Fonte: Macerie
Ritornare sotto le mure della prigione per senza-documenti di corso Brunelleschi è ovvio e necessario. La lotta contro questo lager e la solidarietà portata ai reclusi rivoltosi è il fulcro delle indagini dell’operazione “Scintilla” e nuovo pretesto per mettere sotto processo e arrestare sei compagni.
Da quando sono stati creati i centri per i rimpatri si sono scatenati al loro interno numerosi e incessanti tentativi per riconquistare la libertà, che si trattasse di evasioni di massa piuttosto che di incendi e distruzione dei dormitori. Al di fuori in parecchi si sono messi a discutere della costituzionabilità delle strutture o della democraticità delle condizioni di detenzione, tanti altri hanno iniziato a rispondere al consiglio che arrivava direttamente da chi la sofferenza della prigionia la viveva sulla propria pelle. Per essere liberi bisogna distruggere queste carceri, non arrendersi alla disumanizzazione dilagante.
All’indomani del varo del decreto Salvini dietro la sfilza di norme e regolamentazioni che rendono sempre più stretto l’imbuto per avere documenti e riuscire a sopravvivere, in Italia appare ancora più ovvio il ruolo deterrente del Cpr. L’apertura di nuovi centri, la ristrutturazione di quelli già esistenti e l’efficienza delle espulsioni hanno tutto il significato di togliere qualsiasi spazio a intoppi. L’arresto di chi fuori lotta contro l’ingranaggio evidentemente più brutale di cui lo Stato si attrezza per gestire e sfruttare i flussi migratori ha tutto il significato di far sprofondare quel luogo nell’oblio.
Tutt’ora chi è dentro non demorde nel lamentare l’ingiustizia della detenzione e le condizioni in cui viene svolta. Cibo schifoso, freddo pungente, dormitori fatiscenti, coperte zozze. Al di fuori delle mura, invece, ieri pomeriggio si è radunato un folto gruppo che con casse e cori ha fatto sentire la propria solidarietà, scandendo i numeri del contatto da chiamare per raccontare ciò che succede là dentro, per rompere il silenzio imposto dagli alti muraglioni. La voce di un detenuto ha raccontato che è da otto giorni che il suo sciopero della fame continua e sono dieci i chili che ha perso. “Mandatemi pure sulla luna, ma voglio uscire di qua”, le sue parole. Tanti interventi e voci inneggianti alla Libertà e una diretta telefoniza da San Ferdinando, trasmessa con le casse oltre la fortificazione di c.so Brunelleschi, che ha raccontato di Moussa Ba, ragazzo senegalese morto venerdì notte in un incendio nella tendopoli calabrese dove vivono i braccianti sottoposti allo sfruttamento terriero più schifoso.
In mezzo al ping pong di urla tra dentro e fuori sostava un famelico branco di giornalisti che dal giorno dello sgombero dell’Asilo si stanno palesando con notevole vigore. Sul marciapiede antistante stazionava un presidio nutrito di poliziotti in borghese, un idrante e camionette a volontà.
Tanti, giunti da tutto il nord d’Italia, per il giorno dello sgombero, così tanti affinché in città non si muovesse una foglia. Ma la folla che si è riversato nelle strade ha affrontato la paura del dispositivo poliziesco, stupendosi di se stessa, sorprendendo anche chi mantiene l’ordine. E da lì la polizia ha continuato a inscenare assedi, accerchiamenti, cariche a freddo in luoghi chiusi, a eseguire arresti a spron battuto. I suoi mandanti, inquirenti, politici e dirigenti, a rilasciare belligeranti dichiarazioni e accusare di pene esemplari senza alcuna prova di reato. Pare che la strategia per nulla velata sia ricacciare tutti a casa a suon di spaventi.
Dopo aver salutato i reclusi del Cpr molti compagni e compagne si sono dati appuntamento alle Vallette per fare un saluto alle compagne e ai compagni. Anche lì nel mezzo del pratone la presenza della polizia è stata notevole ma le urla hanno raggiunto comunque le celle, ottenendo numerose grida in risposta.
Troppo tardi per raggiungere le orecchie di Antonio Rizzo, Giuseppe De Salvatore, Lorenzo Salvato, Niccolò Blasi, poiché da sabato sono stati trasferiti nella sezione di Alta Sicurezza nel carcere di Ferrara. Per mantenere i contatti si possono scrivere lettere, cartoline e telegrammi indirizzate al carcere di via Arginone 327 , 44122 Ferrara.
Le ragazze, invece, continuano a essere rinchiuse nel carcere di Torino, isolate dalle altre detenute. Per impedire loro di comunicare con le altre ragazze le secondine si sono adoperate a saldare l’unica apertura, un piccolo spioncino rettangolare, che esiste nel blindo. Per scrivere loro, a Silvia Ruggeri, Giada Volpacchio, indirizzate le missive a C.c. Lo Russo e Cutugno, via M.A. Aglietta 35, 10151 Torino.
Una buona notizia viene dalla liberazione di Claudia, arrestata dopo la carica della celere sul tram.
Per inoltrare aiuti economici per sostenere la detenzione dei compagni:
IBAN: IT61Y0347501605CC0011856712
ABI: 03475 CAB: 01605 BIC: INGBITD1
Intestato a: Giulia Merlini e Marco Pisano
Per i versamenti dall’estero potrebbe essere necessario anche l’indirizzo della banca: Istituto Centrale Banche Popolari Italiane, c.so Europa 18 Milano – 20122
Infine, ricordiamo l’indirizzo per inviare testimonianze dalla zona assediata tra via Bologna e corso Brescia: unquartieresottassedio@riseup.net.
macerie @ Febbraio 18, 2019