Aggiornamenti dalla frontiera sud, tra Marocco e Spagna

Liberamente tradotto da : No Borders Morocco

ceuta2Ben prima dell’accordo tra UE e Turchia, su detenzione, respingimenti e deportazione dei migranti, una simile pratica va avanti da anni sulla frontiera sud del Mediterraneo, sul confine tra Spagna e Marocco. Ceuta e Melilla, le enclave spagnole in Africa, sono blindate da una doppia recinzione sormontata da filo spinato, massicciamente controllata dalla polizia su entrambi i lati. I migranti vengono respinti in mare, e chi riesce a passare viene detenuto. Tutto questo in base ad accordi tra UE, Spagna e Marocco, con quest’ultimo a svolgere la funzione di cane da guardia della Fortezza Europa. Sono continue in Marocco le retate della polizia contro i migranti, la distruzione e l’incendio degli accampamenti improvvisati, la deportazione di persone nel deserto meridionale.

Nei mesi di febbraio e marzo, ci sono stati numerosi tentativi di attraversare la frontiera tra Marocco e Spagna, sia via mare sia via terra, che hanno causato la morte in mare o la scomparsa di moltissime persone, mentre quelle che sopravvivevano venivano picchiate o ospedalizzate, incarcerate e deportate.

spagna2Già dal mese di febbraio, la chiusura delle frontiere nel nord del Marocco e la ricollocazione forzata dei migranti subsahariani verso il sud del paese hanno costretto le persone a correre maggiori rischi, scegliendo di percorrere la via delle isole Canarie, una rotta molto più lunga e in aperto oceano.

Nelle strade di Gibilterra la situazione non è migliore: le retate, in cerca di migranti senza documenti da espellere, si stanno intensificando a causa della collaborazione sempre più stretta tra Marocco e Spagna.

A Melilla, invece, i minori non accompagnati che sopravvivono dopo aver attraversato il confine o dopo essere fuggiti dal centro per minori, provano generalmente a lasciare la città su un traghetto. Lo fanno perché diffidano assolutamente di un sistema di protezione che li considera “nemici” o perlomeno “fastidiosi”, e che li perseguita anche in strada prendendoli a calci e manganellate ( video ). Oltre che dalla polizia, i minori sono vessati e criminalizzati da politici, media e da alcune bande di “residenti responsabili”, un altro modo per definire razzisti e fascisti.

ceuta

Cronologia degli avvenimenti degli ultimi mesi

1-3 febbraio. In vari tentativi, 57 persone riescono a sbarcare in Spagna, a Motril e Ceuta.

4 febbraio. Il salvataggio marittimo cerca due barche, con 41 e 53 persone a bordo, partite da 2 giorni dalla costa marocchina, verso le Canarie.

5 febbraio. A Ceuta 12 persone provano a superare le recinzioni: 4 riescono a scavalcare, due tra loro vengono ricoverate in ospedale a causa dei tagli causati dal terribile filo spinato chiamato “concertina”, concepito appositamente per provocare gravissime ferite.

6 febbraio. Circa 400 persone si sono riunite sotto lo slogan “fermare la guerra contro i migranti”, di fronte all’ambasciata spagnola a Rabat per protestare contro la politica in tema di immigrazione della Fortezza Europa, nel secondo anniversario della morte dei migranti a Tarajal. Era la prima volta che un evento di questa portata aveva luogo: i migranti di origine sahariana e di tutto il Marocco insieme hanno alzato la voce in pubblico, reclamando l’abbattimento del regime delle frontiere e la libertà di movimento.

7 febbraio. “Boza” (ossia il grido di vittoria di coloro che riescono a superare la frontiera, e le persone stesse che la attraversano) di 50 persone sull’isola di Gran Canaria, dopo 4 giorni in mare. Scomparsa una seconda barca con 59 persone di cui 8 corpi trovati il giorno dopo.
Nello stesso giorno: 12 persone raggiungono Tarifa,in Andalusia, mentre a Ceuta un’imbarcazione viene intercettata dalla polizia marocchina: 1 morto, 1 disperso e 5 persone in salvo.

8 febbraio. Ricerche per una barca partita dalla Mauritania verso Gran Canaria, con 28 persone a bordo. Nell’isola approdano altre 42 persone, tra loro 9 donne e 6 bambini, dopo 6 giorni in mare. 15 persone in ospedale, 2 in stato critico. Sette persone sono morte durante il viaggio, una delle persone salvate è morta in ospedale.

9 febbraio. Continuano le ricerche di 2 barche con decine di migranti in mare da diversi giorni, nella zona di Gran Canaria.

10 febbraio. Sospese le ricerche dell’imbarcazione con 28 persone a bordo, dirette a Gran Canaria.

13 febbraio. 12 persone riescono a sbarcare sulla spiaggia di Ceuta.

17 febbraio. 29 Boza, salvati dalla Croce Rossa di Ceuta, diverse persone in ospedale.

18 febbraio. Circa 100 persone attaccano la recinzione di Melilla: 10 sono respinte con violenza dalla polizia marocchina. Molte delle persone sono rimaste ferite e tutte sono state deportate a Tiznit, nel sud del Marocco, a più di 1100 km di distanza.
Boza di 12 persone a Ceuta e di 11 persone a Tarifa.

19 febbraio. Imbarcazione con 22 persone viene attaccata e respinta dalla polizia marocchina verso Tangeri, un ivoriano scomparso in mare.
A Melilla 3 boza nascosti in un’auto.

22 febbraio. 10 boza a Ceuta, 5 a Tarifa.

23 febbraio. A Tarifa, 3 barche, 28 boza.

29 febbraio. 7 respingimenti a Ceuta. 11 boza a Tarifa.

1° marzo. 31 persone salvate dai pescatori a Tangeri.

2 marzo. 10 deportazioni “a caldo” da Ceuta al Marocco. 19 boza a Ceuta.

3 marzo. 29 boza in 3 barche, 11 persone intercettate dalla marina marocchina e 10 espulsi.
2 boza a Tarifa.

4 marzo. 25 boza a Gran Canaria.

5 marzo. 16 boza a Tarifa.

6 marzo. Una barca con 20 persone a bordo dispersa nel mare di Alboran.

9 marzo. Una barca con 8 persone a bordo, partita dalle coste marocchine, in difficoltà durante la traversate, viene soccorsa e le persone riportate in Marocco.

10 marzo. 18 boza a Ceuta.

12 marzo. 30 boza a Almeria.

16 marzo. 9 persone intercettate dalla marina marocchina. 14 boza a Ceuta, tra cui diversi feriti. Nascosti e rannicchiati nel vano motore delle auto: così i migranti africani provavano a entrare a Melilla. Gli agenti sono riusciti a scoprirli grazie a un apparecchio che consente di individuare i battiti cardiaci all’interno di un’auto.

18 marzo. 18 persone vittime di rimpatrio immediato.

20 marzo. 8 boza a Ceuta. Circa 300 migranti scalano la recinzione a Melilla, ma nessuno riesce a superarla. A Gourougou: 32 boza, 24 persone ferite e 52 persone deportate a Saafi e Tiznit. 42 boza a Almeria.

21 marzo. 14 boza a Ceuta di cui 4 donne. 51 boza a Gran Canaria.

28 marzo. 18 boza a Ceuta.

16 aprile. La polizia marocchina ha effettuato l’ennesimo raid nell’accampamento di Bolingo vicino a Nador, bruciando le tende e i viveri dei migranti che vivevano lì.

20 aprile. Il ministero dell’Interno ha dichiarato come “priorità assoluta” l’installazione di una frontiera intelligente al valico di frontiera tra Melilla e il Marocco: il progetto prevede il controllo biometrico delle persone che intendono entrare a Melilla via terra e sarà affrontato in diverse fasi a causa degli elevati investimenti richiesti. L’intenzione è quella di essere completamente operativi per il 2017.

20 aprile. Un video diffuso dalla ONG Melillense Prodein mostra due poliziotti locali nella città di Melilla colpire quattro minori non accompagnati che erano stati arrestati in un parco. Nel video, si vede un poliziotto che fa alzare un ragazzo (seduto dopo essere stato fermato) tirandolo per i capelli e poi prendere a calci gli altri due rimasti a terra.
Alcuni ragazzi dicono che nelle ultime settimane è aumentata la frequenza dei raid della polizia per portarli a La Purisima (centro accoglienza per minori).

23 aprile. A Ceuta, boza di circa 100-120 persone. 7 di loro trasferiti in ospedale a causa delle ferite e dei tagli subiti durante l’attraversamento della frontiera.

melillaLa chiusura della rotta balcanica e gli accordi tra UE-Turchia non fermeranno certamente il flusso di migranti, che troveranno sempre nuove strade per raggiungere l’Europa. Dobbiamo prepararci ai nuovi arrivi e supportare le persone lungo la loro strada.

APDHA riporta l’incremento degli arrivi e delle morti alla frontiera sud nel 2015
traduzione da apdha.org

link al report completo.

Andalusia, 22 Aprile 2016 – L’Associazione per i diritti umani dell’Andalusia (APDHA) ha presentato in una conferenza stampa la sua relazione del 2016 sui diritti umani al confine meridionale, che mostra un aumento del numero di arrivi in Spagna dal continente africano e l’aumento del numero di morti “risultato immorale delle politiche migratorie che confinano le persone in paesi che soffrono guerre e carestie.”

Secondo le fonti a cui ha avuto accesso APDHA, nel 2015 hanno raggiunto le coste spagnole almeno 16.111 persone, il 34% in più rispetto all’anno precedente, dati che certificano ulteriormente la riattivazione della rotta dalle Isole Canarie, i cui arrivi sono triplicati e confermano, secondo l’organizzazione, che “nessuna barriera può contenere la mancanza di futuro e speranza”. Tutto questo, nonostante il governo spagnolo abbia investito 22.000 euro al giorno tra il 2005 e il 2013 per l’installazione e la manutenzione delle recinzioni sul confine di Ceuta e Melilla, secondo il recente rapporto di Amnesty International “Paura e Recinzioni: gli approcci d’Europa per ospitare i rifugiati”.

Di tutte le persone che sono arrivate in Spagna, il 23% era rappresentato da minori non accompagnati (bambini di origine maghrebina e piccoli di origine sub-sahariana che sono venuti con le loro famiglie), e il 9% erano donne, per lo più provenienti dall’Africa sub-sahariana.

Il rapporto evidenzia anche l’aumento di circa il 50% del numero di persone che hanno perso la vita cercando di raggiungere la Spagna l’anno scorso. Almeno 195 persone sono morte nel tentativo di raggiungere la Spagna, oltre ai 3.770 morti nel Mediterraneo centrale e nell’Egeo nel corso di quest’anno. Una “realtà sanguinante, causata delle politiche di un’ Unione Europea che ha preso il modello spagnolo come riferimento per negare il rispetto dei diritti umani alle frontiere”, afferma il rapporto.

spa1E tutto ciò si manifesta, in maniera lampante, con “il meccanismo dei respingimenti immediati – devoluciones en caliente – brevettato in Spagna, a cui il governo ha voluto dare un supporto legale nel corso del 2015, togliendosi la maschera del rispetto formale dei diritti umani.” I respingimenti immediati sono stati integrati a pieno titolo nell’accordo UE-Turchia per respingere le migliaia di rifugiati che sono arrivati sulle coste della Grecia, assicura APDHA che, fa notare, “oltre ad esibire una spregevole mercificazione degli esseri umani, ha minato nelle fondamenta il diritto d’asilo (Convenzione di Ginevra), il diritto di non-espulsione (Convenzione per la prevenzione della tortura delle Nazioni Unite) e il divieto delle espulsioni collettive (Convenzione europea dei diritti dell’uomo)”.

Questa pratica di esternalizzazione del diritto di asilo “ha lasciato migliaia di persone in fuga dalla guerra, nelle mani di un paese che non rispetta i diritti umani, che perpetra il genocidio del popolo curdo (sotto costante attacco delI’SIS), e ha iniziato a effettuare espulsioni collettive verso la Siria, un fatto denunciato da varie organizzazioni internazionali.

L’accordo turco-europeo vedrebbe i suoi antecedenti in Spagna nel 1992, con la stipula dell’accordo di riammissione di cittadini stranieri da parte del Marocco, e nel 2006 quando, durante la crisi delle canoe, la Spagna ha intrapreso con il “Piano Africa” la firma di accordi di cooperazione con Nigeria, Guinea Bissau, Senegal e Mauritania, condizionati al controllo dei propri confini da parte dei paesi africani.

Tanto la Spagna sta servendo come un modello per l’Europa nella repressione delle migrazioni, che una parte importante del mortale filo spinato chiamato “concertine”, installato nel territorio dell’Unione Europea, è fornito proprio da una società spagnola.

L’APDHA avverte che questo “supporto legale nella violazione dei diritti umani in Europa mette in discussione il principio della libera circolazione nello spazio Schengen, non solo per i rifugiati, ma per tutti i cittadini dell’Unione Europea e prepara il terreno di coltura ideale per la crescita della xenofobia e l’estrema destra.”

La routine della persecuzione.
Le insopportabili condizioni dei migranti subsahariani nel nord del Marocco.

traduzione da Refsupport

A causa delle circostanze drammatiche ai confini interni/esterni dell’UE, quanto avviene sul confine spagnolo-marocchino è quasi completamente oscurato.

Ma le persone migranti dall’Africa ccidentale e centrale verso il nord del Marocco subiscono ancora l’oppressione e la violenza razzista nel loro cammino verso l’Europa.

La città di Tangeri, nel nord del Marocco, può essere vista come un esempio per gli sviluppi delle politiche migratorie di UE e Marocco. Qui infatti, l’attuale agenda politica è lampante: programmi di integrazione per i migranti sub-sahariani finanziati dall’UE per diminuire gli attraversamenti illegali della frontiera in cambio dell’accesso facilitato ai visti Schengen per i cittadini di origine marocchina. Nel frattempo, dal 2015, è diventato quasi impossibile ottenere una residenza legale per le persone provenienti da Camerun, Burkina Faso, Senegal, Costa d’Avorio, etc.

In effetti, il Regno del Marocco ha lanciato una campagna di legalizzazione (conosciuta come Regolarizzazione) per rendere possibile l’ottenimento del permesso di soggiorno in talune circostanze. Una residenza legale che non significa protezione dal razzismo quotidiano e dalle deportazioni. L’arbitrarietà degli arresti e delle deportazioni è evidenziata dai casi di detenzione di residenti sub-sahariani legali (in possesso del permesso di soggiorno). Ma la campagna di regolarizzazione è durata solo un anno, fino al 2015, anche se estensioni o ricorsi nei confronti dei dinieghi alle domande del 2014 sono ancora possibili legalmente. Nuove richieste di permesso non sono però possibili. Il rinnovo del programma per il 2016 è condizionato da speculazioni politiche.

Tangeri
La città di transito di Tangeri è sempre stata una zona pericolosa per i migranti sub-sahariani, ma la situazione è peggiorata dal 2015. In particolare durante il Ramadan, la repressione da parte delle autorità e le aggressioni violente da parte della popolazione locale hanno raggiunto proporzioni allarmanti.

Nel mese di giugno 2015, la popolazione migrante del quartiere di Boukhalef è stata sottoposta a deportazioni su larga scala, finalizzate all’espulsione dei migranti dall’intera area. A Boukhalef, in quel periodo, molti appartamenti vuoti erano abitati da migranti sub-sahariani. Dal punto di vista delle autorità locali e della popolazione, queste occupazione illegali sono state il pretesto per la violenta “pulizia” dell’area.

In azioni stile pogrom, parte della popolazione di Boukhalef ha cominciato a espellere i migranti dai loro appartamenti. Queste azioni sono state accompagnate da violenti assalti, saccheggi e dalla distruzione arbitraria degli effetti personali dei migranti. La polizia ha tollerato questo tipo di azioni punitive, nonostante la morte di un giovane migrante di origine sub-sahariana caduto da un tetto nel tentativo di scappare dalla stessa polizia.

I migranti vittima delle deportazioni sono stati trasportati verso il confine sud in direzione della Mauritania o imprigionati in centri di detenzione improvvisati nell’interno del paese a Fez, Marrakech e Casablanca, Rabat e Taroudant. I prigionieri detenuti in questo centri sono poi stati liberati dopo un po’. Per ridurre al minimo il costo di mantenimento dei campi, alcune persone sono state rilasciate dopo un breve periodo di tempo con una piccola somma di denaro, altri, invece, non hanno avuto nulla.

Attualmente, queste strutture di detenzione non vengono sfruttate per la loro piena capacità. Al momento, la pratica è limitata alle deportazioni verso Tiznit nell’estremo sud, o verso le grandi città.

Le deportazioni di massa verso Tiznit hanno una doppia finalità: guadagnare tempo e oscurare la visibilità della migrazione nella città di Tangeri. I deportati lottano per tornare a Tangeri ma sono costretti ad affrontare i problemi legati al costo dei trasporti e al fatto che ai migranti sub-sahariani spesso non viene concesso il diritto di salire sugli autobus. Tutto ciò non fa altro che incoraggiare i migranti ad attraversare il confine con la Libia per provare ad imbarcarsi lì e raggiungere l’Italia.

Arresti collettivi e deportazioni – Da Tangeri a Tiznit

Nonostante le retate di polizia abbiano subito un rallentamento, le deportazioni e le discriminazioni sono all’ordine del giorno. A ottobre le autorità hanno proceduto con arresti su larga scala. Dopo lo svuotamento Boukhalef dai migranti, le forze di polizia hanno esteso il raggio di azione delle operazioni all’intera città e alla foresta circostante. Gli ex abitanti di Boukhalef si sono rifugiati, a seconda delle loro disponibilità economiche, in alberghi del centro città ma la polizia ha fatto retate un po’ ovunque compresi alcuni appartamenti privati. I migranti arrestati sono stati deportati a Tiznit.

Allo stesso modo, è stata fatta un’ incursione all’interno di un appartamento occupato da migranti sub-sahariani e attivisti internazionali. Un membro del collettivo di attivisti è stato arrestato e deportato nel corso dell’azione, con altri 35 migranti che vivevano nell’appartamento. Trasferiti alla stazione di polizia centrale, i detenuti sono stati sottoposti a estenuanti processi di identificazione (foto, impronte digitali). Solo quel giorno, sono state deportate 150 persone. L’attivista camerunense ha invece trascorso 14 ore in manette su un furgone della polizia. Seguendo le solite procedure è stato poi rilasciato vicino a Tiznit.

Inoltre sono stati segnalati dei casi di migranti arrestati a Tangeri e successivamente trasferiti al porto Tanger Med, situato a 50 chilometri di distanza.

Le ipotesi più accreditate sostengono che questo tipo di operazioni sono portate avanti con lo scopo di aumentare il numero di persone intercettate in mare per mostrare l’efficienza del dispositivo di controllo della frontiera marocchino.

Dalla stipulazione degli accordi tra EU e Marocco (Action Plan) nel 2013, il regno del Marocco riceve 15 milioni di euro per intensificare gli scambi economici ma soprattutto per aumentare i controlli alla frontiera.

Violenze nella foresta

Le incursioni contro i campi di migranti nelle foreste testimoniano un nuovo incremento. Nel bosco, le abitazioni provvisorie, le tende e gli oggetti personali delle persone accampate vengono bruciate regolarmente. Coloro che non sono in grado di fuggire in tempo vengono deportati. Durante questo tipo di operazioni non è infrequente che le persone vengano ferite e in alcuni casi uccise. Tutto ciò fa si che le operazioni di polizia si configurino come vere e proprie caccie all’uomo.

Due persone uccise durante un’incursione della polizia nei pressi di Ceuta, nel novembre 2015

Il caso della tragica morte di due camerunensi che vivevano nella foresta, morti la mattina del 30 novembre a Castillejos / Fnideq, a causa di un raid da parte delle forze ausiliarie, è un chiaro esempio delle conseguenze di queste azioni sconsiderate.
Un gruppo di migranti si stava nascondendo, usando delle grotte naturali come posto per dormire. Durante il raid le due vittime hanno indugiato nelle grotte e non sono riuscite a impedire alla polizia di ammassare materassi e altri oggetti all’ingresso della grotta. La barricata così formata è stata poi incendiata. I due giovani, di 25 e 26 anni, sono morti soffocati. Altre fonti riportano che la polizia avrebbe lanciato gas lacrimogeni all’interno della grotta. I cadaveri dei due ragazzi sono stati subito portati in un ospedale vicino a Fnideq e dopo sono stati sepolti a Tetouan.

Coloro che non sono stati deportati nel corso del raid sono fuggiti, traumatizzati, verso le città vicine. Molti di loro seriamente feriti. Ora sono in attesa di ulteriori sviluppi
e vivono nella costante paura di essere scoperti, pur organizzando nuove azioni.

Una indagine sul caso è guidata dalla sezione regionale dell’organizzazione CNDH (Consiglio nazionale per i Diritti Umani). La comunità di migranti, tuttavia, non si aspetta niente dall’indagine. Il CNDH è un’agenzia vicino allo stato marocchino, dove razzismo e persecuzione sono già diventati parte della vita quotidiana dei migranti.

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