Fonte: Passamontagna
Da venerdì 14 Maggio, centinaia di persone hanno attraversato il campeggio contro le frontiere a Claviere.
Siamo ancora qui dopo dieci giorni, il campeggio si è trasformato in un presidio resistente.
La frontiera e le sue guardie non si muovono certo nell’ombra, la militarizzazione di queste montagne è ben visibile dal luogo in cui ci troviamo. Agenti della gendarmeria e della PAF (Police aux frontiéres), appostati con i loro binocoli e i loro apparecchi fotografici, calpestano giorno e notte i sentieri delle montagne che ci circondano dove ultimamente anche gli impianti del turismo sono inattivi o semideserti. Di giorno, le sagome nere delle guardie spuntano dai boschi e si muovono a piedi, in bicicletta o in 4×4 controllando il territorio, di sera i loro fari illuminano i pendii rendendo difficile l’attraversamento. Nonostante i sistemi di controllo siano elaborati (l’equipaggiamento della polizia di frontiera comprende anche telecamere e visori notturni…), questa linea invisibile viene bucata costantemente.
La frontiera è il luogo in cui si intrecciano storie di resistenza. Ogni sera sentiamo i racconti di chi ha già attraversato numerose linee di confine dai Balcani a Lampedusa e si trova ora di fronte all’ennesima barriera ma decide ancora una volta di autodeterminarsi e continuare.
Durante questa settimana siamo stat* testimoni di un crescente uso della violenza da parte delle guardie francesi.
Ci è stato riferito da persone respinte una notte di essere state colpite con una pietra da un agente nel tentativo coatto di arrestare la loro fuga.
Un’altra persona ha riportato lesioni dovute ai colpi del manganello di una guardia in agguato nel buio proprio all’inizio del sentiero, oltrepassato il confine. Storie di questo tipo non sono nuove; furti, pestaggi e intimidazioni si sono verificati numerose volte tra i sentieri e la caserma della PAF a Monginevro.
Siamo qui e qui resteremo perché queste violenze non possono rimanere invisibili.
La frontiera è ovunque, su queste montagne come nei Balcani, a Ventimiglia, a Calais; sia nei confini interni all’Europa che in quelli esterni come in Libia, in Turchia, e nel Mar Mediterraneo le varie polizie e sistemi di controllo statali continuano a reprimere, ucidere e rinchiudere le persone. La frontiera è ovunque, in tutte le città o strade dove la polizia fa controlli mirati alle persone considerate immigrate, dove si esprime la violenza e l’intolleranza fascista e razzista. Come la settimana scorsa a Ventimiglia dove un ragazzo chiamato Musa Balde è stato massacrato di botte da 3 fasci schifosi, e dopo 10 giorni di ospedalizzazione è stato direttamente rinchiuso nel CPR di Torino dove è morto tra il 22 e il 23 maggio in circostanze ancora poco chiare.
Contro tutte le frontiere e la loro violenza mobilitiamoci in ogni luogo, agiamo contro queste politiche razziste e assassine.
Sappiamo che finché la linea di frontiera esisterà, il terreno su cui si trova sarà luogo di lotta. E noi saremo sempre complici con chi la attraversa.
Il presidio dove ci organizziamo ospita ora di fatto una zona libera e autogestita da tutte le persone che la attraversano.
Vogliamo costruire molto di più. Ci stiamo riorganizzando e per farlo chiamiamo all’appello tutte le soggettività e le realtà resistenti contro la militarizzazione di valli e montagne, contro tutte le frontiere e gli stati che le necessitano.