Ieri 19 settembre a Como è stato ufficialmente aperto il campo, gestito dalla Croce Rossa, destinato a contenere (in 50 container da 6 posti ciascuno) fino a 300 persone. Come per l’analogo centro già attivo a Ventimiglia, il vero scopo di questa struttura è quello di tenere sotto controllo le persone che vogliono superare la frontiera, costringerle a lasciare gli accampamenti autorganizzati, isolarle dalla città, allontanarle dai solidali che le supportano, selezionare chi accetta suo malgrado di presentare domanda d’asilo e identificare e deportare chi si rifiuta. Il nuovo campo si trova a un km e mezzo dalla stazione, ed è stato costruito in un’area a ridosso del cimitero. Per entrare nel campo sarà necessario un badge per superare i controlli e l’area è sorvegliata dalle forze dell’ordine; è previsto inoltre il rientro notturno in quanto il campo sarà chiuso dalle 22:30 alle 7:30. Nel primo giorno di apertura però solo 90 persone hanno accettato di trasferirsi nel nuovo centro, secondo quanto comunicato dalla Prefettura.
Di seguito riceviamo e pubblichiamo un resoconto del corteo del 15 settembre scorso.
Per scriverci: hurriya (at) noblogs.org
RIFLESSIONI POST CORTEO A COMO
Nella serata di giovedì 15 settembre un corteo di oltre 300 persone tra cui solidali e migranti ha attraversato le vie del centro di Como. La manifestazione è partita dalla stazione S. Giovanni e si è conclusa sotto piazza S. Rocco non lontano dal luogo prescelto per la costruzione del campo istituzionale di ormai imminente apertura.
Due luoghi particolarmente significativi per rappresentare la ghettizzazione e l’isolamento di cui è affetta la vicenda migratoria che ha colpito Como agli inizi dell’ estate senza mai stabilizzarsi.
Il parco della stazione per centinaia di persone è divenuto luogo di scomoda permanenza per tutti i mesi estivi mentre decine di associazioni portavano il proprio supporto e contemporaneamente gli organi istituzionali temporeggiavano e ignoravano il problema. Nessuna pressione a livello comunale o statale è stata fatta sul blocco delle frontiere: reale ostacolo per cui si creano da mesi e anni disagi e mancanza di risorse nella già pessima gestione organizzativa governativa italiana.
Il campo dei container è stata la risposta anche a Como come in molte altre città d’ Italia e all’ alba di fine settembre è pronto in via Regina vecchia: via industriale e secondaria dove l’ intento è di incasellare questi esseri umani in attesa che vengano prese decisioni sulla loro stessa carne, il tutto nel luogo più lontano e nascosto dagli occhi e dalle orecchie della cittadinanza Comasca.
Il corteo è nato dal confronto continuo tra migranti e solidali, dalla condivisione di un percorso e dalle assemblee affrontate ogni giorno in più lingue. Abbiamo costruito momenti di orizzontalità e partecipazione partendo dalla percezione di un problema comune.
Questo corteo ha visto l’assoluto protagonismo dei migranti, che per sua vera natura ha smontato le accuse di strumentalizzazione montate negli ultimi giorni dalla stampa nei confronti dei solidali che l’hanno indetto. La presunzione di chi continua a considerare i migranti come bambini facilmente suggestionabili, incapaci di vera autonomia, e che continua a costringerli in forme più o meno mascherate di assistenzialismo, si è scontrata con questo protagonismo che nel corteo e nella sua costruzione ha avuto il suo momento culminante. Migranti e solidali hanno condiviso insieme questo momento, non solo di solidarietà, ma anche di lotta contro quei confini che bloccano, imprigionano e deportano. È stata una presa di parola pubblica da parte di coloro che sono costantemente ridotti al silenzio, o che al massimo sono oggetto di gestione da parte di altri, e che finalmente hanno potuto far sentire la propria voce nel centro della città riservando un momento spontaneo di slogan a tutta quella parte di città che ha voluto essere con loro intonando il coro “Grazie Como.”
Al clima di terrore instaurato dai media locali nei giorni scorsi, con roboanti articoli di quanto questa manifestazione fosse a rischio infiltrazione di non meglio precisati “no borders” e di quanto i migranti fossero delle marionette nelle loro mani, si è risposto con un corteo comunicativo ed energico in cui i veri protagonisti sono state quelle stesse persone bloccate da mesi a cui finalmente è stata data l’ occasione di esprimere la propria volontà. Per tutto il percorso hanno scandito slogan contro le deportazioni, contro le barriere ed il campo governativo e per la libertà di movimento.
Le provocazioni, semmai, sono giunte dalle forze dell’ordine e dei media che hanno messo in campo un esagerato dispositivo di controllo volto a scoraggiare i partecipanti all’iniziativa e a demonizzare il corteo agli occhi della città. Anche la presenza fascista non si è fatta attendere palesandosi in più punti del corteo e provocando i manifestanti; stessi fascisti che il 26 agosto sono stati autorizzati a sbandierare la loro ignoranza in un presidio razzista a poche centinaia di metri dal parco: lungo la strada che i migranti percorrono per andare alla mensa.
A queste provocazioni e strumentalizzazioni autorizzate si aggiunge quella del pomeriggio del 16, il giorno successivo al corteo, quando una sfilata di leghisti e razzisti ha attraversato il parco aggredendo verbalmente i presenti, mentre le forze dell’ordine si schieravano in assetto antisommossa verso migranti e solidali.
Mentre si continua a criminalizzare la solidarietà, cercando costantemente di spezzare i legami costruiti in questi mesi di condivisione e di lotta, si lasciano agire indisturbati i rigurgiti fascisti.
i/le solidal* dell’Infopoint