Era il 1998 quando con l’entrata in vigore del trattato di Schengen le due colonie spagnole di Ceuta e Melilla diventavano territorio europeo all’interno del continente africano. Il governo spagnolo venne messo sotto pressione dall’Unione Europea per creare una barriera/frontiera che marcasse bene i confini.
Venne così costruito un recinto, un elemento architettonico progettato appositamente per ferire e uccidere le persone. L’architetta Lucia Gutierrez lo spiega in maniera chiara: “l’altezza della recinzione rende la caduta mortale, la disposizione obliqua della stessa è fatta a posta per provocare la caduta ed è girata verso il Marocco, la fune tridimensionale tra recinti è di acciaio ed è disposto per catturare le gambe e, infine, il filo spinato, che sta in varie parti della struttura”.
Domenica 21 ottobre una persona è morta e una decina sono rimaste ferite in maniera grave quando circa 300 persone migranti hanno cercato di oltrepassare questa barriera che separa Melilla dal Marocco. In 208 sono riuscite a passare, accolte dai loro fratelli già presenti nel CETI (Centro de Estancia Temporal).
Tuttavia, poco meno di 24 ore dopo, 55 persone del gruppo sono state espulse dal governo spagnolo verso il Marocco. I restanti (esclusi i 10 feriti) hanno chiesto asilo politico. 3 sono minori. In poche ore, il governo spagnolo ha messo in marcia un dispositivo di identificazione accelerato, con un gruppo di 30 avvocati, per poter espellere il più rapidamente possibile chi aveva passato la recinzione di Melilla. Nonostante la presenza dei legali, si ripete una seconda volta quanto già avvenuto il 23 agosto scorso al seguito degli accordi tra Spagna e Germania (avallati dall’UE) per “aiutare” il Marocco nel controllo dei flussi migratori. Ossia l’espulsione in massa in Marocco di persone migranti di nazionalità non marocchina. Una pratica che organizzazioni dei diritti umani ha definito totalmente illegale perché non permette alle persone di avviare le procedure necessarie alla richiesta di protezione internazionale.
Sempre lo stesso giorno, inoltre, le autorità marocchine hanno deciso di espellere verso il loro paese d’origine (regione subsahariana) 141 migranti che hanno partecipato all’assalto delle frontiere di Melilla senza riuscire a passare perché arrestate dai militari marocchini. 10 dei quali, tengono a sottolineare le autorità del Marocco, sarebbero rimaste ferite durante le operazioni. Ma dall’inizio di settembre, almeno ufficialmente, il Marocco ha espulso 91 migranti, tra cui 6 minori. Altre 37 persone restano detenute.
Il risultato di tale operazione arriva solo qualche giorno più tardi. Il primo ministro socialista Pedro Sanchez ha, infatti, annunciato lo sblocco di 140 milioni di euro da parte dell’Unione Europea (Bloomberg parla di 275 milioni di dollari di “aiuti” totali) al fine di rafforzare la cooperazione con i paesi di origine e di transito per il controllo dei flussi migratori. La metà del denaro (70 milioni) verrà iniettata direttamente nel bilancio marocchino, ma l’importo dovrebbe essere dedicato principalmente all’acquisto di materiale per il controllo delle frontiere. Ciò avviene dopo mesi di trattative e le richieste incalzanti della Spagna, paese in cui l’afflusso migratorio è aumentato (+ 42.000 arrivi finora) tanto da superare significativamente quello che raggiunge l’Europa attraverso la rotta libica.
In effetti, a partire da quest’estate la politica di repressione nei confronti dei migranti di origine subsahariana (e solo in minor misura anche di persone marocchine come dimostra l’assassinio della 19 Hayat, colpita dalla marina reale mentre cercava di raggiungere la Spagna su un barcone) ha subito un drastico inasprimento. Arresti arbitrari, rastrellamenti, demolizione e saccheggio di campi e case, deportazioni in aree remote e spesso desertiche del paese, detenzioni, e espulsioni. Avvocati dei diritti umani sostengono che i rastrellamenti attuati quest’estate sono stati coordinati con la Spagna e l’Unione Europea. Il governo marocchino sostiene di aver preso di mira solo i migranti senza documenti al fine di mettere fine alla tratta degli esseri umani. In verità le persone migranti stesse raccontano che ad essere caricate sui bus verso i lager del Sud del paese sono state anche persone con permessi di soggiorno validi. In tutto si tratta di almeno 6500 persone ad essere state arrestate e deportate fin dall’inizio della repressione all’inizio di luglio. Almeno due persone sono morte durante il viaggio.
Nonostante le autorità marocchine continuino a ripetere che non sono e non saranno mai la polizia dell’Unione Europea, i contatti intensi e costanti tra funzionari spagnoli e marocchini su emigrazione, sicurezza, coordinamento di polizia sono messi in evidenza da più parti. Se da una parte il Marocco utilizza le persone migranti per minacciare la Spagna al fine di ottenere fondi dall’Unione Europea, quest’ultima ha bisogno del Marocco per “proteggere” le sue frontiere e continuare a presentarsi come terra di accoglienza e della solidarietà.