fonte: abaslescra.noblogs.org
CONTRO LE VIOLENZE PATRIARCALI DELLO STATO, LIBERTÀ PER TUTTE LE DONNE DETENUTE!
Venerdì 13 febbraio scorso una aggressione sessuale ha avuto luogo nella prigione per migranti di Mesnil Amelot. Un detenuto e passato nella sezione femminile e ha aggredito tre compagne, nella totale indifferenza degli sbirri che ci hanno messo un buon quarto d-ora prima di intervenire. Da allora, l’aggressore e stato deportato e il caso e stato archiviato, come se la deportazione avesse cancellato il fatto. Una delle donne e stata deportata, mentre le altre due restano isolate nel centro, sotto la minaccia costante di essere a loro volta deportate e senza aver visto ne’ un medico ne’ uno psicologo. Le compagne ci raccontato delle prese in giro costanti degli sbirri, degli insulti e delle battute razziste, e della colpevolizzazione che subiscono da parte dei giudici e delle infermiere del centro.
L’eteropatriarcato e il razzismo sono legati e si rinforzano reciprocamente. Nelle politiche migratorie degli stati occidentali, la loro violenza prende la forma di controllo sui corpi delle donne migranti, attraverso leggi razziste e sessiste. Queste leggi da un lato le criminalizzano (le donne migranti e non bianche sono più spesso accusate di furto, di menzogna, etc…) e dall’altra parte le riducono al silenzio e le obbligano a provare la propria situazione di violenza estrema che hanno subito (alla prefettura, quando fanno domanda d’asilo, davanti ai giudici…). Questa violenza e in ogni occasione giudicata dallo sguardo di un potere occidentale e patriarcale, che non tiene conto delle forme particolari che questa violenza può assumere.
L’aggressione sessuale che si e consumata il 13 febbraio nella prigione per migranti di Mesnil Amelot non e un caso isolato. Essa e frutto di un sistema di incarcerazione e controllo, che va dalle prigioni alle frontiere passando per i centri di detenzione amministrativa. Lo scopo dei CRA e di cancellare la vita delle persone che vi sono rinchiuse per la semplice ragione di non possedere i documenti giusti. Come le prigioni, sono luoghi dove il razzismo ed il sessismo di Stato si mostrano in tutta la loro violenza. In queste gabbie, le donne subiscono quotidianamente tutte le forme dell’oppressione patriarcale gli insulti ed il sessismo da parte degli sbirri, la colpevolizzazione da parte dei giudici e dei procuratori che mettono in dubbio la verità dei loro racconti, la minaccia permanente di essere deportate verso un paese dove rischiano la vita…
Il sarcasmo ed il disprezzo dei tribunali di fronte alle aggressioni sessuali subite dalle compagne non ci stupiscono,, ancora una volta si tratta di un sistema giudiziario complice. Lo stato, la polizia ed i giudici sono altrettanto responsabili di ciò che e accaduto a Mesnil quanto l’aggressore. Non e che l’ennesima prova della natura razzista e sessista di questo dispositivo. Non abbiamo nessuna fiducia in loro, sappiamo che ne la giustizia ne la polizia ne lo stato ci salveranno dal patriarcato. Noi sappiamo che sarà grazie alla resistenza ed alle lotte di coloro che sono detenute che queste prigioni saranno abbattute.
Siamo vicine e solidali alle compagne aggredite, che si trovano ancora nelle mani odiose dello stato e dei sui sgherri.
Inviamo loro tutta la nostra forza e la nostra complicità.
Di fronte alla violenza patriarcale dello stato facciamo appello ad ogni individualità e collettivo che si riconosca nelle lotte antisessiste, antirazziste ed anticarcerali, a mostrare la propria solidarietà attiva alle compagne detenute, in ogni forma possibile. La loro lotta e la nostra lotta.
Contro lo stato, le prigioni e le frontiere fino a quando ce ne sarà bisogno.
Nelle strade, le piazze e le celle di prigione, le donne migranti non sono sole!
COMUNICATO DELL’ASSEMBLEA NON MISTA CONTRO I CRA – Ile-de-France
Gli sbirri mi prendono per il culo: “sei grande e grossa, perché non l’hai picchiato?”. La giudice m’ha sgridata: “dici solo menzogne”
Il 13 febbraio scorso tre detenute sono state aggredite sessualmente nel CRA [centre de rétention administrative, l’equivalente dei CPR italiani in Francia] di Mesnil Amelot. Parecchi minuti passano prima che la polizia intervenga per allontanare l’aggressore dalla sezione femminile, ma ne’ c’è stato alcun supporto ne’ alcun tipo d’aiuto è stato proposto. Le detenute hanno deciso di sporgere denuncia, per far conoscere le loro condizioni di recluse e la violenza della polizia. Il solo risultato sarà la deportazione dell’aggressore al supposto paese d’origine, e l’archiviazione del fatto, senza conseguenze. La minaccia non e più presente, secondo giudici e sbirri. Inoltre, una delle tre compagne è stata deportata, mentre le altre, cercando di restare solidali di fronte alle condizioni inumane in queste carceri, subiscono quotidianamente gli insulti e il sarcasmo dei secondini. Di fronte ai giudici, a più riprese è stata negata la verità delle loro deposizioni riguardanti l’aggressione, e sono state a più riprese incolpate per ciò che hanno subito. Ecco le loro parole, uscite dalle mura del CRA:
<<Sono in attesa di ricevere asilo in Olanda. Sono stata in prigione a Versailles prima, perché avevo rubato un profumo. Mi hanno condannata a sei mesi, dopo quattro mesi senza che ne sapessi niente mi hanno portata qui. Nel 2019 ero già passata da un CRA, sono stata presa alla frontiera con la Spagna. Mi hanno rimpatriata in Perù, ma io non posso restare lì, il padre di mio figlio mi ucciderebbe, è il capo di una gang e mi ucciderebbe. Quindi sono tornata, sono andata in Olanda. Ho fatto domanda di asilo. Sono venuta a Parigi a trovare un amico. Ma questo “amico” mi ha rubato la borsa, tutti i soldi e i documenti. Il 31 gennaio all’uscita di prigione, finita la mia detenzione, mi avevano prenotato un volo, ma non avevo un lascia passare, io non ho visto il console peruviano. Il mio passaporto è in Olanda, per cui ho rifiutato questo primo volo. Lo scorso 13 febbraio sono stata aggredita sessualmente nel CRA. Un altro detenuto è arrivato dalla sezione degli uomini, prima ha cercato di aggredire un’altra compagna, in sala televisione, dove lei era sola, ma è riuscita a scappare. Dopo è entrato nella camera dove mi trovavo con la mia amica, si è gettato su di lei, e ha cercato di sfilarle i pantaloni. Lei è fuggita, lui s’è quindi gettato su di me. Ero paralizzata, non riuscivo a muovermi. I secondini ci hanno messo 15 minuti ad arrivare, loro se ne fottono. Nelle camere, le telecamere non funzionano, ecco cosa mi hanno detto. Abbiamo sporto denuncia. Il caso è stato archiviato, perché il tizio è stato rimpatriato. Il procuratore mi ha detto che non sarebbe successo se fossi andata via accettando il mio primo volo. La mia compagna cilena, che era nella camera durante l’aggressione, ha cercato di suicidarsi, e l’hanno deportata. Aveva visto lo psichiatra del centro, le ha detto che, se avesse fatto un reale tentativo di suicidio, ci sarebbe riuscita. Qui sono tutti cattivi. Abbiamo provato a fare appello al jld [giudice delle libertà e della detenzione, il cosiddetto giudice ordinario nei CRA] per ragioni straordinarie. ci hanno fatto aspettare dalle 10 alle 18 prima di dirci che il giudice non poteva esprimersi su questi fatti. Questo è semplicemente razzismo. I medici, gli infermieri, sono solo capaci di darti antidolorifici e calmanti. La cuoca è cattiva, l’altro giorno una ragazza aveva rovesciato il caffè, ne ha chiesto altro e lei le ha detto di no. Quando abbiamo il ciclo, ci danno due salviette igieniche al giorno, che cosa dovrei fare con due tamponi per un’intera giornata? Voglio solo che mi rinviino in Olanda, sono più umani laggiù. Non ne posso più di questo paese razzista. Qui gli sbirri, l’amministrazione del centro tutti, sono tutti insieme, tutti d’accordo. Dal primo marzo mi cercheranno un volo, ma come potrei tornare là, se mi vogliono uccidere?>>
<<Sono stata fermata in un negozio, mi accusano di aver rubato, ma non è vero. Ero con mia madre, che è diabetica, l’hanno lasciata sola al centro commerciale e mi hanno portata al commissariato. Ho provato a spiegare alla polizia che non potevo tornare in Tunisia, e loro scherzavano, dicevano “le prenotiamo il volo, le faremo trovare una hostess per il volo”. M hanno detto “ti spediremo al CRA” e io non sapevo cosa fosse, ho chiesto se era una prigione e mi hanno detto di sì. Volevo chiamare mia madre, ero agitata, mi hanno detto che non avevo diritto a chiamare nessuno. Quando ho visto il console, lui mi ha detto “ma che fai qui_ è strano”, e ha detto di volermi aiutare. Al momento non ho un visto di passaggio (lasciapassare per essere deportata_). Ero in sala tv quando l’uomo mi ha aggredita, sono riuscita ad evitare il peggio con un’astuzia ma i secondini ci hanno messo almeno 15 minuti prima di acchiapparlo. Dall’aggressione, gli sbirri se ne fottono di me, mi dicono “sei grande e grossa, perché non l’hai picchiato?”. la giudice mi ha sgridata, “racconti solo menzogne” diceva. Non ho visto medici, eppure l’ho chiesto molte volte. Se vedessi un medico farebbe un rapporto diretto.
Avevo un appuntamento dallo psicologo a seguito dell’aggressione il 20 marzo (più di un mese dopo il fatto) ma è stato annullato perché la denuncia è stata archiviata. L’altro giorno ho avuto una crisi di panico, non riuscivo a respirare, la mia compagna ha chiamato la polizia, e mi hanno detto “ma che hai signora che hai signora”. Non sto bene. Qui ci trattano come cani. La signora, la poliziotta, non smette di farmi domande, anche su di voi. Talvolta faccio finta di non sapere il francese, per non rispondergli. La sera qui è come in un film horror, le docce partono da sole, le luci s’accendono a caso. Non voglio restare qui>>