Il 20 settembre scorso sono scoppiate delle proteste in tutto l’Egitto. Nella città di Assuan sono durate per giorni. Nel quartiere al-‘Awameya, circondato per giorni, la polizia ha assassinato a colpi di pistola Ueis al-Rawy, proprio sotto casa sua.
Come già successo precedentemente nei giorni successivi le proteste il regime ha messo in atto una dura repressione. Si contano più di 1943 arresti (almeno le persone ritrovate nei commissariati e procura dei servizi segreti). Tra loro anche la giornalista Basma Mustafa fermata mentre si recava a coprire quanto stava succedendo ad Assuan. Dopo alcune ore di fermo è stata rilasciata.
Sempre negli stessi giorni il regime ha eseguito le condanne a morte di 49 persone (fonte); 15 di loro erano prigionieri politici; 13 avevano preso parte – secondo l’accusa – ad una ribellione dentro il carcere di Tora al Cairo in cui erano rimaste uccise anche 3 guardie. Quello che è successo in quei giorni di fine settembre non è stato mai chiarito. Ma la rapidità con cui gli imputati sono stati impiccati è la prova che il regime vuole nascondere per sempre la verità.
Nel frattempo, è passato un anno dalla carcerazione di molte compagne e compagni, tra cui Alaa, Baker, Esraa, Mahienour. A Mahienour hanno aperto un nuovo processo mentre è ancora in carcere con le solite accuse.
Nel carcere Istiqbal Torah al Cairo è in corso un altro sciopero della fame da parte delle persone detenute a causa delle perquisizioni e vessazioni subite dalla direzione carceraria.
Tra le compagne ancora in carcere c’è anche Sanaa Seif, sorella minore di Alaa. Sanaa è stata arrestata il 23 giugno, il giorno dopo un presidio fatto insieme alla sorella Mona e alla madre Laila di fronte al carcere di Torah al Cairo, in cui le tre erano state anche aggredite da persone “sconosciute”. Chiedevano una lettera da Alaa, di cui non avevano notizie da mesi visto che le visite e i contatti, con la scusa della pandemia, sono state del tutto vietate. Il giorno seguente di fronte all’ufficio del Procuratore Generale dove si erano recate per sporgere denuncia, Sanaa è stata rapita e caricata su un furgoncino di uomini in borghese, per poi essere trasferita in carcere.
Ora è in corso un processo contro di lei per diffamazione a pubblico ufficiale e la prossima udienza si terrà l’11 novembre.
Questa è la lettera che ha scritto Sanaa dal carcere femminile di al-Qanater al Cairo.
Sanaa scrive del carcere, dei libri, del caos in testa e degli ufficiali dei servizi di stato!
La vittoria di questa settimana è Fantastic Beasts and Where to Find Them, l’unico libro entrato. Mentre il poliziotto della sicurezza di stato sfogliava il libro, ne ho visto un altro, Python. Potevo allungare la mano e prenderlo. Dopo qualche secondo, però, ha deciso di non farlo entrare insieme alla lettera.
Il libro ora sta a qualche metro di distanza da me, insieme a un’altra pila di libri, sulla scrivania dell’ispettore capo dei servizi di sicurezza. Ogni volta che entro nel suo ufficio ho un pensiero costante: “Cosa succederebbe se rubassi il libro e me lo portassi dentro? O se fuggissi dall’ora d’aria verso il suo ufficio per rubare due libri? O mentre rientro da una delle udienze di questo processo senza fine? Cosa succederebbe? Mi darebbero della pazza, ladra di libri? O semplicemente aprirebbero un nuovo processo?” Mi piace questa idea, forse dovrei rubare i miei libri che detengono, così avrei un futile processo, come la situazione in cui mi trovo attualmente.
Mi sono fermata un attimo a esaminare lo scorrere dei miei pensieri. Quando la vita è diventata così insensata? La mia giornata gira intorno a inutili dettagli, dettagli che dovrebbero essere banali, ma ora sono tutt’altro che tali. Cerco di darmi degli obiettivi dal nulla, solo per riuscire ad arrivare al giorno seguente. Quando ho imparato ad adattarmi a tutto questo? È questo il miglior modo per adattarsi al carcere? O sto usando una tattica sbagliata che lentamente mi porterà alla follia? E perché mi preoccupo di cosa è sano mentre sono qui immersa nel nulla? E Alaa?! Anche lui continua a inventarsi dei trucchi per adattarsi?
Sento che la mia testa esploderà a forza di pensare al nulla e cerco di ricordare a cosa pensava la mia mente prima di entrare qua dentro.
Ci chiedevamo che forma avrebbe avuto il mondo dopo il covid-19. Quesiti stimolanti e preoccupanti allo stesso tempo. Siamo pronti a un mondo dove la tecnologia giocherà un ruolo fondamentale nelle comunicazioni e nella coproduzione? O temiamo un mondo dove la vita privata subirà sempre più restrizioni mentre gli Stati coglieranno la palla al balzo per spiare e sorvegliare ancora di più? E per chi come noi crede nella cultura libera, nella decentralizzazione della rete e l’accessibilità della tecnologia per tutte le persone? Qual è il nostro ruolo in questo nuovo scenario? E in Egitto e nei paesi del “terzo mondo” come ci comporteremo di fronte a queste sfide?
Ancora vi ponete queste domande là fuori? O le avete accantonate, mentre ero occupata a lottare per avere carta e penna che sto usando ora per scrivere?
Torno a parlare del mio libro, ha solo 293 pagine. Non lo leggerò oggi. Siamo solo all’inizio della settimana e forse non faranno entrare nessuno dei tanti libri che mi arriveranno, forse sì o forse no, non lo so.
L’ufficiale mi ha detto: “Pensa di vivere in un palazzo in cui non vorresti vivere, io sono il tuo vicino quindi sei obbligata ad avere a che fare con me. Il tuo problema è che pensi che l’edificio ha delle basi, ma non è così. Una volta posso concederti un libro, forse la prossima volta vieterò i libri, forse ti concederò una lettera”.
Ha continuato a parlare facendo diversi paragoni: “Tu credi di portare avanti una guerra, mentre in realtà continui a rimanere bloccata nello stesso posto” – parla del mezzo bicchiere pieno che non riesco a vedere e del cartello che metterà davanti al cancello del carcere che dice: LA SICUREZZA DI STATO NON PUO’ ESSERE OBBLIGATA A FARE NIENTE! Così non me lo dimenticherò, visto che dimentico facilmente e sono stupida. Parla ancora della legge che non si applica né su di me né su di lui e infine del nostro incontro di cui l’unico testimone è Dio.
Per qualche strana ragione ha iniziato il suo discorso: “Se l’assassino avesse avuto pazienza, la sua vittima avrebbe…” E aspettava che continuassi il resto del proverbio.
Queste immagini hanno sovrastato la mia mente: un edificio in bilico, un vicino indesiderato, un portiere indifeso, un bicchiere che qualcuno vede pieno e qualcun altro vuoto, un assassino senza pazienza, la situazione dentro e fuori, il ruolo specifico all’interno dell’edificio che portano avanti il vicino e il portiere.
Mi sono persa nel cercare una logica nella sequenza di queste immagini. Poi un pensiero terribile mi ha colpita: anche la linea dei miei pensieri è diventata casuale e caotica. Mi sono chiesta se fosse per la natura di questo luogo? È forse questo il destino di tutte le persone che vivono in questo edificio che è fuori da ogni logica, tempo e pandemia?
Finalmente ho sonno. Ho esaurito la mia testa in pensieri inutili e il tempo è passato. Ora posso dormire aspettando domani per leggere il mio libro. Domani mi libererò da tutte queste immagini stupide con cui ha occupato la mia immaginazione. Domani sarò salva almeno per qualche ora.
Sanaa
dal carcere di al-Qanater 2020