediamo con il ritorno dell’immagine di Hani Surur (un ex del regime di Mubarak N.d.T) – il più famoso processo prima della rivoluzione sui filtri d’acqua inquinata – esposta nelle strade del quartiere al-Daher tra i candidati alle elezioni. Oppure nel ritorno di Ezz (ex del regime di Mubarak N.d.T) nei giochi del mercato, nell’aumento di miliardi nelle tasche delle banche e nell’aumento dei prezzi al dettaglio, nell’aumento della benzina e dei biglietti dei mezzi pubblici.
Questo è quello che abbiamo raccolto dalla rivoluzione di giugno!!
Il raccolto di gennaio invece ci rende orgogliose/i per la partecipazione di persone sconosciute, non pagate dalla polizia o dal Dipartimento degli affari morali dell’esercito, che hanno preso le strade urlando slogan di libertà e giustizia sociale. La popolazione di gennaio non ha mai smesso di urlare slogan come “fai a pezzi Sisi”. La popolazione di gennaio non voleva la morte dei nemici come la popolazione di giugno e i pro Sisi. La popolazione di gennaio chiedeva dignità e non ha mai chiesto di uccidere per le strade. Non abbiamo chiesto le condanne a morte per gli assassini come Mubarak e al-Adly (ex ministro degli interni N.d.T), Tantawi (il capo della giunta militare nel 2011 N.d.T). Nella nostra ingenuità chiedevamo leggi, sanzioni e giustizia.
La popolazione di gennaio, ha costituito dei comitati popolari per ripristinare la sicurezza e non far accadere nel corso di 18 giorni (prima delle dimissioni di Mubarak N.d.T) gli abusi sessuali, i furti e tutti gli incidenti provocati dal sistema per disfarsi della rivoluzione.
La popolazione di gennaio ha dato la vita il venerdì della rabbia, quello dei cammelli e Mohamad Mahmoud, proteggendo la rivoluzione con il proprio sangue. Non aspettava i blindati dell’esercito o la protezione della polizia come è avvenuto nel “glorioso giugno” 2013. Con determinazione la popolazione di gennaio ha portato all’arresto di Mubarak e i suoi figli, al-Adly e tutti coloro che rappresentavano gli assassini e le intimidazioni del sistema. La popolazione di gennaio ha diffuso la speranza a milioni di persone su un piatto d’argento. C’è chi è tornato da fuori per partecipare a quei momenti infuocati, c’è chi è sceso da casa per rompere il silenzio.
La popolazione di gennaio ha fatto entrare tutti i topi nelle tane, uno come Mortada ( Mortada Mansour imprenditore e presidente della squadra del Zamalek N.d.T) che ora naviga con il suo yacht privato nell’acqua di fogna del 30 giugno, è rimasto nascosto per più di un anno per paura di quel gennaio. Lo stesso è successo a molti altri che non sono usciti con l’arretramento di gennaio e il prevalere dell’infezione di giugno.
Ricordatevi i giorni della vostra vittoria,
ricordatevi delle vostre strade e piazze
ricordatevi i compagni e le compagne di strada che ancora mantengono il patto, e ora sono in carcere o all’estero, persi tra il fumo dei lacrimogeni.
Ricordatevi di gennaio vittorioso, rabbioso e la porta di Mohamad Mahmoud, la moschea di Abbas al-Rahman, Omar Makram, lo striscione mensile appeso sul palazzo di via Talat harb 1, lo spazio della chiesa Qasr al-Dubara.
Questi sono stati i nostri giorni, che ci ricordiamo con orgoglio, in cui abbiamo scelto i nostri sogni e abbiamo fatto giustizia con le nostre stesse mani per qualche ora e la nostra lotta si è palesata.
Lasciateci ricordare,e che la speranza sia la nostra guida in questi giorni di agonia, mentre la codardia dilaga nel silenzio di una melodia che non viene più suonata.