Grecia – Dopo un mese di proteste, rivolte, fughe, distrutto dalle fiamme l’hotspot di Moria a Lesbo

Moria1Nella giornata di Lunedi 19 settembre nell’hotspot di Moria a Lesbo, verso mezzogiorno,  ha avuto luogo una fuga di massa di circa 300 persone, pare in seguito alla circolazione di notizie su prossime deportazioni verso la Turchia. La più recente deportazione dall’isola era avvenuta l’8 settembre e aveva riguardato 13 persone provenienti da Pakistan, Iraq, Yemen, Algeria, Palestina e Libano. I 300 in fuga dal centro di detenzione si sono diretti in corteo verso Mitilene, la città principale dell’isola, ma sono stati bloccati e rimandati indietro dalla polizia. A questo punto nell’hotspot (dove sono ammassate da mesi circa 5650 persone, compresi minori non accompagnati, in un centro previsto per contenerne 3500) si sono diffuse le proteste. I migranti hanno rifiutato il cibo e, gridando slogan per reclamare la libertà, hanno costretto gestori e polizia di guardia a lasciare il campo. Verso le 17 alcune fonti hanno riportato di scontri all’interno, tra varie comunità, sul posto alle 18 è arrivata anche la polizia antisommossa per controllare i/le migranti ma questo ha provocato ulteriori tensioni e dopo poco sono scoppiati incendi ai danni dei prefabbricati adibiti al trattamento delle domande d’asilo e di alcune tende. Il fuoco si è diffuso nel resto del campo e alle 20:30 un altro gruppo di migranti ha provato a dirigersi verso la città e anche stavolta è stato fermato dalle forze dell’ordine.

Dalle prime notizie più della metà del campo è andato a fuoco, risparmiando l’area destinata all’alloggio dei nuclei familiari: solo in serata i vigili del fuoco hanno  spento le ultime fiamme che hanno distrutto circa 50 tende dell’UNHCR e 3 container. Migliaia di persone sono state evacuate e circa un centinaio di minori sono stati spostati nel campo di Pikpa. Nel corso della giornata a Mitilene si era tenuto, per il secondo giorno consecutivo, un raduno di “cittadini” guidati dai fascisti locali di Alba Dorata, i quali hanno aggredito due migranti e tre donne impegnate in attività solidali: una delle tre è stata portata al pronto soccorso.

Gli avvenimenti di oggi giungono dopo un mese di mobilitazioni, proteste, cortei dei/delle migranti e solidali. Di seguito riportiamo una breve cronologia tratta dal blog No Border Kitchen

20 agosto circa 200 persone, per lo più dal campo Moria, si sono riunite nel centro di Mitilene per manifestare contro le pessime condizioni di Moria e per l’apertura di tutti i confini. Il corteo è arrivato fino al porto gridando slogan come “No rules, no orders, open the borders!” e “Moria is a prison!”.

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1 settembre – Molti migranti e solidali  hanno manifestato nella piazza centrale di Mitilene con un sit-in e poi in corteo attraversando la città fino al porto, al grido di “We want freedom”. Durante la manifestazione sono state descritte le condizioni insopportabili dell’hotspot, in peggioramentro giorno dopo giorno: mancanza di cibo, docce rotte e sovraffollamento.

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7 settembre – La polizia cerca, ancora una volta, di impedire la distribuzione di cibo ai migranti, portata avanti dai solidali di No Border Kitchen
9 settembre – Scontri tra i migranti e la polizia nell’hotspot di Moria: inizialmente a causa di 500 persone lasciate senza cibo, poi in seguito i migranti hanno sentito parlare di voci su 8 profughi morti in un container nel porto di Mitilene. Quando la polizia ha rifiutato di fornire ai migranti  informazioni circa queste morti, sono cominciati nuovi scontri.
10 settembre – i migranti di diverse nazionalità hanno organizzato una manifestazione al porto con il supporto di No Border Kitchen Lesbo. Hanno partecipato circa 250 persone.
17 settembre – 150 persone, comprese intere famiglie con i bambini, hanno manifestato nuovamente a Mitilene. I cartelli alla testa del corteo recitavano “Open the borders. The world is for everybody”, “Stop Frontex”, “Moria is a jail”. Le condizioni nei campi sono terribili e al di fuori dei campi i e le migranti devono affrontare la violenza della polizia e le molestie, la discriminazione e lo sfruttamento da parte di alcuni dei locali (per esempio prezzi più elevati per i beni e il lavoro non retribuito).
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Anche nell’hotspot nell’isola di Kos (dove sono recluse 1714 persone in una struttura con capienza di 1000 posti ) nelle ultime settimane ci sono state proteste: il 5 settembre circa 150 persone sono fuggite dal centro di detenzione e hanno provato a marciare verso la città: sono state fermate dalla polizia e imbarcate a forza su un traghetto, verso una destinazione sconosciuta. Il 12 settembre i migranti hanno appiccato il fuoco a masserizie, letti e materassi per protestare contro la detenzione e le lente procedure di asilo. La polizia è intervenuta a sedare la rivolta arrestando alcune persone.

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