Belgio – Tentata espulsione di un giovane palestinese

Traduzione da: Getting the voice out

Domenica 13 ottobre 2024, un giovane di nazionalità palestinese ha subito un tentativo di deportazione all’aeroporto di Zaventem. Si tratta del secondo tentativo di espulsione in Albania. Al primo tentativo, l’Albania ha rifiutato la deportazione ed è stato riportato in Belgio.

Il giovane è arrivato in Belgio dopo un lungo viaggio, durante il quale ha attraversato molti Paesi (da Gaza, passando per Egitto, Turchia, Grecia e Albania). È stato bloccato all’aeroporto nell’aprile 2024 in arrivo con un volo dall’Albania. L’Ufficio Immigrazione (Office des étrageres) vuole rimandarlo in Albania, applicando la Convenzione di Chicago del 1944, che permette di espellere le persone che giungono sul territorio nazionale ma la cui domanda è stata respinta. In questo modo si permette di perpetrare violenze ed espulsioni forzate, nonché di rinchiudere le persone in un centro di detenzione per il solo fatto di essere entrate “illegalmente” nel Paese.

Il fatto che quest’uomo provenga da Gaza simboleggia ancora di più l’ipocrisia e il coinvolgimento del Belgio (e più in generale delle politiche migratorie europee) nel genocidio in atto a Gaza. In Belgio, come altrove, le persone che fuggono dalla violenza e dal genocidio non sono riconosciute come degne di protezione internazionale e di adeguata accoglienza.

Il giorno prima di essere espulso, il giovane si è ferito alla testa e ha dovuto essere visitato in ospedale. Tuttavia, non appena è tornato al centro, la sicurezza è venuta a prelevarlo dalla cella alle 4 del mattino per accompagnarlo all’aereo. Una volta in aeroporto, ha opposto resistenza all’espulsione ed è stato riportato nel centro chiuso 127bis. Il giovane è ancora minacciato di deportazione e di trattamenti discriminatori e umilianti da parte dell’Ufficio immigrazione, nonostante la sua situazione dovrebbe essere regolarizzata – come avviene per tutti i detenuti dei centri chiusi, indipendentemente dalla loro origine o dalla loro situazione personale e familiare. È in corso una nuova richiesta di protezione internazionale.

Una quindicina di persone provenienti da tutto il Belgio si sono recate domenica all’aeroporto per spiegare ai passeggeri del volo la situazione di questo giovane e il loro diritto di opporsi a questa espulsione forzata. Grazie a loro di essersi mobilitati.

Il nostro pensiero va al giovane palestinese detenuto nel centro e a tutti i suoi compagni di detenzione.

#Libertà di movimento e di insediamento per tutti.e

#Fuoco alle frontiere e al loro mondo

#Fuoco ai centri di detenzione e alle prigioni

#Palestina Libera

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Nuovi lager in Albania, vecchi lager in Italia

Da lunedì le prime 16 persone sono in viaggio, a bordo del pattugliatore Libra, deportate verso i centri in Albania. La notizia ha destato molte critiche, spesso ipocrite perché il governo italiano non ha fatto altro che riprodurre in Albania l’intero sistema integrato di selezione, gestione e detenzione delle persone immigrate, attivo da anni in Italia nell’accettazione generale: un centro di prima accoglienza/hotspot, dove identificare e selezionare, un centro dove attendere l’esito delle domande d’asilo, un CPR dove recludere chi riceve un diniego e infine un carcere per chi protesta.

Negli stessi giorni sono sbarcate in Italia più di 1.000 persone che si trovano ad affrontare lo stesso iter di controllo e repressione: segregazione negli hotspot di Lampedusa e Porto Empedocle, CPR come quello di Trapani, dove sono state direttamente recluse 22 persone sbarcate a Marsala, e infine le carceri per chi viene accusato di essere uno scafista e per le persone ritornate in Italia dopo un decreto di espulsione.
Fonte.

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Milano 17 ottobre – Presidio in solidarietà con Seif Bensouibat

Milano 17 ottobre – Tribunale civile di Milano

Nella Palestina occupata è in corso un genocidio

Sosteniamo Seif Bensouibat

 

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Legami tra sfruttamento e detenzione amministrativa: dalle lotte dei braccianti alle lotte nei CPR

fonte: Harraga

A due mesi dalla morte di Stato di Oussama Darkaoui nel CPR di Palazzo San Gervasio (Potenza) e mentre le promesse di nuove aperture (Marche e Trento) e di imminenti inaugurazioni (Albania e Torino) prendono spazio nell’informazione mainstream, la cassa di solidarietà la Lima ha chiamato un presidio per domenica 6 Ottobre 2024 sotto il lager della Basilicata. Il Cpr di Palazzo San Gervasio, tra i più tristemente famosi d’Italia e capofila negli spalti delle torture e violenze.

L’8 Ottobre si è tenuta, invece, una delle tante udienze di un processo che vede compagnx solidalx con le lotte dei reclusi come imputatx, nell’evidente futile tentativo di depotenziare non solo le lotte ma, sopratutto, la solidarietà.
Una diretta con una compagna ci riporta indietro alla memoria delle lotte che han portato alcunx compagnx – oggi imputatx – sotto quel CPR. Lotte che partono da altre lotte, e che – a loro volta – ne introducono altre, sottolineando la potenza di incontrarsi e riconoscersi, darsi tempo e occasioni per abitare spazi di analisi e costruzione di percorsi.
Ma la memoria del passato non si ferma al tempo che fu e ripercorrerla aiuta a muoversi nell’oggi. A un mese e mezzo dalla prevista riapertura del CPR di Torino – non per un “vano” ribellismo né per una retorica chiusa in sé stessa – cogliamo l’occasione di questa chiacchierata per ricordarci le connessioni tra le lotte contro il razzismo sistemico, la potenza dei reclusi in rivolta e l’ineluttabile necessità dei percorsi di solidarietà.

Che sia possibile ancora ribadire che i detenuti non sono vittime da salvare ma piuttosto complici da incontrare.

L’ultimo ventennio di lotte nel centri di detenzione amministrativa ci ha confermato che quei lager si chiudono da dentro e con le rivolte e non grazie a una supposta società civile di salvatori fuori: il CPR di via Corelli a Milano – forse unico caso di tentata chiusura da fuori – né è il migliore degli esempi.

Con un compagno della rete Campagne in Lotta abbiamo parlato della condizione di sfruttamento dei braccianti agricoli nelle campagne italiane, del costante ricatto del permesso di soggiorno e del ruolo della detenzione amministrativa come monito a chi decide di lottare e organizzarsi per condizioni di vita migliori.

Qui per ascoltare.

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Lamezia Terme – Protesta di chi è costretto nei centri di accoglienza dal razzismo di stato

Ieri, lunedì 7 ottobre, 60 richiedenti asilo di un centro di accoglienza a Lamezia Terme hanno protestato bloccando per 3 ore e mezza l’arteria principale della città. Esponendo vari cartelli hanno descritto la loro condizione, comune a quella di altri centri: attese infinite per essere chiamati dalle commissioni d’asilo, nessun documento, cibo pessimo, nessuna assistenza sanitaria, stanze sovraffollate dove vivono in 10, mancanza di acqua calda, 2 docce per 234 persone, nessuna possibilità di frequentare scuole o corsi di formazione. Su un altro cartello era scritto “Fermiamo i crimini”, perché criminali sono queste istituzioni razziste.

Da anni le proteste nei centri di accoglienza si susseguono numerosissime, e nel nuovo decreto sicurezza è previsto un aumento delle pene per chi alza la testa anche solo con la resistenza passiva, nelle varie strutture di accoglianza, così come nelle carceri e CPR.

[fonte]

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Egitto – Brevi aggiornamenti su Alaa AbdelFattah e sulla costante repressione nei confronti di chi lotta

Il 29 settembre Alaa AbdelFattah (un compagno egiziano incarcerato continuamente dal regime a partire dal 2013 perché considerato simbolo della rivoluzione del 2011) ha finito di scontare una pena di 5 anni di carcere. Alle procedure per chiedere la sua scarcerazione, il tribunale ha dato come data ultima di rilascio gennaio 2027, non prendendo così in considerazione i due anni di carcere preventivo che Alaa ha scontato in attesa della sentenza.
Dal 30 settembre Laila Soueif, docente universitaria a il Cairo e madre di Alaa, è entrata in sciopero della fame ad oltranza fino alla liberazione del figlio. Laila accusa le autorità egiziane di detenerlo illegalmente e quelle inglesi (Alaa ha doppia cittadinanza) di complicità con il regime perché non muove passi per la sua liberazione.

Il 7 ottobre 2024 a il Cairo 6 attiviste/i hanno fatto un presidio su uno dei ponti della città, in solidarietà alla resistenza palestinese e libanese dopo un anno di genocidio e bombardamenti.
Nonostante il clima di repressione e terrore che si vive da anni per le strade del paese, hanno comunque deciso con coraggio e determinazione di alzare le proprie voci, in mezzo a un silenzio agghiacciante. Le 6 persone sono state arrestate e sottoposte a sparizione forzata. Dal 2013 in Egitto è in vigore la legge antiprotesta che vieta qualsiasi tipo di assembramento o mobilitazione per le strade o altrove.

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Proteste ed evasioni dal CPR di Gradisca

Nel CPR di Gradisca d’Isonzo un fine settimana di lotta delle persone recluse: sabato, proteste con i reclusi saliti sui tetti, tentate evasioni e tre persone che sono riuscite a superare le mura e a riconquistare la libertà, nella notte tra sabato e domenica altre proteste e tentativi di fuga.

Intanto la sistemazione di 10 nuove camerate indica l’intenzione di aumentare la capienza del lager di altri 40 posti, 129 in totale.

[fonte]

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“Il problema è la polizia stessa”. Una dichiarazione della Bronx Anti-War Coalition

fonte: ilrovescio.info

Evasione tariffaria o scusa fatale? Dichiarazione sulla sparatoria di massa della polizia di New York nella metropolitana per 2,90 dollari

Ieri la polizia di New York ha sparato a Derell Mickles, un nero di Brooklyn, per il presunto “crimine” di aver saltato un tornello. Si tratta della seconda sparatoria della polizia di New York in sole 48 ore. In un panorama in cui le figure politiche democratiche hanno prontamente condannato i recenti tentativi di assassinio di Donald Trump, proclamando che “la violenza non ha posto in America”, ci chiediamo: dov’è questo sentimento quando si tratta della polizia di New York che spara a uomini neri?

Ancora una volta, lo Stato ha usato la vuota scusa dell’“evasione tariffaria” per giustificare un tentativo di assassinio di un uomo di Brooklyn. Non si tratta di un incidente isolato, ma di un modello di violenza statale che prende di mira la classe operaia in generale e i neri in particolare. Il sindaco Eric Adams ha scritto su Twitter, piuttosto ironicamente, definendo questa sparatoria un atto di “coraggio”. Solo nella nostra città orwelliana di crescente fascismo la vittima viene dipinta come il cattivo e l’aggressore come un “eroe”.

La libertà di movimento, come il trasporto pubblico, è un diritto, non un privilegio. L’MTA dovrebbe essere GRATUITA per tutti i newyorkesi. L’aumento della presenza della polizia nella nostra metropolitana non ci ha reso più sicuri. Al contrario, ha portato a una terribile sparatoria di massa in cui un agente di polizia ha sparato a quattro persone, tra cui l’uomo accusato di evasione tariffaria, due passanti innocenti e un altro agente. Tutto questo per una tariffa di 2,90 dollari, una tariffa che non dovrebbe esistere nella città più ricca degli Stati Uniti.

La normalizzazione della violenza di Stato, sia a Gaza che nelle strade di New York, ci ha desensibilizzato alla guerra in corso contro le comunità nere e colonizzate. Questo incidente è avvenuto a East New York, Brooklyn, dove la maggior parte delle persone su quel treno erano neri e marroni, considerati dall’establishment come usa e getta. È proprio questo contesto che permette alla polizia di New York, addestrata da Israele, e al sindaco Adams di cercare di mettere da parte questo incidente come un altro evento “normale”. Se questa sparatoria fosse avvenuta al di fuori del quartiere, non sarebbe stata liquidata così facilmente. Il clamore e la mobilitazione che un tempo seguivano tali atti di violenza sono svaniti. Dove sono le voci delle celebrità e degli influencer che un tempo proclamavano Black Lives Matter? Il silenzio è assordante. Eppure, in tutta la città, noi lavoratori del Bronx stiamo ascoltando e siamo pronti ad agire.

Invitiamo tutte le persone di coscienza a resistere a questa violenza autorizzata dallo Stato. La nostra resistenza non è un atto di aggressione, ma una risposta necessaria alla violenza imposta dallo Stato. Mentre i media probabilmente dipingeranno la nostra ribellione come violenta, le nostre azioni sono una difesa giustificata contro la brutalità della polizia che affrontiamo quotidianamente. Sappiamo che la polizia è il vero istigatore della violenza e il popolo deve porre fine a questa brutale occupazione.

Oltre a chiedere la gratuità dei trasporti pubblici per tutti, chiediamo l’immediato allontanamento di tutti gli agenti della Polizia di New York dalle nostre metropolitane, la proibizione delle armi per la Polizia di New York e il rilascio immediato e trasparente dei filmati delle telecamere. Mentre la Polizia di New York crea propaganda contro i manifestanti palestinesi con urgenza, non mostrerà mai la stessa urgenza di assumersi la responsabilità per le sue sparatorie di massa.

Le azioni della polizia di New York riflettono una guerra più ampia contro i neri, i poveri e coloro che si oppongono coraggiosamente alla violenza dello Stato fascista. Questa sparatoria nella metropolitana è un test di resistenza per la tolleranza dell’opinione pubblica nei confronti di una violenza poliziesca senza limiti. Se non resistiamo, se non ci ribelliamo, questa violenza non farà che aumentare, parallelamente all’escalation del genocidio contro il popolo palestinese a Gaza.

Questo incidente non è un’anomalia. È un evento frequente nelle comunità colonizzate, dal South Bronx a East New York, che sottolinea la corruzione radicata nella polizia. I vertici della polizia sono sotto inchiesta, ma il problema si è aggravato. Il problema è la polizia stessa.

A coloro che non sostengono l’MTA libera, diciamo questo: siete solo a favore del profitto e contro l’umanità. Uniamoci nella resistenza, chiediamo giustizia e lottiamo per un futuro in cui le risorse pubbliche siano al servizio del bene pubblico.

In solidarietà,

The Bronx Anti-War Coalition

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Torino – 1,2 e 3 novembre: tre giorni di discussioni e mobilitazione contro la riapertura del CPR di Corso Brunelleschi

fonte: nocprtorino.noblogs.org

TORINO / 1,2 e 3 Novembre 2024

PROGRAMMA GIORNATE

VENERDI 1 NOVEMBRE
ORE 16 CORTEO NEL QUARTIERE DI SAN PAOLO CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI
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SABATO 2 NOVEMBRE
DALLE ORE 1O ASSEMBLEA PRESSO IL CSOA GABRIO, Via Francesco Millio 42 Torino
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DOMENICA 3 NOVEMBRE
DALLE ORE 10 ASSEMBLEA (solo la mattina)
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Per info e ospitalità scrivere a: antirazzistxpiemonte[at]autistici.org
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Se primavera ed estate 2024 sono state scandite dal calore di proteste, scioperi, rivolte ed evasioni – soprattutto dentro le galere di in ogni parte del paese – non si può dire che la controparte non stia, di pari passo, affilando la sua lama, puntandola spietatamente contro poverx, migranti e ribelli nonché chiunque porta solidarietà e prova a opporsi e resistere. Gli strumenti legislativi a disposizione delle procure si stanno, infatti, rimpolpando di disegni e decreti legge criminogeni che mirano ad ampliare il ventaglio dei reati, intensificarne le pene e abbassare la soglia di punibilità.

Il ddl 1660, in corso di approvazione, rispecchia molto bene la realtà in cui ci vogliono costringere a vivere. Difatti, in maniera molto dettagliata e puntuale, va a colpire tutti gli ambiti dove negli ultimi anni sono state portate avanti le proteste e le lotte più incisive che hanno attraversato il paese, dai luoghi di detenzione (carcere e CPR) alle mobilitazioni contro il disastro climatico.

D’altronde non servirebbe uno degli ultimi omicidi – in ordine temporale, e tra i più noti, che da decenni accadono nelle campagne italiane – di Satnam Singh a ricordarci che la linea del colore e l’oppressione di classe segnano indelebilmente il destino all’interno delle dinamiche di sfruttamento della forza lavoro. O l’assassinio di Oussama Darkaoui nel CPR di Palazzo San Gervasio a ribadire, ancora una volta, come le galere amministrative assolvano quotidianamente a uno dei loro compiti principali: terrorizzare i/le liberx senza documenti europei – resx clandestinx dalle leggi – affinché non osino lottare, autodeterminarsi ed esistere fuori dagli schemi della paura e del dominio.

Eppure, questa calda estate ci ha dimostrato che davanti alla brutale ingiustizia e violenza agita dallo Stato, non è solo la paura a dominare gli animi. Da Nord a Sud le proteste hanno scaldato i centri di detenzione – sia penale che amministrativi, ad ogni latitudine e per mano di ogni età. Fuori da quelle mura, solidali e complici han cercato le proprie strade per mostrare supporto, tessere legami, far circolare le notizie, rendersi tasselli di comunicazione, affiancando chi ha deciso di parlare per sé attraverso rivolte e proteste. Continua a leggere

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Domenica 6 ottobre – Presidio davanti al CPR di Palazzo San Gervasio in solidarietà ai reclusi

Riceviamo e pubblichiamo.

Domenica 6 ottobre 2024 – ore 15:00

Presidio davanti al CPR di Palazzo San Gervasio in solidarietà ai reclusi

Quest’estate, anche nella provincia di Potenza, è stata una stagione di razzismo di stato, fuori e dentro le mura del Centro di espulsione.
Da una parte, ai lavoratori delle campagne è stata negata ogni possibilità di alloggio e tra sgomberi, tagli di acqua ed elettricità è stata resa ancora più dura l’intera stagione di lavoro.
Dall’altra parte del muro, nel CPR di Palazzo San Gervasio, solo le proteste sui tetti contro le condizioni di prigionia ed il cibo scaduto hanno interrotto il lungo filo di violenze che ha portato, il 5 agosto scorso, alla morte di Oussama Darkaoui, un giovane ragazzo ammazzato a seguito delle percosse ricevute, come raccontano i suoi compagni di prigionia.

Dopo la rivolta scatenata dalla rabbia per questa uccisione, è cominciato il processo di insabbiamento che ha riportato il CPR potentino a lavorare nel silenzio generale. Sin dalle prime ore, la direzione del centro ha fatto circolare la notizia di ricoveri ospedalieri per autolesionismo che avrebbero riguardato il ragazzo ucciso, così da orientare l’informazione mediatica su un possibile suicidio o una responsabilità da attribuire alla vittima stessa.
ll questore di Potenza, invece, ha stabilito il rilascio immediato di 14 prigionieri, dichiarando la necessità di allegerire il sovraffollamento del CPR.
È stato poi lo stesso ospedale a smentire qualsiasi ricovero e gli avvocati delle persone rilasciate in tutta fretta a descriverle come i testimoni di quanto accaduto a Oussama Darkaoui.

Martedì 8 ottobre, presso il tribunale di Potenza, si terrà l’ennesima udienza di un processo contro alcunx solidali che in passato hanno partecipato a manifestazioni fuori dal CPR di Palazzo San Gervasio, al fianco delle persone recluse. Continua a leggere

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