Riceviamo e pubblichiamo:
Ieri 11 aprile, un gruppo di solidali si è riunito in presidio di fronte alle mura del CIE di Ponte Galeria per sostenere le persone recluse, dopo le notizie degli ultimi giorni che raccontano l’ennesimo episodio di resistenza e repressione nel centro: di fronte ad un tentativo di deportazione in Tunisia alle 4 del mattino, un prigioniero, Mohammed, ha tentato di opporre resistenza tagliandosi le vene e ingerendo una lametta. Un gesto estremo, che ha messo a rischio la sua vita, per evitare di essere riportato con la forza nel paese dove lo aspetta il carcere e per protestare contro la macchina delle espulsioni che schiaccia le volontà dei singoli con la connivenza delle autorità implicate, italiane e dei paesi di origine dei reclusi (basti pensare che in questo caso era stata avanzata una richiesta di protezione internazionale).
Dopo essere stato lasciato per alcune ore senza alcuna forma di assistenza, disteso nel suo stesso sangue, finalmente qualcuno si è degnato di trasportarlo al pronto soccorso dell’ospedale San Camillo. Non per un atto di umanità ovviamente, ma solo grazie alla solidarietà degli altri reclusi che hanno spinto il personale del CIE ad intervenire e che, a seguito dell’episodio, hanno iniziato uno sciopero della fame. Mohammed è stato riportato dall’ospedale di nuovo al CIE ancora con la lametta nello stomaco e poi nuovamente al pronto soccorso dove ha subito un’operazione, mentre un piantone delle guardie non gli permetteva alcuna forma di comunicazione. Dubitiamo, ovviamente, della qualità dell’assistenza che ha ricevuto in un ospedale i cui medici non si sono fatti scrupoli a riconsegnarlo velocemente nelle gabbie del CIE senza preoccuparsi della sua salute. Ospedale, il San Camillo, tristemente noto per la sua collaborazione con la direzione del CIE con cui, evidentemente, collabora sulla pelle dei reclusi che vengono rimandati in fretta e furia al CIE senza le cure necessarie.
Proprio in queste ore Mohammed è stato riportato al CIE di Ponte Galeria e lo sciopero della fame dei reclusi sembra essere concluso.
La rabbia dei compagni di Mohammed è forte e ce l’hanno dimostrata durante il presidio, facendoci sentire urla e battiture, dando senso e forza alla nostra presenza lì, in un posto generalmente isolato dalla città ma, in occasione di una fiera commerciale, pieno di persone completamente indifferenti a quanto stava succedendo. Rabbia, la loro e la nostra, diventata ancor più forte dopo la notizia, arrivata dai reclusi, che due deportazioni verso la Tunisia erano effettivamente avvenute, con lo stesso volo su cui sarebbe dovuto salire Mohammed e che uno dei ragazzi deportati, una volta arrivato in Tunisia, è finito in ospedale dopo essere stato ferocemente picchiato dalla polizia italiana e tunisina. Rabbia, la loro, che ha anche spinto uno dei reclusi a cucirsi le labbra con il fil di ferro, come già accaduto in passato ad altri reclusi.
Solidarietà con i prigionieri e le prigioniere di Ponte Galeria
Contro tutti i CIE e contro tutte le frontiere