Questa mattina (10/04) Alaa ha scritto questo post:
“Sono in pericolo! Ieri ufficiali della sicurezza nazionale hanno minacciato di rinchiudermi di nuovo in carcere, il prezzo da pagare perché ho scritto delle condizioni di sorveglianza a cui sono sottoposto.
È la seconda volta che vengo minacciato, non si sono identificati ed erano molto minacciosi.
Inoltre hanno minacciato di togliermi libri e l’ipod e di trasferirmi in una cella in condizioni peggiori, tutto questo è illegale“.
Ma in un altro post di qualche ora fa Alaa dice:
“Non smetterò di parlare di quanto questa misura cautelare sia ingiusta e una violazione nei confronti di tutte le persone, soprattutto le persone comuni obbligate a fare dei lavori umilianti, come pulire i commissariati durante le ore di sorveglianza“.
Alaa Abdel Fatah ha finito di scontare 5 anni di carcere per un presidio non autorizzato contro i processi militari sui civili, avvenuto il 26 novembre 2013 davanti Maglis Al-Shura (Camera alta). Ma non è del tutto libero. Come altre persone è sottoposto a una misura cautelare in cui per 12 ore al giorno ha l’obbligo di consegnarsi al commissariato.
Una libertà vigilata di cui Alaa stesso dice:
“La sorveglianza non è meglio del carcere?
Dalle 6 di pomeriggio alle 6 di mattina, sicuramente meglio, ma l’inverso quindi dalle 6 di mattina alle 6 di pomeriggio è peggio.
Ma non è questo il reale problema, il punto è che non faccio paragoni con il carcere, ma penso ai miei sogni dopo il carcere”.
Come Alaa anche Ahmad Maher, finirà la sua giornata alle 18:00 per un altro anno. Il cofondatore del movimento 6 April (dal giorno delle proteste che infiammarono l’Egitto nel 2008) è stato condannato a 3 anni di prigione scontati nel 2017 e tre anni di sorveglianza per aver violato la legge anti-proteste del 2013. Questa legge proibisce ogni tipo di assembramento e dissenso pubblico e prevede un’autorizzazione da richiedere alla polizia che automaticamente non viene concessa. Con lui sono stati condannati alla stessa pena anche Ahmed Douma (che sta scontando una pena di 15 anni per un altro processo) e Mohammed Adel, ambedue di 6 April.
Allo stesso modo anche il fotoreporter Muhammad AbuZayd, conosciuto come Shawkan, rilasciato il 4 marzo scorso dopo 5 anni di carcere, ne dovrà scontare altrettanti recandosi tutte le notti in un commissariato del quartiere delle Piramidi.
Negli ultimi anni sono moltissime le persone che dopo aver scontato la pena carceraria vengono sottoposte alle misure cautelari, che si rifanno a una legge del 1945, prevedono l’obbligo di firma e l’obbligo di consegnarsi ogni sera nella stazione di polizia di appartenenza per 12 ore. Questa misura cautelare di recente riguarda anche le persone detenute per motivi politici, ma è stata sempre applicata ai detenuti comuni.
In teoria dovrebbe essere come l’obbligo di dimora, ma il Ministero dell’interno obbliga Alaa come altre persone a passarle nei commissariati. Tutti loro quando si consegnano vengono rinchiusi in isolamento, in una apposita stanza all’interno del commissariato stesso.
Scrive Alaa:
“La prigione attacca l’essere. Dall’imposizione dei vestiti uguali per tutte le persone recluse, al controllo dei più minimi dettagli del taglio di capelli e barba, si comportano con la logica che tutto è vietato, qualunque cosa sia fuori il loro controllo.
Ma il carcere politico è differente. Questo può essere un bene o un male. La prigione, naturalmente, fallisce nel tentativo di uccidere l’essere politico. E’ facile per i compagni dire che questa è una vittoria.
La domanda è: cosa faccio con un’essenza politica priva del contesto fisico e umano normale? Vivo solo come un simbolo?
Come un fantasma appaio ma senza avere un corpo? Mi muovo nel vostro tempo ma sono sospeso nel passato.
Una volta ero Alaa Seif o Alaa Abdel Fattah. Questi giocavano un ruolo in pubblico. Adesso … non lo so.”
Libertà per Alaa
Libertà per tutti e tutte.
سجن_نص_اليوم#