Nella mattina del primo febbraio, una circolare riservata del ministero chiede alle questure di Roma, Torino, Brindisi e Caltanissetta (quelle ospitanti dei C.I.E.) di liberare posti nei centri di identificazione ed espulsione per far spazio a donne e uomini nigerianx che, continua la nota, le stesse questure dovranno rastrellare con azioni mirate, in modo da avere numeri sufficienti per riempire i voli di espulsione, evidentemente già pronti a fronte degli accordi bilaterali stipulati tra Italia e Nigeria.
La foto della circolare gira sui social e mostra come non vi è nessun timore da parte delle istituzioni a dire che dal 26 Gennaio al 18 Febbraio è aperta la caccia alle donne e agli uomini che si ritiene provenire dalla Nigeria.
La notizia suscita un abbondante clamore mediatico. Vedere queste parole nero su bianco non dovrebbe sorprenderci, considerato che da anni avvengono operazioni di questo tipo: le retate nelle città sono quotidiane e saltuariamente Frontex e gli stati organizzano periodi di deportazioni di massa rivolti a persone senza documenti con provenienze specifiche (ricordiamo infatti che, oltre alla Nigeria, l’Italia ha siglato accordi con Egitto, Nigeria, Marocco e Tunisia – proprio il 30 gennaio, per esempio, è partito un volo di espulsione da Palermo verso la Tunisia con a bordo 20 migranti).
Dal C.I.E. di Roma parte circa un volo di deportazione al mese in direzione Lagos (l’ultimo il 26 gennaio), e i voli di linea dell’areoporto di Fiumicino sono spesso i mezzi con i quali le donne, di molti paesi non comunitari, vengono deportate nel silenzio generale.
Il centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria è l’unico in Italia che al momento rinchiude le donne. Come ogni centro è caratterizzato dalla negazione della libertà delle recluse, sulla base di una politica colonialista e suprematista che prima saccheggia gli stati e poi mette a profitto chi da quegli stati fugge per cercare una vita migliore.
Ma in quanto C.I.E. femminile è teatro di una violenza ulteriore che è quella che si attua sui corpi delle donne recluse. La violenza dei perenni ricatti sessuali, l’atteggiamento paternalista rivolto alle recluse, insofferenti alla loro condizione, e per questo trattate come casi clinici. Quindi cibo imbottito di psicofarmaci, giochetti per portare allo strenuo della sopportazione, infine trattamenti sanitari obbligatori per autolesionismo a donne che hanno subito percosse. Ma anche donne rinchiuse perché, al momento della denuncia al marito violento, prevale la loro “irregolarità” sul suolo italiano piuttosto che la ricerca di aiuto. Ancora una volta a dimostrare che lo stato si fonda sul machismo e la cultura dello stupro, di cui non può essere che il difensore.
Un dispositivo, quello del C.I.E. femminile, che permette altresì di controllare e ricattare le donne all’interno del mercato del lavoro. Un esempio lampante sono le periodiche retate su tutto il territorio nazionale nei confronti di lavoratricx del sesso. Ma anche le lavoratrici domestiche perennemente sotto il ricatto del contratto per ottenere il rinnovo dei documenti, cosa che garantisce di fatto un abbattimento del prezzo del lavoro di cura.
È ora di mostrare la nostra solidarietà attiva. Organizzarci insieme per rendere visibile e bloccare la macchina delle espulsioni significa opporsi alle politiche fasciste, suprematiste, e imperialiste della fortezza Europa. Significa non lasciare che si perpetri davanti ai nostri occhi questa caccia alla donna e all’uomo.
Per questo indiciamo un’assemblea giovedì 9 febbraio alle ore 19 presso B.A.M, in via dei Castani 42, per organizzarci insieme contro reclusione, deportazioni e retate.
nemiche e nemici delle frontiere