Traduciamo e diffondiamo questo articolo in quanto riassume bene la situazione in Marocco e l’esternalizzazione delle frontiere portata avanti, da tempo, dall’Unione Europea, pur non condividendo la proposta di “passaggio sicuro” che, a nostro parere, continuerebbe a differenziare tra persone di serie A occidentali, che hanno possibilità di viaggiare liberamente e comodamente in tutto il mondo con i consueti mezzi di trasporto, e persone di serie B, che dovrebbero attendere una concessione temporanea, arbitraria, controllata e limitata, per superare senza rischi una frontiera.
Traduzione da: No Border Morocco
La politica dell’UE sta bloccando le rotte verso l’Europa per chi subisce lo sfruttamento neocoloniale e capitalistico e l’appoggio (o anche la promozione) dei conflitti in tutta l’Africa da parte dei paesi occidentali.
“We are in Morocco
Here, many Blacks have lost their lives
Here, it’s Boukhalef
The Moroccans call us azzia
They talk about us to scare their children
And when they see us they flee
Oh oh, it hurts us”.
Scritto dal musicista e attivista no border senegalese che vive a Tangeri, Xelu Baye Fall, queste parole (tradotte da Wolof) sono dedicate “a tutte le persone che sono morte al confine / A tutte le persone che sono morte alle recinzioni.” La canzone parla di Charles Paul Alphonse Ndour, di 26 anni, ragazzo senegalese ucciso da uomini marocchini a Tangeri nel mese di agosto 2014. I testi fanno riferimento al razzismo e alla violenza subita quotidianamente in Marocco dagli africani sub-sahariani. “Azzia”, che significa “di pelle nera”, è un termine dispregiativo usato principalmente contro i sub-sahariani, insieme all’insulto “Ebola”.
È fondamentale collegare il razzismo quotidiano vissuto dai migranti sub-sahariani in Marocco con il razzismo palese del mortale regime delle frontiere europeo: la militarizzazione del confine, le spese di milioni di euro da parte dell’Unione europea per costruire recinti (nel 2015 il Marocco ha costruito una quarta recinzione di filo spinato e una profonda trincea al confine di Melilla, grazie a fondi UE), il rifiuto di un passaggio sicuro in Europa per evitare la morte di migliaia di persone in mare, e la detenzione delle persone che riescono a raggiungere l’Europa in strutture simili a prigioni.
Dopotutto, sono state le potenze coloniali europee le prime a imporre confini nel Sahara dove non c’erano in precedenza, fermando i precedenti livelli elevati di migrazione che hanno portato al crollo del commercio trans-sahariano.
L’esternalizzazione del controllo delle frontiere europee
Come paese chiave di transito dal sub-sahara verso l’Europa, il Marocco ha dimostrato di essere il partner più affidabile di tutti i paesi del Nord Africa per le politiche strategiche dell’UE di chiusura delle frontiere e di controllo dei flussi migratori verso l’Europa. Nascosto dietro alla retorica umanitaria di “sostenere il buon governo e i diritti umani” – le retate quotidiane (spesso violente), la distruzione dei campi migranti, le “deportazioni a caldo” (il respingimento illegale di migranti subito dopo la cattura da parte delle autorità spagnole prima che possa essere presentata la domanda di asilo), le deportazioni disumane ai confini meridionali del Marocco – sono tutte effettuate con denaro fornito dalla UE.
È difficile credere che gli Stati membri dell’UE siano preoccupati per lo sviluppo della società civile e l’integrazione dei/delle migranti sub-sahariani/e in Marocco quando non riescono nemmeno a offrire cure adeguate per i minori non accompagnati nei propri paesi, come si è visto a Calais nelle ultime settimane.
L’accordo stipulato tra l’UE e il Marocco rappresenta l’esternalizzazione neocolonialista dei controlli alle frontiere e delle migrazioni dall’Europa verso i paesi in Africa, mentre il precedente distoglie contemporaneamente i loro sguardi dalle violazioni dei diritti umani commessi dalle autorità statali – le comunità soprattutto sub-sahariane nel contesto del Marocco. Questi accordi servono come prototipo per accordi analoghi, spesso realizzati con i dittatori – che, come la Shell ha dichiarato, spesso possono fornire un “ambiente stabile”, in cui gli investimenti e le offerte possono essere più facilmente mediate. All’inizio di quest’anno, The New Statesman ha acquisito documenti relativi ai piani segreti della UE per limitare le migrazioni dall’Africa, che ha apertamente riconosciuto di dover affrontare “le critiche da parte delle ONG e della società civile per essersi impegnata con governi repressivi in materia di migrazione”, tra cui il Sudan, l’Eritrea e l’Etiopia – i primi due entrambi sotto inchiesta per crimini di guerra da parte delle Nazioni Unite e la Corte penale internazionale.
Il riconoscimento dei governi di questi paesi come “repressivi” mette in evidenza la noncuranza esplicita dell’UE per le persone che migrano, che dovrebbero essere classificate come rifugiati ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Piuttosto, l’Unione Europea sta cercando di garantire che le persone che soffrono a causa dello sfruttamento neocoloniale e del sostegno dei conflitti in tutta l’Africa da parte dei paesi occidentali (in Costa d’Avorio, Sudan, Africa Centrale, Congo, Libia), e di molti dei governi repressivi in Africa, non possano sfuggire. Come fa notare un migrante nigeriano che vive in Marocco, “gli europei ce lo hanno insegnato”, riferendosi a come gli stati coloniali europei abbiano agito come una massa di migranti economici – sfruttando e estorcendo risorse e manodopera dalle loro colonie.
Lo scarico di responsabilità su paesi come il Marocco permette alle persone come Juan José Imbroda, capo del consiglio spagnolo di Melilla, di dichiarare: “Non siamo più in prima pagina per l’immigrazione clandestina perché non è più un problema” – mentre l’ospedale di Nador ha curato oltre 742 persone nel 2014 per le ferite riportate durante i tentativi di attraversare le recinzioni e per le violenze delle autorità marocchine e spagnole. Un accordo stipulato tra l’UE e il Marocco nel 2006 – grazie al quale sono stati dati al Marocco 67 milioni di euro per rafforzare i controlli alla frontiera – permette anche agli Stati membri dell’UE di deportare i migranti subsahariani in Marocco, piuttosto che nel loro paese di origine.
Bloccati in Marocco
Una volta in Marocco, persone che cercano di migrare si trovano intrappolate: non sono né in grado di entrare in Europa, né in grado di tornare nel paese da cui sono partiti. Una donna, che vive nei campi di fortuna in Boukhalef, ha detto, “Siamo venuti qui per attraversare i confini, non per rimanere, ma siamo bloccati qui … I marocchini ci vedono come pecore. Non accettano gli stranieri. Non c’è lavoro né la sicurezza per noi in questo paese”.
Un anno dopo l’implementazione dell’Action Plan UE-Marocco nel 2013 – con l’approvazione di un budget di 150 milioni di € a favore del Marocco per creare legami più stretti tra UE e il Marocco – è stato inserito il programma di regolarizzazione. E’ durato per un anno a partire da gennaio 2014 ed è stato presentato come un atto esplicitamente “umanitario” da parte del governo marocchino e dei media.
Tutto ciò per mascherare il fatto che il programma – che offre lo status di residente per un anno – era selettivo e limitante per i migranti sub-sahariani. Molti sub-sahariani non sono stati in grado di dimostrare che avevano vissuto in Marocco per 5 anni – la qualifica primaria necessaria – ed è prassi comune della polizia fermare le persone percepite come sub-sahariana, sequestrargli i documenti e deportarli, nel tentativo di dare l’impressione di fermare i flussi migratori verso l’Europa. Le autorità marocchine sono pagate dalla UE per ciascun migranti “catturato”, presumibilmente per pagare i costi di “adeguate” condizioni di detenzione e per la deportazione nel proprio paese di origine.
Tuttavia, molti sub-sahariani che vivono a Tangeri – compresi quelli regolarizzati – raccontano l’esperienza di essere stati prelevati dai funzionari marocchini che li portano verso il mare, scattando loro una foto mentre vengono catturati nel “tentativo di imbarcarsi” per l’Europa usata come la prova, e poi riportati di nuovo a Tangeri o più a sud in Marocco. I membri della polizia marocchina sono accusati di intascare individualmente i soldi della UE, sollevando dubbi sul fatto che l’UE dovrebbe continuare a finanziare queste pratiche corrotte.
A causa del programma di regolarizzazione, un piccolo numero di migranti sub-sahariani sono ora teoricamente in grado di accedere a istruzione, sanità e assistenza professionale. Tuttavia, la quotidiana discriminazione strutturale e istituzionale e il razzismo persistono: molti sono ancora sottoposti ad arresti arbitrari (indipendentemente dal fatto che possiedano documenti per il loro soggiorno legale in Marocco o meno) e viene regolarmente negate le opportunità di lavoro o di prendere alloggi in affitto. Il razzismo individuale e personale persiste; il fatto che Charles Ndour avesse ricevuto lo status di migrante regolare in Marocco non gli ha impedito di essere attaccato e ucciso.
Ad esempio, dopo che 232 persone sono riuscite ad attraversare la frontiera a Ceuta (enclave spagnola) il 31 ottobre, le autorità marocchine hanno risposto con arresti di massa a Tangeri. Una settimana dopo, ferendo almeno una persona e tenendo oltre 80 persone (tutt* di origine sub-sahariana) per una notte nella stazione di polizia, comprese le persone con i documenti dell’UNHCR e un passaporto valido (avendo soggiornato in Marocco per meno di tre mesi). 18 persone sono state deportate la mattina seguente a Fes, ad una distanza di 4 ore e mezza di macchina. Spesso la polizia prende il telefono delle persone, i documenti e il denaro che la persona ha con sè, in modo che quando vengono buttati fuori dopo un espulsione non hanno nessuno dei loro effetti personali con loro né mezzi per tornare a Tangeri.
Allo stesso tempo, il programma di regolarizzazione ha reso più facile per il governo marocchino controllare e perseguitare i suoi cittadini – come ben dimostrano le parole di Charki Draiss del ministero degli interni, che ha affermato: “Abbiamo dato loro molte opportunità, e ora se non vogliono rimanere, il Marocco dovrà applicare la legge per il bene della sicurezza “. Per queste ragioni, molti di coloro che ha ricevuto la carta di soggiorno-annuale hanno ancora voglia di raggiungere l’Europa.
Arresti e deportazioni nei boschi
Violazioni regolari dei diritti umani sono state portate avanti dopo il programma. All’inizio di febbraio 2015, le autorità marocchine hanno teso un’imboscata ai/alle migranti nei pressi del confine di Melilla, distruggendo e bruciando il campo e gli effetti personali delle persone, finendo col detenere più di 1200 persone compresi i bambini. Tre giorni dopo le incursioni, gli arresti e la totale distruzione dei campi si sono svolte in numerosi boschi nei pressi di Nador. In seguito, molti/e si sono trasferiti/e in foreste più lontane ma le autorità marocchine continuano a distruggere i campi – dove le persone vivono senza accesso all’acqua potabile o un riparo adeguato – arrestare e deportare le persone che trovano. Piccole donazioni di vestiti o cibo, inviati dai/dalle solidali, sono spesso intercettati e distrutti dalla polizia.
Il risultato di questi mesi di attacchi fisici e di terrore psicologico, è lo stato di costante ansia in cui vivono le persone nelle foreste. Una donna, che vive in un campo vicino a Tangeri, ha dichiarato: “Viviamo nella foresta come se fossimo morti … ci trattano come animali … non si può neanche dormire. Anche se si affitta un appartamento, non si ha alcuna sicurezza, la polizia può venire in qualsiasi momento, rompere la porta, bruciare le cose, buttarti fuori … è insicurezza totale, soprattutto per noi donne. “
Il regime di frontiera europea in via di sviluppo – assistito dall’agenzia per la deterrenza all’immigrazione Frontex – dimostra la consapevolezza con la quale l’UE e i suoi stati membri garantisce che le persone non riescano a raggiungere l’Europa o muoiano nel tentativo di. Ma, indipendentemente dal numero di nuove barriere che vengono erette o di guardie di confine impiegate, la resistenza e la lotta per la libertà di movimento per tutti/e continueranno. La gente che in Marocco sogna l’Europa non sta tornando indietro; la gente continua ad attraversare le frontiere quotidianamente. La crescente consapevolezza con cui l’Europa rafforza i suoi confini si traduce solo in più morti – morti che insanguinano le mani dell’UE e dei suoi Stati membri.