9/9 Brevi aggiornamenti dopo il presidio e le proteste di sabato:
In questi giorni c’è stata una maggiore comunicazione tra le persone recluse e una delle ragioni è come continuare insieme le proteste. Nella sezione femminile è iniziato uno sciopero della fame che vede coinvolte, in questo momento, 6 donne recluse. Nella sezione maschile, dopo le battiture e i materassi in fiamme di sabato, gli animi restano caldi.
Domenica scorsa, per eseguire un’espulsione in Perù, le forze dell’ordine hanno usato la mano dura davanti la resistenza di un recluso: un pestaggio davanti gli occhi di tutti ha permesso alle autorità di eseguire la deportazione.
Stamattina, una dozzina di guardie sono entrate in una cella per prendere un ragazzo richiedente asilo, al quale mancavano 3 giorni per uscire dal CIE. Al suo tentativo di resistenza, gli sbirri hanno risposto con le manganellate. Davanti questa ennesima violenza, alcuni reclusi sono intervenuti in difesa del loro compagno ma il ragazzo è stato comunque deportato in Africa.
Seguiranno aggiornamenti.
Riceviamo e pubblichiamo:
Sabato 5 settembre un centinaio di solidali sono tornati/e sotto le mura del CIE di Ponte Galeria. Il presidio, che ormai da un po’ di tempo di si svolge una volta al mese, è iniziato verso le 18,00 andando avanti per circa un paio di ore.
Sin dal primo pomeriggio, le persone recluse hanno portato avanti proteste vivaci attendendo l’inizio del presidio solidale. I detenuti della sezione maschile, una volta usciti nel cortile dopo il pranzo, hanno provato a resistere e restare fuori dalle celle per sentire meglio le urla, la musica e le parole che sarebbero arrivate dopo poche ore dal presidio all’esterno.
Come d’abitudine, di fronte al tentativo di resistenza dei ragazzi, le guardie sono arrivate con cani e manganelli ed hanno rinchiuso tutti nelle celle. Per rispondere a questo ennesimo sopruso, alcuni materassi sono andati in fiamme e dei fuochi sono stati accesi in alcuni cortili comunicati tra le celle.
Immediato l’intervento degli operatori di Acuarinto e delle forze dell’ordine che hanno spento le fiamme rivolgendo gli idranti anche contro le persone recluse.
A poco è servito questo ennesimo tentativo di isolamento e divisione tra dentro e fuori: una volta arrivati i solidali e montata l’amplificazione, le risposte da dentro si sono fatte sentire con urla e battiture. Per più di mezz’ora musica e interventi dal microfono aperto si sono susseguiti, insieme al lancio di petardi e di palline da tennis con messaggi di solidarietà e il numero di telefono contro le espulsioni. Anche questa volta le mura della struttura sono state oltrepassate!
Dopo un po’ di tempo i solidali si sono spostati verso la sezione femminile. Prima però è stato consegnato del cibo, come richiesto dai detenuti. Ricordiamo che un motivo ricorrente delle proteste dentro il CIE è proprio il cibo che viene passato, che è pessimo e a volte scaduto e marcio. Questa operazione è durata un po’ di tempo, perché le guardie davanti il cancello, come ogni volta, hanno dovuto chiamare gli operatori e seguire tutta una trafila burocratica per la consegna, invocando regolamenti che cambiano sempre in base alla situazione. Alla fine qualcuno/a è riuscito/a ad entrare, e sappiamo che il cibo è arrivato solo oggi.
Davanti al femminile si è ripetuto quello che era stato fatto al maschile, con musica interventi e lanci. La risposta delle ragazze è stata incredibile ed emozionante! Le grida “libertà, libertà” si univano ai cori del presidio, alle battiture fatte sia dentro che fuori, alla gioia e alla rabbia. Anche qui si è rimasti per più di mezz’ora.
Segnaliamo la presenza massiccia delle forze dell’ordine (quasi il doppio rispetto al solito) e l’atteggiamento molto provocatorio della Digos che è stata letteralmente attaccata ai manifestanti per quasi tutto il tempo, nonostante i numerosi “inviti” ad allontanarsi.
Questo è stato il primo presidio a Roma dopo un lungo agosto dove nei CIE di tutta Italia ci sono state proteste continue, e in tutta Europa, persone provenienti da ogni dove hanno sfidato le frontiere e la polizia che le difendeva. La cosiddetta “emergenza migranti” tanto sbandierata sui media è invece una lotta quotidiana di tanti e tante, ed è così che bisogna pensarla. L’Europa sta combattendo una “guerra di frontiera” che forse per numeri e dispositivi messi in campo non ha precedenti, almeno se consideriamo gli ultimi cinquanta anni. È necessario farsi trovare pronti perché in gioco ci sono le vite e la libertà di tutti e tutte.
Tornare sotto le mura dei CIE con intelligenza e rabbia, gioia e determinazione è sempre più importante.
Finché non verranno abbattute le frontiere e ogni galera.
Nemici e nemiche delle frontiere