Oggi 28 giugno i media hanno riportato la notizia dell’arresto di sette persone ritenute responsabili della rivolta, incendio e tentativo di fuga avvenute la notte del 27 aprile 2019 nel CPR di Bari Palese. Dei 7 fermati, tre sono stati rintracciati nello stesso CPR di Bari, dove erano ancora reclusi, e quattro catturati a Taranto, Milano, Udine, e La Spezia. Per altre 4 persone, denunciate insieme ai 7 per “devastazione in concorso”, sono ancora in corso le ricerche.
Secondo le accuse, la notte del 27 aprile “una ventina di ospiti [!] hanno, in un primo momento, incendiato alcuni materassi e del materiale cellulosico posizionato a ridosso delle porte d’ingresso interne alle sale benessere dei moduli nr. 6 e 7, in seguito hanno dato fuoco ad altro materiale accatastato nel corridoio centrale del modulo nr.1 ed infine hanno incendiato svariati materassi nel modulo nr.3, distruggendolo completamente e rendendolo inutilizzabile”.
Gli investigatori sostengono di essersi avvalsi, per l’identificazione dei responsabili della rivolta, sia delle riprese delle telecamere di sorveglianza, sia delle “importanti testimonianze di personale della cooperativa addetta ai servizi ed all’assistenza all’interno del Centro”.
Quello di Bari è forse il lager con le condizioni peggiori in Italia, usato anche come centro punitivo dove trasferire le persone che protestano negli altri CPR. Eppure anche in questo campo di concentramento sono frequenti gli scioperi della fame, i tentativi di evasione, le rivolte e le proteste individuali, che a volte assumono la forma dell’autolesionismo. Qualche giorno fa un recluso è stato trasportato in ospedale per aver ingerito delle batterie. Un quotidiano locale riportava ieri le lamentele di dirigenti e operatori del 118 barese: “Dal CPR di Bari, le ambulanze del 118 vanno e vengono più volte al giorno, nonostante il Centro di Permanenza per il Rimpatrio abbia, o almeno dovrebbe avere, una convezione per il trasporto degli ospiti da e verso gli ospedali per gli interventi sanitari non in emergenza. Per i controlli, insomma, esami, e via dicendo. A questo si aggiungerebbe poi la circostanza, quanto mai grave, di trovare a volte l’infermeria del centro di Permanenza chiusa, cosa che impedirebbe agli operatori del 118 l’accesso alla cartella clinica dell’ospite da trasportare, e non poter somministrare una eventuale terapia farmacologica per il rischio di allergie o interazioni con altri medicinali.”
Ai primi di giugno una familiare di un recluso ha raccontato la testimonianza diretta di un mancato soccorso: la persona soffriva da giorni di dolori al petto, nel lager non aveva ricevuto nessuna assistenza medica ma una volta chiamata e arrivata l’ambulanza gli è stato impedito l’ingresso. Per chi ha problemi di salute nel CPR, spesso l’unico trattamento ricevuto è quello a base di psicofarmaci, tra ansiolitici, antidepressivi e tranquillanti.
Ci sono devastazioni e devastazioni. Da una parte c’è la devastazione subita dalle vite delle persone che a migliaia vengono imprigionate in questi campi di concentramento “democratici”. Dall’altra c’è quella per cui festeggiamo: di ogni CPR solo macerie.
Solidarietà a chi, dentro o fuori le mura dei lager, vi si oppone.