L’egiziano Mohamad Abdelgawad, di Alessandria d’Egitto, aveva raggiunto l’isola di Lesbo lo scorso aprile 2016. Aveva lasciato una prima volta il proprio paese per andare in Francia, dove ha lavorato per 5 anni. Tornato in Egitto dopo la rivolta del 2012 era stato costretto a partire di nuovo dopo aver ricevuto minacce di morte da parte delle autorità, per aver pubblicato dei video che testimoniavano gli omicidi degli attivisti egiziani a opera del regime dittatoriale di Sisi. Arrivato a Lesbo fu portato nell’hotspot-centro di detenzione di Moria, in attesa dell’esame della domanda d’asilo. Il servizio d’asilo greco ha respinto la sua domanda d’asilo e per questo motivo dal 12 dicembre 2016 Mohamed è stato trasferito al dipartimento di polizia di Mitilene, sempre a Lesbo. Qui, con l’ultima arma a sua disposizione, ha scelto di lottare e ha iniziato uno sciopero della fame, rivendicando il diritto di asilo e la cancellazione dell’espulsione. Conosciamo la sua situazione solo perché un compagno, arrestato per la distribuzione del giornale “senza patria”, è venuto in contatto con lui durante la detenzione nella stazione di polizia. Giovedì 12 gennaio, nel 30° giorno di sciopero della fame, è stato trasportato all’ospedale di Mitilene, e venerdì 13 era prevista la sua deportazione, che non è ancora avvenuta. La sua salute è in costante pericolo.
La minaccia di deportazione di Mohamed A.
Traduzione da Musaferat Lesbo
Dal mese di ottobre 2016, Mohamed A. si trova in stato di detenzione amministrativa nella stazione di polizia di Lesbo, come candidato per la deportazione, in quanto è stata respinta la sua richiesta di asilo politico. Dal 13 dicembre 2016 è in sciopero della fame, per la cancellazione della deportazione e l’ottenimento dell’asilo politico.
La sua salute negli ultimi giorni è costantemente deteriorata e il 10 gennaio è stato trasferito all’ospedale di Vostaneio a Mitilene, dove i medici hanno ritenuto necessaria la sua ospedalizzazione. Riportato in caserma per prendere le sue cose, con l’assicurazione da parte della polizia che lo avrebbero scortato di nuovo in ospedale, è stato invece tenuto in stato di detenzione, comunicandogli che lo avrebbero accompagnato la mattina seguente. Il giorno dopo, condotto in ospedale, sono riusciti a estorcere il suo consenso a non farsi ricoverare, con la menzogna che il suo caso sarebbe stato ridiscusso e sarebbe stato portato ad Atene nei prossimi giorni. Giovedi 12 gennaio il comandante della Direzione di Polizia di Lesvos ha annunciato la sua espulsione verso la Turchia, attraverso le famose procedure di riammissione EU-Turchia. Grazie alle pressioni dei solidali e di alcuni avvocati Mohamed è stato ricoverato in ospedale, dove gli è stato praticata una terapia per i sintomi da esaurimento fisico (vertigini, svenimenti, visione sfocata). Il suo ricovero in ospedale alla fine ha portato alla cancellazione della sua espulsione verso la Turchia che, purtroppo, non è stata applicata per i 10 migranti deportati in Turchia quella stessa mattina. Mentre Mohamed è ancora in ospedale, le autorità stanno facendo pressione sui medici per firmare le sue dimissioni dall’ospedale al fine di procedere con la sua espulsione. Le autorità hanno anche vietato ai solidali di visitare Mohamed, in completa violazione delle norme e dei regolamenti dell’ospedale.
Con il tentativo di espellere un immigrato al suo 32° giorno di sciopero della fame, lo Stato e i suoi agenti compiono un nuovo passo in avanti nel totalitarismo, dal momento che nulla di simile è mai accaduto in passato, per l’ovvia ragione che la vita di quest’uomo è in pericolo . Questi sono i meccanismi dello stesso Stato che imprigiona un bambino di 6 anni per vendicarsi contro i suoi genitori, vieta le manifestazioni presso le università pubbliche e tortura ogni giorno migliaia di immigrati nei centri di detenzione fino alla loro espulsione finale. Uno stato che ha il potere di decidere sulla vita e la morte di coloro che non sono più utili, coloro che sono “di troppo”, coloro che resistono.
Esprimiamo la nostra solidarietà a tutti coloro i quali sono sottoposti alla violenza della segregazione, del razzismo e dello sfruttamento. La nostra solidarietà va alle centinaia di persone migranti che sono state già deportate e alle migliaia che rimangono prigioniere all’interno dei centri di detenzione, di isolamento e deportazione. La nostra solidarietà è con coloro che lottano quotidianamente contro la svalutazione delle vite umane.
Solidarietà con Mohamed A. in sciopero della fame
Immediata accettazione delle sue richieste.
Fermare tutte le deportazioni.
Musaferat, 13 gennaio 2017
Qui il testo in inglese di una lettera scritta da Mohammed A. il 3 gennaio 2017.