Nella più totale indifferenza il Cie di Trapani Milo sta tornando a lavorare a pieno regime. E sappiamo bene cosa produca il lavoro dei Cie: esclusione, marginalizzazione, segregazione e alla fine – in qualche caso – deportazione.
Nonostante la chiusura di numerosi Cie – ricordiamo che siamo passati da 13 a 5 centri aperti, grazie alle rivolte delle persone lì recluse, il Cie di Milo ha rappresentato una certezza nel mondo della carcerazione etnica nel 2014: diverse persone sono infatti state ivi recluse dopo essere state fermate nel corso delle retate (sempre pià frequenti nei quartieri, spesso militarizzati grazie alla presenza di pattuglie mista alpini-carabinieri) a Milano. Perugia ecc.
Tp24 riporta una statistica secondo la quale, nel corso di tutto il 2014, dal centro di espulsione sarebbero riusciti a fuggire soltanto una ventina di persone, a fronte degli oltre 700 allontanatisi nel corso dell’intero 2013.
Come raccontato qui nel corso del 2014 sono state diverse le rivolte nel centro che ha avuto anche una gestione travagliata: dopo il sollevamento del Consorzio Oasi – avvenuto per mano prefettizia nel 2013 – e l’affidamento diretto della gestione, ad aprile 2014, alla Croce Rossa da oggi la gestione del lager di Milo passa ufficialmente alla coooperativa Badia Grande che si è aggiudicata la gara di appalto con un’offerta al ribasso di 29 € pro capite giornaliera rispetto alla base d’asta di 40 €.
La cooperativa Badia Grande è salita alle cronache nel 2014 dopo l’arresto del suo padre-padrone Don Librizzi con l’accusa di aver molestato sessualmente alcune persone – migranti – in cambio del suo interesse per l’ottenimento del permesso di soggiorno (fonte)
Anche la nuova gestione usufruisce del criterio finanziario introdotto per “incentivare la gestione dei centri di accoglienza per immigrati”; si tratta in sostanza di una clausola – voluta dai gestori di questi centri e inserita nello “schema di capitolato d’appalto” dal Ministero dell’interno già a partire dal Novembre 2008 – per la quale nel caso le presenze dentro al Cie si riducessero al di sotto del 50% della capienza massima l’ente gestore percepirebbe comunque un rimborso calcolato sul 50% della capacità e non sul numero effettivo di presenze.
Questa clausola va analizzata tenendo presente che nel 2014 il Cie di Milo ha avuto una capienza media di 60 persone e che fra poco cominceranno i lavori di ristrutturazione che porteranno ad una riduzione della capacità detentiva della struttura.
Le parole del prefetto Falco non si prestano a frintendimenti «Ritengo importante l’inserimento di questa clausola perchè potrebbe garantire al soggetto gestore quella stabilità economica in grado di impedire un collasso nella gestione della struttura. Forse potremmo ritrovarci con qualche spesa in più, ma molto probabilmente avremo qualche problema in meno» (fonte).
L’applicazione generalizzata di questa clausola – presente ad esempio anche nel CSPA di Lampedusa, attualmente quasi vuoto – sarebbe quindi un tentativo di disinnescare le potenzialità delle rivolte che danneggiando le strutture e riducendone la capacità contenitiva hanno reso meno allettante il business della carcerazione amministrativa su base etnica.
Fare soldi speculando sulla pelle dei migranti non basta più; gli aguzzini sempre più chiedono garanzie per non fallire come è successo all’Oasi.