Nella notte tra il 15 e il 16 novembre una sessantina di fascisti ha attaccato con pietre e bastoni il campo di Souda a Chios. Dopo l’attacco fascista si è scatenata la brutalità poliziesca con manganellate, spray urticanti e lacrimogeni: 37 migranti e 3 volontari sono stati arrestati e 4/5 persone ferite sono state portate in ospedale. Pesantemente danneggiato il campo: una struttura distrutta dal fuoco e diversi tetti sfondati dai macigni lanciati dai fascisti per uccidere.
Ieri sera, giovedì 17 novembre, si sono verificato ulteriori attacchi contro i/le migranti che vivono nel campo di Souda. Sassi enormi e bottiglie molotov sono stati di nuovo lanciati contro le tende dei rifugiati. Due tende sono state completamente bruciate. Almeno due profughi feriti sono stati portati in ospedale. Anche due solidali che avevano provato ad intervenire sono stati ricoverati in ospedale con leggere ferite, dopo essere stati attaccati, in presenza della polizia, da 30 fascisti.
La polizia greca, la stessa che ieri ha represso duramente i cortei antifascisti (convocati nel giorno dell’anniversario della rivolta del 1973 contro la dittatura dei Colonnelli) ad Atene, Salonicco, Patrasso etc. e che ha sparato gas lacrimogeni e pallottole di gomma per una bandiera greca bruciata in piazza, a Chios ha lasciato campo libero alle aggressioni a sfondo omicida dei nazisti di Alba Dorata. Solo una settimana fa, il 9 novembre, nell’isola di Samos 25 fascisti a volto coperto e alla guida di motociclette avevano assalito per strada un gruppo di migranti ferendone alcuni seriamente.
I media locali hanno completamente ribaltato la versione fornita da chi nel campo di Chios vive, facendo passare l’aggressione dei fascisti di Alba Dorata, in combutta con la polizia, come reazione a presunti disordini e danneggiamenti contro i residenti provocati dai migranti. In realtà martedì e mercoledì scorso i nazisti di Alba Dorata avevano tenuto due iniziative a Lesbo e Chios, per la deportazione di tutti i/le migranti presenti in Grecia, e gli attacchi a Chios ( e Samos) rappresentano chiaramente una intimidazione e repressione (anche in vista della costruzione di tre nuovi centri di deportazione , chiamati “hotspot per la pre-rimozione”, a Lesbo, Chios e Kos, decisa i primi di novembre dal governo greco) nei confronti dei/delle migranti in lotta contro il regime di segregazione e deportazione instaurato da marzo scorso nelle isole greche, in base all’accordo tra UE e Turchia, e arrivano dopo mesi di continue proteste dei/delle migranti negli hotspot.
Riportiamo di seguito una cronologia delle lotte avvenute in Grecia da metà settembre ad oggi ( per le precedenti, articolo qui):
19 settembre, nell’hotspot di Moria a Lesbo, verso mezzogiorno, ha avuto luogo una fuga di massa di circa 300 persone, pare in seguito alla circolazione di notizie su prossime deportazioni verso la Turchia (la più recente deportazione dall’isola era avvenuta l’8 settembre e aveva riguardato 13 persone provenienti da Pakistan, Iraq, Yemen, Algeria, Palestina e Libano). I 300 in fuga dal centro di detenzione si sono diretti in corteo verso Mitilene, la città principale dell’isola, ma sono stati bloccati e rimandati indietro dalla polizia. A questo punto nell’hotspot (dove sono ammassate da mesi circa 5650 persone, compresi minori non accompagnati, in un centro previsto per contenerne 3500) si sono diffuse le proteste. I migranti hanno rifiutato il cibo e, gridando slogan per reclamare la libertà, hanno costretto gestori e polizia di guardia a lasciare il campo. Verso le 17 alcune fonti hanno riportato di scontri all’interno, tra varie comunità, sul posto alle 18 è arrivata anche la polizia antisommossa per controllare i/le migranti ma questo ha provocato ulteriori tensioni e dopo poco sono scoppiati incendi ai danni dei prefabbricati adibiti al trattamento delle domande d’asilo e di alcune tende. Il fuoco si è diffuso nel resto del campo e alle 20:30 un altro gruppo di migranti ha provato a dirigersi verso la città e anche stavolta è stato fermato dalle forze dell’ordine. 18 migranti sono stati fermati dopo la rivolta, e 9 arrestati. Nella città di Mitilene, nello stesso giorno, manifestazione dei fascisti di Alba Dorata, migranti e solidali aggrediti e feriti.
24 settembre, partecipata manifestazione di migranti e solidali lungo le strade della città e del porto di Mitilene a Lesbo, per il 4° sabato consecutivo. Gli slogan espressi del corteo, controllato dalla polizia antisommossa, erano “We want freedom!”,” No Moria” e “Open the borders”.
1° ottobre, 5° sabato consecutivo di cortei a Mitilene, Lesbo. La manifestazione ha attraverso il centro della città, gridando “Libertà!” “Aprite le frontiere” e “Chiudere Moria!”. Come riporta No Border Kitchen: “Siamo scesi in strada nonostante la repressione dello Stato greco, con dietro la macchina di morte europea. In particolare abbiamo urlato in solidarietà con tutti i nostri amici imprigionati a Moria, a Corinto e altrove. Non potevano essere alla manifestazione di oggi, ma erano con noi nei nostri cuori e nelle nostre menti”.
5 ottobre, 55 persone sono state deportate dall’isola di Lesbo verso la Turchia, malgrado i tentativi di resistenza.
7 ottobre, i richiedenti asilo in rivolta nel campo di Souda, nell’isola di Chios, hanno portato avanti una protesta e dato fuoco a varie strutture. Dopo la completa distruzione di 5 container delle ONG la polizia ha fermato 15 migranti e ne ha arrestati 3.
8 ottobre, 150 tra migranti e solidali si sono dati appuntamento al centro della città di Mitilene sull’isola di Lesbo per partire in corteo, contro le deportazioni e il recente accordo sulle espulsioni verso l’Afghanistan. Gridando slogan come “Afghanistan is not safe!”, “Stop deportation” e “Moria is prison! Close Moria” la manifestazione ha raggiunto prima la stazione di polizia e poi l’ingresso del porto, concludendosi nella centrale piazza Saphou.
13 ottobre, altre 55 persone deportate da Lesbo verso la Turchia.
18 ottobre, protesta e sciopero della fame delle persone recluse nell’hotspot di Vathy a Samos.
19-20 ottobre, per due giorni consecutivi i migranti hanno bloccato l’ingresso dell’hotspot di Vial a Chios, per protestare contro le deportazioni.
24 ottobre, decine di migranti hanno attaccato e dato fuoco ad una struttura dell’agenzia dell’UE che esamina le domande di asilo (EASO) nell’hotspot di Moria a Lesbo. La rivolta è esplosa mentre era in corso una protesta per la lentezza e i ritardi con cui vengono gestite le pratiche per le domande di asilo. Una settantina di persone, in maggioranza di origine pakistana e bengalese, hanno prima lanciato pietre e poi appiccato il fuoco a 6 container, distrutti completamente, dell’agenzia europea EASO . Gli operatori dell’agenzia europea hanno immediatamente abbandonato le loro postazioni. In seguito ventidue migranti sono stati arrestati mentre il lavoro dell’EASO è stato interrotto per diversi giorni.
24 ottobre, rivolta nell’hotspos di Vathy a Samos in Grecia: contro le risposte negative alle domande d’asilo 300 persone hanno lanciato pietre contro la polizia e incendiato un container. 2 afgani sono stati arrestati.
26 ottobre, i/le migranti hanno messo in fuga i funzionari dell’EASO e danneggiato i loro uffici, nell’hotspot di Vial a Chios. Gli incidenti sono scoppiati dopo che un gruppo di donne rifugiate ha protestato contro le procedure di asilo davanti agli uffici mobili di EASO, l’agenzia europea per l’asilo. Secondo i media tutto è iniziato quando una rifugiata siriana si è lamentata con il personale EASO: l’atteggiamento indifferente degli operatori ha portato alla rivolta con scrivanie fracassate e sedie tirate contro di loro. Un operatore dell’EASO, un poliziotto e una rifugiata sono stati feriti durante gli scontri. Tutto il personale che lavora nell’hotspot (sia dell’EASO e che nelle ONG) è stato evacuato. La rivolta è stata repressa con il solito intervento di plotoni di polizia antisommossa.
26 ottobre, 8 siriani – 1 uomo, 2 donne e 5 minori – deportati in Turchia con volo Frontex da Lesbo.
27 ottobre, rivolta dei reclusi nel centro di detenzione di Corinto. I migranti hanno appiccato il fuoco ad alcune celle e nel corridoio.
27 ottobre, 41 persone provenienti da Pakistan, Algeria e Bangladesh deportate da Lesbo in Turchia.
27 ottobre, a Lesbo protesta dei migranti siriani per chiedere il trasferimento sul continente. Dopo un sit-in, un centinaio di persone è fuggito dall’hotspot di Moria: inseguiti dalla polizia, hanno bloccato per ore il porto e gli imbarchi. L’intervento e le minacce della polizia antisommossa, che li aveva circondati, li ha costretti a desistere e tornare indietro.
28 ottobre, un gruppo di migranti ha lasciato l’hotspot di Samos e si è diretto al porto con l’intenzione di imbarcarsi. Sono stati fermati dalla polizia antisommossa.
29 ottobre, varie centinaia di persone al corteo di migranti e solidali che ha attraversato ancora una volta la città di Mitilene nell’isola di Lesbo, gridando slogan contro la segregazione sull’isola e reclamando la libertà di circolazione. Sugli striscioni era scritto : “We demand freedom of movement” “We are not for sale, stop the deals”.
2 novembre, protesta dei migranti davanti ai cancelli dell’hotspot di Samos. I migranti afgani in particolare, dopo il recente accordo tra Unione Europea e Afghanistan per le deportazioni, lottano per evitare il rischio di un ritorno nel paese, per nulla pacificato, dal quale sono fuggiti rischiando la vita.
4 novembre, sgombero violento dello spazio solidale No Borders Kitchen a Lesbo. I solidali sono stati picchiati, arrestati e in seguito rilasciati, i migranti presenti condotti nell’hotspot di Moria. In seguito lo spazio è stato rioccupato.
9 novembre, protesta e incendio nel campo di Souda a Chios. Sono andati a fuoco i container dell’UNHCR.
9 novembre, corteo di protesta dei migranti dell’hotspot di Samos.
13 novembre, nuova protesta dei migranti reclusi nel sovraffollato hotspot di Samos.