Chiamata a resistere al confine franco-italiano. Necessità di sostegno all’Ex Casa Cantoniera di Oulx

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci: hurriya [at] autistici.org

Chiamata a resistere al confine franco-italiano
Necessità di sostegno all’Ex Casa Cantoniera di Oulx

In un momento storico in cui la repressione è sempre più forte e la nostra capacità di azione sempre più limitata, sentiamo il bisogno di organizzarci meglio, cercando di ragionare insieme per reagire. Dalle lotte contro i CPR a quelle contro le retate, da quelle contro le deportazioni e il sistema di discriminazione e selezione delle persone, a quelle contro la repressione e il controllo dello stato e della polizia, la frontiera è ovunque. La condivisione di esperienze di lotta e metodi di azioni tra le diverse città e paesi è fondamentale.

Alla frontiera la situazione è in costante mutamento, ma sostanzialmente la stessa. La gente continua a cercare di attraversare queste montagne per raggiungere la Francia e altre parti d’Europa. La repressione della polizia è ancora presente e violenta. Di giorno, ai poliziotti piace vestirsi come escursionisti per fermare i migranti, di notte si nascondono nei boschi, spesso con binocoli termici e torce potenti, per sorprendere le persone che tentano di attraversare. Più volte hanno tirato fuori  le pistole minacciando di sparare alla gente se non si ferma.

E’ chiaro che la frontiera è un campo di addestramento per le forze di polizia e militari francesi per testare le loro tecnologie e tecniche repressive.

D’altro canto, aumentano l’alleanza e la cooperazione tra le forze di polizia italiane e francesi, così come la pressione su coloro che vogliono agire contro la follia delle frontiere.

Di fronte a tutto ciò, da diversi anni sono state messe in atto molte forme di solidarietà, resistenza e lotta. Luoghi di accoglienza e di lotta sono stati aperti nella regione di Briançon e nella Val di Susa. Le persone si stanno incontrando per cercare di rompere il sistema di controllo e selezione che è la frotiera (presenza in montagna, manifestazioni, blocchi, campeggi, Passamontagna, ecc….).

Tra questi luoghi, la Casa Cantoniera Occupata, spazio liberato a Oulx dopo lo sgombero del rifugio autogestito Chez Jésus a Claviere. Occupato a dicembre, è un luogo antirazzista, antisessista, antifascista, dove si combatte contro tutti gli autoritarismi, gli Stati, le loro frontere e le guardie che le controllano.  Oulx, crocevia obbligatorio sulla strada per la Francia, si trova a 10 km dal confine fisico. La Casa è un luogo autogestito per tutti coloro che vogliono organizzarsi contro il sistema delle frontiere, per chi vuole attraversarlo o distruggerlo.

Il rischio di sgombero rimane arbitrario, ma è sempre più presente. La casa è infatti una questione politica per le autorità italiane. Sorveglianza ed identificazione sono una quotidianità da parte della polizia italiana soprattutto alla stazione di Oulx, dove controlla i documenti di identità delle persone che passano il tempo alla Casa o che entrano in contatto con i migranti.

La stagione turistica estiva è alle porte, e sappiamo che gli interessi commerciali ed economici sono tra le priorità dell’ordine pubblico nella gestione delle frontiere. Non esiteranno quindi ad aumentare la repressione, a migliorare la sua logistica, a garantire che le miserie di una parte non ostacolino i privilegi di altri.

Qui, alla Casa Cantoniera occupata di Oulx, la lotta contro i confini è costante e continua, ma richiede sempre forze, idee ed energie aggiuntive.
Lanciamo un appello a tutti coloro che vogliono agire con noi ora e per tutta l’estate.
Al momento non siamo molto numerosx e ci sono molte cose da fare e a cui pensare.
Alla Casa, così come in altri luoghi di Briançon, c’è sempre spazio per dormire.
Se sai quando vuoi venire, faccelo sapere con un po’ di anticipo.
Non esitate a venire anche in gruppo e con la vostra auto: qui sono utili e preziose.
La comprensione del contesto  richiede tempo: è sempre meglio venire per almeno una o più settimane.

Nonostante tutte queste scintille, la frontiera non è ancora bruciata. Portate i vostri fiammiferi!

Per scrivere: info@passamontagna.info

Contro tutti gli Stati, tutte le frontiere e le divise che le proteggono.

APPEL A RESISTER A LA FRONTIERE FRANCO-ITALIENNE

Besoin de soutien à la Casa Cantoniera Occupata di Oulx Continua a leggere

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Torino – Inseguendo la chimera pt.5. Note a partire dall’operazione Scintilla

Fonte: Macerie

Dopo mesi concitati, nel tentativo di dare una degna risposta allo sgombero dell’Asilo e all’arresto di sei compagni e compagne, nel tentativo di mantenere viva la voglia di lottare in questa città, ci prendiamo ora il tempo di fare alcuni ragionamenti su questo teorema inquisitorio partorito dalla Questura, fatto proprio dalla Procura e avvallato da una GIP. Un teorema che per il momento non ha retto il primo impatto con il Tribunale del Riesame, dopo tre mesi sono infatti usciti dal carcere cinque compagni, ma che costringe ancora Silvia tra quelle mura e in condizioni di detenzione particolarmente afflittive.

A indagini ancora aperte vale la pena spendere sopra queste carte qualche parola, tra le altre cose perché contiene alcune indicazioni che sono il segno dei tempi su come costringere certi anarchici al silenzio, seppur non del tutto nuove. Già quindici anni fa infatti si poteva leggere in un libretto, dal titolo ‘L’anarchismo al bando’, di come le strategie repressive mirassero a “togliere agli anarchici ogni possibilità di agire in gruppi di più persone articolando anche alla luce del sole il loro intervento, proprio in quanto finalizzato all’insurrezione generalizzata”.

Questo lavoro di analisi uscirà a puntate, una alla settimana, che si concentreranno su alcune specificità dell’operazione Scintilla e della lotta contro i Centri di detenzione per immigrati. A scriverle sono alcuni compagni, alcuni imputati e indagati in quest’inchiesta, altri no, che nel corso degli anni si sono battuti contro la detenzione amministrativa.

Gli strumenti di lotta al vaglio

Si dirà forse una sacra banalità al cospetto dell’occhio avvezzo alle dinamiche repressive: le carte tribunalizie che reggono l’operazione Scintilla si basano su tesi che dicono tanto sulla visione del mondo degli inquirenti, nulla di decifrabile invece delle tensioni individuali, dei ragionameni discussi e degli strumenti utilizzati da tanti compagni e compagne che negli anni hanno ruotato intorno all’Asilo occupato.
Si correrà allora qui il rischio dell’ovvietà, valutandolo poco in confronto ad alcune considerazioni e pratiche che nelle lotte si sono impreziosite e che, arcane a qualunque sbirro di divisa o di toga, possano essere carpite solo da coloro i quali desiderano vedere distrutti gli assetti sociali che stanno alla base dell’oppressione.

Come scritto in precedenza, l’argomentazione accusatoria che dovrebbe reggere la tesi dell’associazione sovversiva (Articolo 270 Codice penale ottobre 1930) è basata sul monitoraggio della lotta contro i Cpr (furono Cie) dal 2015, ammettendo che la detenzione amministrativa è un dispositivo strategico dell’ordine democratico dello Stato, e che di conseguenza lottare contro questa significa sovvertire sostanzialmente una delle colonne che reggono la baracca. Parole di carta che nel loro essere esplicite, pane al pane e vino al vino, smontano senza rima le orpellose teorie sull’essenza della democrazia postulate dai cavalieri della costituzione italiana e dagli accademici internazionali della simbiosi sociale. E sebbene questo intercettare telefonate e chiacchiere da caffè da parte di solerti poliziotti politici avesse lo scopo principale di catturare quanto più possibile riguardo ai Cpr, giocoforza al vaglio delle indagini è passata una mole gigante di conversazioni, a volte amicali, a volte più strutturate, sul funzionamento della politica, sugli aneliti di rivolta, su teorie e analisi patrimonio del pensiero rivoluzionario degli ultimi due secoli, quest’ultimo interpretato (o per meglio dire, presentato) dai fini inquirenti come interamente farina del sacco di alcuni compagni, e non come un’eredità, certo vivificata nelle vite di tanti e tante, ma di certo non un’invenzione di sana pianta. Continua a leggere

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Francia – Sabato 22 giugno mobilitazione nazionale contro i rastrellamenti, i lager per migranti (CRA) e le frontiere

In Francia è stata lanciata una mobilitazione per manifestare in tutto il paese davanti ai CRA, i centri di detenzione per le persone immigrate, sabato 22 giugno.
Sono previste iniziative a Parigi, Rennes, Sète, Tolosa, Rouen, Marsiglia e in altre città dove hanno sede i 22 lager per migranti chiamati CRA.

Di seguito la traduzione della convocazione del presidio di Parigi.

Traduzione da: A bas les CRA

Presidio contro i rastrellamenti, i lager per migranti (CRA) e le frontiere, sabato 22 giugno alle 15, place de la Chapelle (Parigi)

Nel momento in cui il centro di detenzione per persone straniere di Saint-Jacques-de-la-Lande, vicino Rennes, vive la seconda rivolta collettiva da gennaio, scoppiata al momento di un’espulsione forzata in occasione di un volo segreto (una decina di detenuti hanno bruciato dei materassi, facendo diminuire di 15 posti la capienza del CRA), il collettivo di sostegno alle persone senza documenti di Rennes propone di manifestare simultaneamente contro tutti i centri di detenzioni amministrativa (CRA) di Francia, sabato 22 giugno. Questa data corrisponde anche all’anniversario dell’incendio del CRA di Vincennes nel 2008, conseguenza di una rivolta collettiva scoppiata in seguito alla morte di un detenuto. Poiché queste rivolte mandano in fumo dei posti nei CRA, rallentando la macchina delle espulsioni, noi rilanciamo l’appello a sostenerle. Continua a leggere

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Egitto – Morte per negligenza medica in carcere, misure cautelari e repressione

Il 17 giugno scorso, l’ex presidente Muhammad Morsi è morto di infarto mentre assisteva all’ennesimo processo che lo vedeva imputato. Morsi era malato da tempo, in isolamento da anni, molto di rado riusciva a ricevere qualche visita. Nelle sue stesse condizioni ci sono migliaia e migliaia di detenutx politicx e comuni. I rapporti di El-Nadeem Center da anni segnalano decine di casi di persone che ogni mese da anni muoiono per negligenza medica dietro le sbarre del regime amico di Italia e Unione Europea.

Così ieri (19 giugno) le famiglie delle persone rinchiuse nel carcere di Borg al-Arab prima di andare ai colloqui hanno chiamato la direzione carceraria per accertarsi di poter entrare, tuttavia una volta sul posto si sono viste rifiutata l’autorizzazione a visitare i detenuti politici.

Alaa Abdel Fattah, dopo aver scontato 5 anni di carcere si ritrova a doversi consegnare ogni giorno per 5 anni, al commissariato di appartenenza, per passare 12 ore della sua giornata (dalle 18:00 p.m alle 06:00 a.m) rinchiuso in una stanza in isolamento, dormendo per terra, totalmente isolato dal resto del mondo. Continua a leggere

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Claviere – Danneggiamento terreno da golf, contro ogni frontiera

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Domenica notte é stato danneggiato il campo da golf Internazionale tra Monginevro e Claviere, proprietà della Lavazza, con vernice e diserbante.
In solidarietà con Anna, Silvia, e tutt* le detenut*, che siano rinchius* in carcere, o nei CPR, e alle lotte di questo territorio.

Comunicato :

CONTRO OGNI FRONTIERA

Contro la Lavazza che devasta e profitta

Su un campo dove di giorno i ricchi giocano a golf

Mentre i migranti vengono inseguiti e respinti

Contro questa selezione che uccide

Contro ogni forma di reclusione

In solidarità ad Anna, Silvia e tutt* Le/i compagn* in sciopero della

fame.

Per la chiusura della sezione AS2 dell’Aquila

TUTTI e TUTTE LIBERE ! Continua a leggere

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Belgio – Rivolta nel centre fermé di Bruges: 14 persone messe in isolamento

Centre fermé Bruges

Venerdì scorso, 14 giugno, verso le 23 un gruppo di detenuti dell’ala B e C del centre fermé di Bruges si è rivoltato contro secondini e direzione.

Secondo quanto riportato dal blog Getting the Voice Out  la sera di venerdì una ventina di detenuti guardava una partita di calcio e aveva avuto l’autorizzazione della direttrice di poterla seguire fino alla fine. Nonostante questo, i secondini hanno deciso di impedirglielo. I detenuti hanno allora cominciato a protestare e la direzione ha subito chiamato la polizia. 20 robocops sono subito arrivati al centro e hanno arrestato e poi messo in isolamento 4 persone indicate dalla direzione come “capi”.

Due di loro, dopo 36 ore di isolamento sono stati trasferiti nel lager di Vottem.

Altre fonti parlano di 14 persone messe in isolamento durante tutta la serata. I compagni di cella non vogliono raccontare al telefono (o non hanno la possibilità di farlo) quello che è successo. Probabilmente sono stati messi sotto pressione dalla direzione.

Ancora una volta regna la censura e ciò rende impossibile sapere cosa succede in queste zone “senza diritto”. Continua a leggere

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Roma 20/06 @ BAM – Lavoro volontario? Accoglienza, detenzione, istruzione

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Perché un approfondimento sul lavoro volontario?

Come assemblea di Roma contro i CPR ci siamo interessate spesso al sistema dell’accoglienza, perché crediamo che CPR e centri di accoglienza – seppur con le dovute differenze che ci fanno distinguere una prigione da un centro dove le persone hanno orari rigidi ma possono entrare ed uscire – facciano parte di un unico sistema di gestione e controllo delle persone. Queste persone – fin dall’arrivo sulle coste italiane – sono identificate ed etichettate: nel caso in cui decidono di non fare richiesta d’asilo o non hanno i requisiti “giusti” per farlo, vengono portate direttamente nei CPR (Centri di Permanenza per i Rimpatri), dai quali possono essere deportate nei loro Paesi di origine oppure, in assenza di accordi bilaterali, liberate dopo mesi di prigionia con un foglio di via, che le costringe ad andarsene dall’Italia con le loro gambe o ad intraprendere una vita da irregolari. Coloro che fanno richiesta d’asilo vengono invece trasferitx in centri di seconda accoglienza, dove rimangono per anni in attesa di un documento valido. Proprio qui, in nome di una presunta integrazione nella società, negli ultimi anni ha fatto la sua comparsa il lavoro volontario.
Da questo punto di partenza abbiamo cominciato ad interrogarci su come e quando il lavoro non retribuito (nuova formula per chiamare la schiavitù) si è istituzionalizzato a livello legale e si è normalizzato nel senso comune.
Tenendo a mente che di fatto lo sfruttamento delle categorie marginalizzate e subalterne è radicato nella storia dell’umanità (basti pensare al lavoro domestico non retribuito) e fondamento del capitalismo. Continua a leggere

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La solidarietà si fa con la lotta! A fianco di chi vive nelle campagne foggiane: appello ai/alle solidali

fonte: Campagne in Lotta

Da anni, nella provincia di Foggia come nella Piana di Gioia Tauro, il protagonismo e la determinazione dei lavoratori e delle lavoratrici delle campagne hanno dato vita ad una lotta per documenti, case e contratti di lavoro. È una lotta auto-organizzata, contro lo sfruttamento e contro i confini che impediscono la libera circolazione delle persone, siano essi campi di lavoro, centri di accoglienza o documenti. Una lotta difficile, di fronte alla quale non possiamo stare a guardare. La Rete Campagne in Lotta nasce proprio per questo: dare solidarietà concreta a queste esperienze, sostenendo l’autorganizzazione come unica strada per la liberazione di tutti e tutte noi.

In Capitanata, il distretto attorno a Foggia, vivono migliaia di migranti, di cui gran parte sono impiegati nel lavoro agricolo. Abitano in casolari abbandonati, in accampamenti auto-costruiti senza acqua né luce, o in veri e propri campi di lavoro, voluti e controllati dalle istituzioni. Tra queste, molte sono le persone espulse o fuoriuscite dal sistema dell’accoglienza, che non hanno altre alternative. Lavorano nei campi di pomodoro e non solo, pagati-e a cottimo o comunque a giornata, per 20 o 30 euro al giorno, subendo continuamente ricatti e rischiando la vita ogni giorno, sul lavoro o nella strada per arrivarci. Le paghe sono altrettanto misere per le donne che lavorano negli accampamenti come lavoratrici del sesso o cucinando per i maschi, ma la loro condizione è ancora più precaria e stigmatizzata. Lo sfruttamento lavorativo e le condizioni di vita sono legate a doppio filo al loro status giuridico: non tutti e tutte hanno i documenti, molti e molte hanno permessi di soggiorno precari, e la questura compie su di loro abusi costanti. Tutto ciò rende le persone ancora più ricattabili, per il solo profitto della grande distribuzione organizzata che fa utili milionari con la produzione agricola. Continua a leggere

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Torino – Inseguendo la chimera pt.4

fonte: Macerie

NOTE A PARTIRE DALL’OPERAZIONE SCINTILLA

Dopo mesi concitati, nel tentativo di dare una degna risposta allo sgombero dell’Asilo e all’arresto di sei compagni e compagne, nel tentativo di mantenere viva la voglia di lottare in questa città, ci prendiamo ora il tempo di fare alcuni ragionamenti su questo teorema inquisitorio partorito dalla Questura, fatto proprio dalla Procura e avvallato da una GIP. Un teorema che per il momento non ha retto il primo impatto con il Tribunale del Riesame, dopo tre mesi sono infatti usciti dal carcere cinque compagni, ma che costringe ancora Silvia tra quelle mura e in condizioni di detenzione particolarmente afflittive.

A indagini ancora aperte vale la pena spendere sopra queste carte qualche parola, tra le altre cose perché contiene alcune indicazioni che sono il segno dei tempi su come costringere certi anarchici al silenzio, seppur non del tutto nuove. Già quindici anni fa infatti si poteva leggere in un libretto, dal titolo ‘L’anarchismo al bando’, di come le strategie repressive mirassero a “togliere agli anarchici ogni possibilità di agire in gruppi di più persone articolando anche alla luce del sole il loro intervento, proprio in quanto finalizzato all’insurrezione generalizzata”.

Questo lavoro di analisi uscirà a puntate, una alla settimana, che si concentreranno su alcune specificità dell’operazione Scintilla e della lotta contro i Centri di detenzione per immigrati. A scriverle sono alcuni compagni, alcuni imputati e indagati in quest’inchiesta, altri no, che nel corso degli anni si sono battuti contro la detenzione amministrativa.

Nelle strade, oltre le mura 

L’operazione giudiziaria del 7 febbraio si è articolata su due piani. Da un lato l’arresto di sei compagni nell’ambito dell’operazione Scintilla, dall’altro lo sgombero dell’Asilo.

Binari che non sono scorsi in parallelo. A livello mediatico, in buona parte, lo sgombero è stato giustificato dalle autorità cittadine, sindaca Appendino in testa, perché l’Asilo era un covo di sovversivi, nel tentativo di provare a far terra bruciata attorno ai compagni arrestati e a tutti quelli che frequentavano via Alessandria 12. A livello politico intrecciare i due piani è certamente stato d’aiuto nel giustificare un dispositivo militare mai visto per lo sgombero di un’occupazione: sia come numero di uomini e mezzi impiegati – parliamo di un centinaio di camionette al giorno che si sono turnate per i primi venti giorni, per poi continuare con numeri inferiori, ma comunque notevoli, per un altro mese abbondante-; sia per le modalità – il quartiere di Aurora ha subito una vera e propria occupazione militare, con strade chiuse e check point che per diverse settimane hanno stravolto la vita di tanti abitanti del quartiere, costringendoli a farsi identificare ogni volta che entravano e uscivano di casa-.

Di questo sgombero e dell’Asilo si è molto parlato nei giorni e nelle settimane successive. Ne hanno parlato in tanti, dai vertici cittadini dell’Amministrazione e della Questura ai pennivendoli della carta stampata e delle televisioni, dagli abitanti ai commercianti di Aurora. Fino ad arrivare a professori e studenti dell’Università e ai tanti solidali con cui abbiamo condiviso cortei, iniziative, assemblee e chiacchierate che con ritmo praticamente quotidiano si sono succeduti a partire dal 9 febbraio. Continua a leggere

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Roma – Sulla sezione maschile del CPR di Ponte Galeria

Dalle cronache di questi giorni risultano recluse almeno 8 persone nella sezione maschile del CPR di Ponte Galeria.
Sembra dunque che le dichiarazioni del governo si siano avverate.
Se così fosse, l’apertura della sezione maschile avrà effetti pesantissimi in città.
Mentre la sezione femminile, trattandosi dell’unica (a oggi) esistente in tutto il paese, reclude donne fermate nelle retate o uscite dalla prigionia nelle carceri di tutta la penisola, o appena sbarcate e non deportate durante il trattenimento negli Hotspot, l’inaugurazione della sezione maschile avrà effetti devastanti in tutto il centro italia.
Questa, infatti, si somma alla capienza detentiva dei centri di espulsione già in funzione, garantendo un importante punto strategico alla macchina delle deportazioni.

La sezione maschile di Ponte Galeria è stata chiusa e devastata dalla rivolta del dicembre 2015.
I lavori di ristrutturazione hanno riguardato la fortificazione e la differenziazione interna per evitare l’incontro tra tutta la popolazione reclusa. Purtroppo, presto saranno le voci delle persone recluse a raccontarci questa realtà e a confermarci o meno le ipotesi che abbiamo fatto leggendo dichiarazioni e documenti relativi al lungo periodo di lavori interni alla struttura.

Per ora ci fermiamo qui, convinti che nelle strade e tra quelle mura continueremo a trovare i nostri e le nostre complici nella lotta contro il sistema di esclusione e sfruttamento che le frontiere proteggono.

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