Nei CPR in Italia sono ancora recluse 381 persone, 33 donne e 348 uomini, secondo l’aggiornamento comunicato il 24 marzo dal Garante nazionale delle persone private della libertà. Nonostante una pandemia stia sconvolgendo il mondo, nessun provvedimento è stato adottato dalle autorità per scongiurare il rischio che l’epidemia divampi nelle ristrette celle dove sono ammassate le persone nei CPR, come d’altronde nelle carceri.
Le deportazioni sono ferme da settimane, per la chiusura delle frontiere anche nei paesi d’origine (Algeria, Tunisia, Marocco etc.) e del blocco dei voli di rimpatrio, tuttavia le persone recluse nei lager di stato non vengono tutte liberate. Solo 44 persone sono state rilasciate tra il 12 e 24 marzo.
Al contrario, alcune persone continuano irresponsabilmente a essere portate nei CPR.
Proprio ieri, 25 marzo, la sindaca di Gradisca d’Isonzo ha confermato che una persona, condotta il 19 marzo dalla Lombardia nel locale CPR, è risultata positiva uno o due giorni prima al tampone per rilevare il covid19, e messa in isolamento.
Queste settimane di quarantena collettiva impediscono di tenere presidi solidali, e i CPR sono circondati, ancora più del solito, da un muro di silenzio e indifferenza. Nonostante questo giungono notizie di proteste delle persone recluse.
CPR di Palazzo San Gervasio
Tra il 10 e l’11 marzo, nei giorni delle rivolte nelle carceri, la polizia preallarmata, insieme alla celere arrivata di rinforzo da Bari e Bologna, ha represso un tentativo collettivo di evasione, perquisendo tutte le celle e sequestrando delle corde intrecciate già pronte e degli arpioni di alluminio artigianali.
A partire dal 15 marzo i reclusi hanno cominciato uno sciopero della fame, che continua da più di una settimana.
Parenti e compagne dei detenuti hanno raccontato che nel Cpr non si sentono protetti, le 55 guardie di turno e gli operatori che entrano e escono dal lager non indossano mascherine e guanti e ai circa 30 reclusi “Non viene data nessuna protezione contro il coronavirus. Molti soffrono di varie patologie che non vengono in modo opportuno controllate e curate, in presenza di dolori vengono somministrate medicine di cui non sanno nome ed effetti. I riscaldamenti sono assenti, acqua fredda, coperte già utilizzate e non disinfettate che hanno già provocato allergie ad alcuni di loro, i vestiti vengono consegnati raramente. Non vengono permessi colloqui con i propri avvocati”.
Che questo Centro rimanga aperto è ancora più cinico considerando che tra qualche settimana ne era stato già previsto lo svuotamento in vista dell’avvio dei lavori di ristrutturazione dovuti ai danni provocati dalle rivolte.
CPR di Ponte Galeria a Roma
Nel lager attualmente dovrebbero essere presenti 98 uomini e 33 donne. Nell’ultima settimana 7 donne sono state rilasciate.
Il 16 marzo una donna tunisina ha bevuto della candeggina ed è stata ricoverata in ospedale.
Il 18 marzo le recluse nella sezione femminile hanno dato vita a una protesta.
Nella scorsa settimana almeno 5 uomini sono stati reclusi nel lager, e girano voci di un recluso, positivo al coronavirus, in isolamento. [link ultimo aggiornamento]
CPR di Gradisca d’Isonzo
Dal 22 marzo alcuni reclusi hanno iniziato uno sciopero della fame, che è stato attuato nei giorni successivi da tutte le 45 persone prigioniere nel CPR e che continua tuttora.
Come riporta l’assemblea No CPR del Friuli Venezia Giulia:
“I reclusi ribadiscono di non essere né animali né criminali, di essere stati messi nel CPR a causa di problemi con i documenti che non possono risolvere stando chiusi nel CPR. Dichiarano che il CPR è ancor peggio di una prigione e che, se il virus entra, si ammalano tutti. Hanno paura, nel caso si ammalassero, che nessuno li aiuterebbe e li lascerebbero morire lì. I reclusi inoltre hanno smesso di mangiare anche per la paura che il cibo sia infetto poiché sia le guardie della struttura sia i lavoratori, che consegnano il cibo sotto le sbarre delle gabbie, escono ed entrano dal centro e potrebbero essere portatori del virus.
I reclusi sanno che altrove ci sono CPR che hanno chiuso e chiedono di essere rilasciati anche loro per poter tornare nelle loro case.”
Che sia necessario svuotare ogni luogo detentivo è sotto gli occhi di tutti e le persone detenute stanno lottando coraggiosamente nelle carceri e nei centri di espulsione per ottenere l’unica sicurezza per la propria incolumità: la libertà. In alcuni CPR l’impossibilità di comunicare con l’esterno è aggravata dal sequestro di telefoni cellulari, per questo facciamo appello a chiunque fosse in contatto con le persone recluse (parenti, affetti, avvocati etc.) di scriverci a hurriya[at]autistici.org per far circolare informazioni e aggiornamenti, anche mantenendo l’anonimato, riportandoci le voci dirette di chi è imprigionatx.
Che sia l’inizio della fine per chi ha creato un mondo di violenza, sfruttamento e esclusione.