Roma – Sul presidio al CIE di Ponte Galeria del 21/01

riceviamo e diffondiamo:

Sabato 21 Gennaio siamo tornatx, come ogni mese, di fronte alle mura del centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria.

Anche stavolta il dispiegamento di forze poliziesche è stato ingombrante già da stazione Ostiense, dove controllori allertati dagli sbirri presidiavano le scale per obbligarci a fare i biglietti – aspettandoci poi per il ritorno da Fiera di Roma – mentre di fronte alle mura del CIE ancora una volta hanno inutilmente provato a costringerci su un marciapiede, mobilitando la celere a ogni tentativo di fare dei passi avanti per riappropriarci della strada.

Nonostante i clamori mediatici, difficilmente qualcunx raggiunge queste mura, perciò come solidali cerchiamo di mantenere le comunicazioni fra dentro e fuori quel lager. Il nostro intento non è quello di entrare in delegazioni o chiedere condizioni “più umane”, ma piuttosto portare solidarietà e supporto a quelle donne che continuano a vivere sulla propria pelle la detenzione e le deportazioni. Lo facciamo per rompere il silenzio dei soprusi quotidiani che ogni gabbia porta con sé. Il presidio non ha visto invece la  partecipazione di chi crede che le inchieste, le riforme più umane e  l’impiego di fondi più importanti possano migliorare la situazione di chi è privatx della propria libertà.Una trentina di solidali ha rotto la quotidianità obbligata con grida, cori, interventi dal microfono e musica, raccontando di altre proteste portate avanti dalle persone migranti in Italia e non solo, ma anche portando messaggi di solidarietà in diverse lingue. Sul finale, poi, qualche abile tennista ha fatto sì che il numero di telefono scritto nelle palline raggiungesse l’altra parte delle mura.

La comunicazione con le donne recluse, possibile solo attraverso cellulare questa volta, ci ha fatto sapere che la nostra rabbia è arrivata all’interno, spezzando la routine dell’isolamento.
Se da dentro continuano a raccontare di pasti farciti di tranquillanti, per sedare la rabbia di chi vuol vivere libera, e riscaldamenti rotti; di lavoratori che, con fare amichevole, promettono e illudono le recluse, fino a portare allo strenuo della sopportazione, da fuori abbiamo scelto da che parte stare e continueremo a batterci perché delle prigioni non restino che macerie. Perché ognunx sia liberx di scegliere dove vivere.

 

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