I fatti di Budapest dell’anno scorso e la conseguente pesante repressione che ha colpito le e gli antifascisti in Ungheria e fuori, hanno aperto una finestra sull’antifascismo un po’ più a est dei nostri abituali orizzonti. Vogliamo quindi provare a condividere quello che succede a Sofia e in Bulgaria; dove la situazione è per molti versi simile a quella ungherese, e al contempo strettamente legata a dinamiche europee.
Il cane da guardia della frontiera orientale
Anche in Bulgaria l’estrema destra è più in forze che mai. Per partire da un episodio recente, nel marzo di quest’anno, il politico Angel Dzhambaski (del partito europeo dei conservatori e riformisti, di cui fa parte anche Fratelli d’Italia), ha inaugurato la campagna per le elezioni europee facendo circolare il video di una rissa tra ragazzini presentata come “immigrati clandestini che picchiano giovani bulgari” (1). Altri video fuori contesto e notizie manipolate (senza nessuna conferma del fatto che si trattasse di tensioni razziali) hanno fatto partire una feroce propaganda anti-immigrazione che è riuscita a dominare il discorso politico per mesi. Diverse manifestazioni razziste sono state organizzate nel centro di Sofia e in un quartiere periferico dove si trova un centro d’accoglienza. I cortei erano a nome di organizzazioni giovanili, ma abbiamo visto sfilare i neonazi e gli ultrà delle curve in testa, mentre gli interventi al microfono erano di politici locali e figure note. In un caso, l’organizzatore era l’ex candidato sindaco del maggior partito politico bulgaro. Contemporaneamente abbiamo dovuto far fronte ad un’ondata di aggressioni razziste quotidiane, spesso per mano di giovanissimi, contro chiunque fosse più scuro della media e parlasse altre lingue. Il controllo dell’immigrazione è stato l’argomento condiviso da ogni partito e intorno al quale si sono svolte sia le elezioni europee, sia quelle per il parlamento bulgaro, svoltesi a luglio e che si ripeteranno il 27 e 28 ottobre (le settime in soli 3 anni).
Tutto ciò avviene nonostante il paese accolga un numero bassissimo di immigrati, che perlopiù si ritrovano sulla rotta balcanica per entrare nell'”Europa quella vera”, o che vengono deportati in Bulgaria da altri paesi europei per gli accordi di Dublino. In tante e tanti restano intrappolati qui con scarsissime possibilità di regolarizzazione e finiscono per lavorare ipersfruttati e segregati.
La maggior parte però viene fermata al confine stesso, visto che la Bulgaria ha fedelmente adottato il ruolo del cane da guardia della frontiera orientale conferitole dall’EU. La brutalità poliziesca, ereditata dalla tradizione comunista, gode di totale impunità quando si esercita sulla pelle dello “straniero”. Le istituzioni locali ed europee (impersonate da polizia di frontiera e Frontex) sono responsabili dei respingimenti di massa alle frontiere, delle persone lasciate morire nelle foreste ai confini con la Serbia e la Turchia, delle torture nei centri di accoglienza e in quelli di detenzione. Delle deportazioni costanti e spesso illegittime, soprattutto di rifugiati politici curdi ricercati dalla polizia di Erdogan. Basta guardare ai termini imposti dall’EU per il recentissimo ingresso nell’area Schengen: ora i turisti hanno un ingresso facilitato negli aeroporti, mentre le frontiere terrestri non solo rimangono, ma sono state ulteriormente rinforzate con un aumento delle unità di Frontex.
Stiamo assistendo al copia-incolla in stile balcanico di uno schema già rodato in occidente: la creazione dell’immagine dell’immigrato come nemico e come minaccia (per la sicurezza, ma anche per l’identità stessa dell’europeo bianco), prima ancora che l’immigrazione diventi un fattore sociale. Da un lato, la gestione dell’immigrazione è il pretesto costante per togliere fondi al welfare e destinarli alla militarizzazione delle frontiere. Dall’altro, ogni tentativo di costruire solidarietà e lotte comuni viene ostacolata sul nascere per non doverlo combattere in seguito.
Nazionalismo post-comunista
Pur predicando “l’ospitalità come valore tradizionale”, la società bulgara odierna è in realtà fortemente xenofoba e razzista. La formazione dello Stato nazionale e l’ideologia nazionalista dell’inizio del XX secolo hanno trovato la loro continuazione nel nazionalismo di tipo sovietico, promosso alla fine degli anni ’70 e negli anni ’80, per arrivare al discorso ultranazionalista esploso dopo il 1989, quando il nazismo è stato riabilitato nei paesi post-comunisti. Dato che la Bulgaria è stata globalizzata solo a livello finanziario, mentre socialmente è piuttosto omogenea, monolingue e monoculturale (grazie all’assimilazione forzata della minoranza turca e alla segregazione di quella rom), la minaccia dello “straniero” è solo virtuale, eppure necessaria per adattarsi alle linee guida europee e creare la sensazione di emergenza utile a mantenere il controllo. Uno degli esempi più brutalmente folkloristici sono i “cacciatori di immigrati” (2), un gruppo autorganizzato e armato attivo dal 2016, il cui capo è diventato una celebrità pattugliando per anni il confine con la Turchia in coordinamento con la polizia di frontiera (anche se non ufficialmente) e postando le foto delle sue prede sui social. Eppure il popolo bulgaro sa cosa significa emigrare: sono più di due milioni le e i Bulgari che vivono all’estero, emigrati soprattutto dagli anni ’90 in poi, a fronte di una popolazione di poco più di sei milioni di persone. Quasi tutte le famiglie contano membri lontani e difficili storie di diaspora, che non impediscono comunque alla propaganda anti-immigrati di negare ogni possibile immedesimazione differenziando nettamente i nostri dai loro. Niente di nuovo.
L’antifascismo e la politica
Anche i movimenti antifascisti hanno avuto una storia diversa da quella dell’altra parte della cortina di ferro. Dopo il fervore dei primi due decenni del ventesimo secolo, quando i circoli anarchici e comunisti prendevano attivamente parte alla vita politica, arrivò un’ondata di repressione fascista che si concluse con l’adesione del paese all’Asse. Nel 1944 l’Armata Rossa invase la Bulgaria, liberandola dal governo fascista e imponendo un regime di stampo bolscevico che si impadronì del termine antifascismo, mandando nelle galere e nei lager chiunque non seguisse la linea del partito. Ogni tipo di mobilitazione cittadina e di resistenza, alternativa a quella imposta dal regime, venne criminalizzata e la tradizione è stata parzialmente risuscitata solo dopo il 1990. Per il resto, la politicizzazione forzata, imposta dall’alto e subordinata totalmente alla propaganda sovietica, ha creato in gran parte della popolazione quella sensazione di ripudio della politica percepibile fino ad oggi.
In questo contesto, l’antifascismo non solo non è una posizione condivisa, ma viene spesso paragonato al fascismo (nell’ottica dei due estremi che si equiparano). L’esperienza dei sindacati fuori dalle strutture statali è piuttosto limitata e le ONG e le associazioni della cosiddetta società civile liberale non vengono dal basso. Nella maggior parte dei casi dipendono da finanziamenti pubblici (perlopiù europei) ed alcune sono delle vere e proprie lobby come “America for Bulgaria”. A livello di partiti, i confini tra destra e sinistra si stanno sciogliendo ancor di più che nella politica europea. Il partito socialista rappresenta oggi la sinistra dei valori tradizionali (patriarcali, etnonazionalisti e religiosi), mentre il cosiddetto centrodestra vi oppone un finto progressismo liberale ed europeista. Nell’ultima composizione del parlamento erano presenti anche due partiti di estrema destra, entrambi filorussi e nazionalisti allo stesso tempo (3). Uno gioca la carta della nostalgia del regime “comunista” e del legame storico tra la Bulgaria e la Russia (la figura della Russia come il grande fratello che libera il paese dai suoi oppressori, esistente dall’epoca della liberazione dall’Impero Ottomano). L’altro cerca una legittimazione attraverso l’eroicizzazione del popolo bulgaro, usando l’immaginario medievale mentre funziona come una classica struttura mafiosa immischiata nel traffico di armi.
Per quanto riguarda i neonazi veri e propri – con alcune particolarità dovute alla posizione geopolitica e la storia recente – in generale i neonazisti bulgari hanno adottato il nuovo volto dell’estremismo di destra di tutto il mondo: quello dei movimenti identitari, della supremazia bianca, dell’etno-nazionalismo. Anche qui il fascismo di strada risponde a quello istituzionale che lo ispira e lo avalla, indipendentemente dal governo al potere.
Il gender distruggerà la Bulgaria
I neonazi si dedicano attivamente anche alla propaganda e alle azioni omofobe e transfobiche. Le aggressioni alle persone queer sono frequenti, gli spazi sicuri sono pochi e alle volte devono essere fisicamente difesi. Gli attacchi agli eventi e agli spazi lgbtq+ sono promossi da personalità note (4), mentre il Sofia Pride viene attaccato da contro-manifestazioni dei difensori della famiglia tradizionale accompagnati dai preti. Si organizzano imboscate a piccoli gruppi di persone spesso giovanissime e provocazioni aperte a eventi e cortei femministi. E come accade sull’immigrazione, la linea dell’omo-transfobia è dettata dai governi di ogni colore. L’ultimo governo durato appena qualche mese è riuscito ad approvare, ad agosto, la cosiddetta legge anti-lgbt (5). Un decreto che vieta qualsiasi “propaganda gender” nelle scuole, così come l’accesso alle procedure e alle cure mediche relative alla riassegnazione del genere. Proposto dall’estrema destra ma approvato con una larga maggioranza, con plauso dei partiti europeisti e nonostante le grandi proteste di piazza, che perlomeno sono sintomo di un movimento queer vivo e in crescita.
I neonazi tra le palestre e le scuole
Ricapitolando: in nome dell’anticomunismo, del patriottismo e della conservazione dei valori patriarcali tradizionali, le organizzazioni neonaziste e neofasciste a lungo tollerate dallo stato ora fioriscono. Ci sono quelle attive dagli anni ’90, i cui capi sono noti per la gestione delle folle negli stadi, per lo spaccio di droga e per fare il “lavoro sporco” per chiunque sia al potere (ad esempio, quando c’è un’ondata di proteste e malcontento e la gente si raduna nelle strade, loro sono i “provocatori” che scatenano la violenza). E ci sono le nuove organizzazioni giovanili, in cui sia i partiti come VMRO (di cui fa parte il sopracitato Dzhambaski) che le organizzazioni extra-istituzionali come la BNS-Unione Nazionale Bulgara- investono molto. Questi cercano al contempo un cambio generazionale e nuovi modi di coprire i loro traffici mafiosi: aprono palestre per sport da combattimento e arti marziali, registrano ONG, spendono in comunicazione (adesivi e poster ovunque, video, social media, conferenze nelle scuole).
Così facendo raccolgono con successo la rabbia dei giovanissimi, offrendo un’identità e un senso di appartenenza con l’appeal dell’estetica squadrista. Del resto, non c’è da stupirsi: dopo il lockdown del periodo covid, la guerra in Ucraina e l’inflazione brutale, la vita quotidiana è diventata sempre più costosa e il paese sempre più deserto. Chi rimane si concentra nelle poche grandi città, il livello dei servizi per l’istruzione e del sistema sanitario si abbassa e la fiducia, non solo nelle istituzioni ma anche negli altri e nella comunità, è al minimo. Da qui all’Europa si guarda come una promessa fallita, che ha portato il paese a diventare bacino di manodopera a basso costo, discarica di rifiuti occidentali e muro di cinta anti-immigrati. Da un lato, questo vissuto dona alla società una dose di cinismo e di realismo che toglie di mezzo una buona parte di fastidiosi sinceri democratici. Dall’altro però, l’amarezza e la mancanza di speranze ci toglie anche tante compagn, e nutre invece le schiere dei neonazisti.
E noi?
Al corteo antirazzista (6) organizzato ad aprile in risposta alla propaganda anti-immigrazione, nonostante l’invito aperto e la sensazione condivisa di urgenza, la società civile si è tenuta alla larga, per non rischiare di essere associata agli e alle antifasciste e temendo provocazioni dei neonazi. Così come tutti i cortei pro-Palestina sono stati fortemente ostacolati o limitati, nel tentativo di silenziare la comunità palestinese e impedire la formazione di legami con altre lotte.
Da 13 anni ogni febbraio scendiamo comunque in strada con un corteo antifascista (7), in risposta alla marcia neonazista organizzata nello stesso periodo. Come a Budapest, anche a Sofia i neonazisti e i neofascisti di tutta Europa si riuniscono per un appuntamento annuale, in commemorazione della morte del generale fascista ed ex-ministro della guerra Hristo Lukov (8). Dopo anni di proteste e di azioni dirette, la “Lukovmarsh” ora è formalmente vietata dal comune di Sofia. Di conseguenza i gruppi di neonazisti internazionali sono meno interessati a venire, ma ciò non impedisce ai neonazi bulgari di riunirsi e marciare comunque scortati dalla polizia, con cui si confondono.
In un paese piccolo a volte le dinamiche di repressione e le gerarchie di potere sono più facili da individuare. A noi è sempre più chiaro che i neonazi che dominano i nostri quartieri non sono più pericolosi dei politici liberali che si alternano a fagocitare fondi europei per incentivare mega progetti di devastazione dell’ambiente e alimentare l’industria delle armi, al servizio tanto dell’UE e della NATO quanto di Putin ed Erdogan (come dimostra ad esempio la costruzione del gasdotto TurkStream) (9). Perciò lottare contro ogni forma di fascismo, qui come ovunque, non significa soltanto contrastare la glorificazione neonazista nel giorno della loro nostalgica fiaccolata. Significa anche sostenere quotidianamente chi lotta alle frontiere e nelle prigioni, per la libertà di movimento e contro le deportazioni. Per questo dall’inizio dell’estate abbiamo partecipato a vari presidi in solidarietà ad Abdulrahman Al-Khalidi, prigioniero politico in sciopero della fame, detenuto nel CPR di Sofia e minacciato di estradizione in Arabia Saudita (10), e in solidarietà alle e ai detenuti immigrati in lotta nei centri di deportazione.
Vogliamo praticare un antifascismo antirazzista e antisessista quotidiano, fatto di mutuo supporto e di relazioni. Costruire, sviluppare e difendere i nostri spazi liberi e indipendenti. Stare al fianco della comunità palestinese e di quella curda in resistenza. Provare ad ampliare sempre di più le nostre reti, nei Balcani e altrove.
Buttare uno sguardo più a est può servire a constatare gli effetti delle brutali politiche di repressione e controllo del movimento delle persone, di devastazione dell’ambiente e di miseria sociale in gran parte dettate dall’UE e da secoli di colonialismo economico, lontano dagli occhi e dal cuore dell’occidente.
Fuori i nazisti dalle nostre strade!
1-Antifa Bulgaria: “Мигрантска криза” или евроизбори? “Мигрантска криза” или ротация?
2- Vigilante Keeps Hunting Migrants In Bulgaria And The Authorities Seem To Be Turning A Blind Eye
3-I partiti di estrema destra in parlamento sono “Vyzrazhdane”= rinascita e “Velichie”= grandezza
5- Bulgaria: approvata la legge anti-LGBT/ “Vietata la propaganda sull’identità gender nelle scuole
6- Migrant Solidarity Bulgaria
7-Antifa Bulgaria: No Nazis on our streets 2024
8- Il generale Hristo Lukov fu tra i personaggi più vicini alla Germania nazista e tra i più ferventi promotori dell’antisemitismo e delle deportazioni nei campi di sterminio. Venne ucciso nel ’43 dalla militante comunista ed ebrea Violeta Yakova.
9- Leaked documents reveal Kremlin control over Turkish Stream pipeline construction through Bulgaria
10- Migrant Solidarity Bulgaria / Bulgaria, violazioni dei diritti umani sui rifugiati