In questi giorni segnati dagli ennesimi bombardamenti israeliani a Gaza, migliaia di persone sono entrate in massa a Ceuta e Melilla, due enclave spagnole in territorio marocchino. La notizia è stata riportata come “una cosa pazzesca”, un fatto inedito, da molta stampa italiana ed europea. E in effetti, si tratta di un fenomeno raro in due pezzi di terra che gli accordi tra Marocco, Spagna e Unione Europea hanno provato a rendere completamente invalicabili. Un muro enorme separa lo stato sionista dai territori palestinesi, e chilometri di barriere e filo spinato illegale delimitano i confini tra quel che resta del colonialismo spagnolo e il Marocco. Più a Sud, una barriera minata consente al Marocco di mantenere un’occupazione lunga mezzo secolo nel Sahara Occidentale. Tre storie che ci parlano in maniera diversa ma affine della violenza coloniale e del suo rimosso. Ovverosia, quel processo per cui il colonizzatore “falsifica la storia, riscrive i testi, spegne i ricordi. Qualsiasi cosa pur di trasformare la sua usurpazione in legittimità[1]”
Cominciamo con lo stupore, l’indignazione o l’ostilità – dipende dai casi – degli e delle europee di fronte alle immagini di frotte di persone che a piedi o a nuoto entrano in massa a Ceuta e Melilla, inseguite e catturate da militari dell’esercito spagnolo. Secondo le interpretazioni più affidabili, si tratterebbe di una mossa appositamente studiata dal regime marocchino per mettere pressione alla Spagna, colpevole di aver accolto nei suoi ospedali Brahim Ghali, uno dei leader del Fronte Polisario per la liberazione del Sahara Occidentale, malato di Covid. Come in tanti altri casi, la responsabilità è attribuita al Marocco, colpevole di “giocare sulla pelle” delle persone. La condanna è più che condivisibile. Muhammad VI, come Erdogan o al-Sisi, Tebboune in Algeria, Hemetti in Sudan sono dei criminali che utilizzano le migrazioni, o meglio il loro controllo funzionale alla sicurezza europea, per rafforzare il potere autoritario. E tuttavia, a ben guardare, in questo racconto c’è molto che non torna. Proprio come nel caso dell’occupazione israeliana in Palestina siamo di fronte a delle narrazioni incomplete, mistificanti, volte ad attribuire le responsabilità a una sola parte, liberandosi delle proprie. ll processo, del resto, è molto più facile quando si tratta di spolverare il lessico dei pregiudizi antiarabi e/o islamofobi. Le cronache mediatiche non sono neutrali, si concentrano solo quello che attira l’attenzione dell’opinione pubblica e sono il riflesso – anche inconscio – degli interessi e delle preferenze di chi ha il potere di parlare. Per esempio, a nessuno/a viene in mente di interrogarsi sull’esistenza stessa di un “territorio europeo” nel mezzo del continente africano. Così come nessuno.a va a vedere quanti soldi sono stati stanziati da Spagna e EU per aumentare l’altezza delle recinzioni o l’installazione di filo spinato illegale dal lato marocchino, per “proteggere” due sputi di terra europea[2]. Ancora una volta, non si tratta di seguire la propria agenda nazionalista del makhzen[3] marocchino sempre pronto a negoziare con i colonizzatori europei le rivendicazioni territoriali (Ceuta e Melilla) in cambio di un riconoscimento dell’occupazione territoriale (Sud Sahara). Del resto, a chi si sbalordisce dell’assalto a Ceuta non viene in mente di andarsi a vedere quante persone sono morte in mare cercando di raggiungere le isole Canarie, attraverso una rotta molto più lunga e pericolosa, di quella mediterranea[4]. Così come chi si commuove “per il salvataggio del neonato” non interessa parlare delle 12.725 lavoratrici stagionali vittime di sfruttamento, violenze, stupri, soprusi e furti che quest’anno sono arrivate in Spagna per raccogliere le fragole. Eppure, sono quattro mila persone in più rispetto a quelle giunte negli scorsi giorni?!
Comunque sia, il problema pare non sussista più : quasi tutte le persone arrivate a Ceuta e Melilla sono state rimpatriate con procedure illegali, perché immediate e collettive, possibili solo grazie a precedenti accordi siglati con “il cattivo” regime marocchino. Molti di loro sono ritornati nella città di Fnideq (nella rivoltosa regione del Rif) dove continueranno a vivere di stenti, accentuati dalla pandemia, la rigida chiusura della frontiera e il calo del commercio, che l’informazione chiama “contrabbando”, con l’adiacente Ceuta. Tra l’altro, sempre a proposito di storie, tra le persone espulse c’erano anche 40 yemeniti vittime di una guerra ipocritamente utilizzata per condannare la barbarie, o piuttosto l’alterità di statuto, dei sauditi e loro alleati (tra cui il Marocco). Quanto ai minori, più di 400, divisi in due gruppi sono accampati in delle aree trasformate in campi di detenzione[5]. Dopo “la crisi” pare che le cose stiano tornando alla normalità dei ruoli: il regime marocchino gendarme d’Europa; Spagna e UE pronti a stringere accordi in soldi, armi e sostegno internazionale. La chiamano cooperazione, o qualcosa del genere. Perché in fondo questa situazione interessa ad ambedue i partner. Al regime marocchino preme il riconoscimento dell’occupazione nel Sahara occidentale e il silenzio sulla repressione (due giornalisti sono in fin di vita in carcere in sciopero della fame, i militanti del Rif sono in carcere) e la miseria interna anche per continuare a mostrarsi ai turisti occidentali come paese sicuro e quieto rispetto al resto della regione. L’Unione Europea vuole che le persone migranti restino il più lontano possibile da frontiere “esterne” che oramai pare si siano spostate nel Sahel. Per tutto il resto sarà sufficiente mostrare qualche foto strappalacrime simbolo di quel suprematismo culturale che occulta e riscrive, dunque legittima, il colonialismo. D’altro canto, il progetto sionista in Palestina, così come nel Sud Sahara e altrove nel mondo dove
esiste apartheid e occupazione, non ha sempre previsto “l’eliminazione concettuale” dei/delle palestinesi (anche quando vengono chiamati/e arabs) prima ancora della distruzione di terre, case e vite umane?
[1] Le parole sono di Albert Memmi, intellettuale tunisino di origine italiana da parte del padre appartenente alla comunità ebraica italiana di Tunisia.
[2] https://hurriya.noblogs.org/post/2019/11/18/tra-marocco-e-spagna-nuove-recinzioni-e-provvedimenti-repressivi-contro-chi-migra/
[3] Questo termine è utilizzato per indicare il “sistema” fatto di vicini, nobili, militari, imprenditori ed establishment legati al re.
[4] Da gennaio più di 4.300 migranti e rifugiati, compresi bambini, sono arrivati sulle isole Canarie. Decine sono le persone morte o disperse.
[5] https://www.infomigrants.net/en/post/32516/spain-transfers-200-moroccan-children-from-ceuta?preview=1622030602457