Roma – Sul presidio al CIE/CPR di Ponte Galeria del 18 marzo

Come ogni mese siamo tornate/i in una ventina davanti le mura del CIE/CPR di Ponte Galeria per dimostrare solidarietà alle donne recluse.

Dopo più di un anno dalla rivolta che nel dicembre 2015 ha determinato la distruzione e quindi chiusura della sezione maschile, lo Stato ha deciso di recuperare in pieno le funzionalità dell’intera struttura indicendo un bando per la ricostruzione dell’area danneggiata. Il bando scadrà il 23 marzo e, dopo l’assegnazione, saranno 5 i mesi a disposizione per ricostruire nuove gabbie atte a incarcerare e deportare ancora più persone e sempre più velocemente.

Durante il presidio abbiamo udito solo poche voci al di là delle mura perché, come spesso accade, le donne sono state spostate in un’area lontana per evitare che ascoltassero le nostre parole e grida. Nonostante questo, al telefono ci hanno raccontato che nei giorni scorsi sono state espulse due ragazze albanesi e una cinese e che ieri, 20 marzo, è stata rimpatriata con la forza una donna ucraina. Attualmente all’interno del CPR ci sono 115 donne e con ogni probabilità questa settimana partirà anche l’ormai tristemente consueto volo verso la Nigeria. Sappiamo dalle cronache locali che diverse donne sono state recluse nelle ultime settimane a seguito delle continue e violente retate che lo stato porta avanti nelle strade, sopratutto contro le sex workers.

I voli di deportazione spesso non vengono annunciati e le recluse sono avvertite la mattina stessa, solo qualche ora prima della partenza dal vicino aeroporto.

La macchina delle espulsioni continua a lavorare senza interruzioni, costringendo  le persone alla reclusione nei CPR per un lungo periodo di angosciante attesa, sottratte alla quotidianità difficilmente costruita, per poi rimpatriarle in una terra dove non vogliono tornare e che spesso non conoscono.

Dal microfono aperto si sono succeduti interventi che hanno provato a raccontare cos’è successo negli ultimi mesi, tra le violenze degli stati che torturano, stuprano, ingabbiano e uccidono e le lotte di migranti e solidali che si oppongono al regime delle frontiere e al fascismo, in Europa come nel resto del mondo.

Il presidio, dopo circa due ore in cui la musica e le nostre voci si sono alternate, si è sciolto salutando le ragazze con l’impegno di tornare molto presto per spezzare ancora il silenzio e l’isolamento che avvolge quel lager.

L’abituale e ormai grottesca arroganza degli sbirri schierati in difesa di un marciapiede non ci ha impedito però infine qualche lancio di palline da tennis: dopo aver sciolto il presidio, siamo infatti tornate/i sotto le mura per far arrivare il numero di telefono alle detenute cercando così di tenerci in contatto e sapere dalla loro voce cosa succede tra quelle sbarre.

Non ultimo, è di queste ore la notizia di uno sciopero della fame nel CPR di Brindisi-Restinco: lo porta avanti da una decina di giorni Adriana, una donna trans che, oltre alla reclusione, sta affrontando anche l’ulteriore violenza di essere costretta in una prigione per uomini, quindi la negazione della propria identità. Dopo gli esaltati annunci e le strumentalizzazioni di alcuni politici che dichiaravano sarebbe stata trasferita in una non meglio specificata sezione femminile (ricordiamo che l’unico CPR che detiene donne è quello di Roma), le notizie che ci arrivano oggi ci confermano che Adriana è ancora dietro quelle infami mura a Brindisi, sorvegliata a vista dalle guardie “per proteggerla”. Per quanto ci riguarda sappiamo che non saranno mai né lo Stato né tantomeno gli sbirri a difenderci dalla violenza di cui sono essi stessi artefici, e che non saremo mai felici né ci sentiremo liberx finché non vedremo tutte e tutti fuori da quelle gabbie.

nemiche e nemici delle frontiere

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