Oppressioni specifiche: spunti di riflessione sulla detenzione delle persone trans

Riceviamo e pubblichiamo

Oppressioni specifiche: spunti di riflessione sulla detenzione delle persone trans

Troppo spesso il discorso contro la detenzione amministrativa utilizza le categorie migrante ed immigrato.

Queste categorie, che usando un termine maschile alimentano l’immaginario dell’uomo africano in fuga dalla guerra e in cerca di un lavoro che gli permetta di mantenere la famiglia, da una parte appiattiscono l’analisi e dall’altra ci permettono di non problematizzare le differenze che caratterizzano le individualità anche fra i\le solidali. Quando parliamo di migranti ad esempio dimentichiamo che l’esperienza delle donne cisgenerei che migrano è completamente differente da quella degli uomini cisgenere, per non parlare delle/i persone trans e\o persone non eterosessuali. Quindi dimentichiamo che l’esperienza del viaggio, della permanenza nel territorio (in questo caso europeo), della richiesta d’asilo, della detenzione e delle espulsioni hanno delle caratteristiche peculiari e delle oppressioni che appunto sono specifiche e molteplici.

Se riconosciamo il privilegio di una persona bianca su una che non lo è, o quello di un uomo cisgenere su chi non lo è, ci risulterà chiaro che in ogni esperienza della vita abbiamo privilegi diversi e subiamo o agiamo oppressioni specifiche.

La vita di tutte le persone che non sono uomo cisgenere eterosessuale è caratterizzata dall’oppressione del patriarcato.

L’orientamento sessuale non etero, così come il riconoscimento in un genere diverso da quello a cui sei stat* assegnat* alla nascita, sono oggetto di negazione. La norma prevede un codice binario: si è uomini o donne cisgenere, si è attratt* dal sesso opposto; ciò che fuoriesce da questa è oggetto di fobia e odio,è sbagliato, innaturale, falso, e viene per questo invisibilizzato.

“…medici e giudici negano la realtà del mio corpo trans per poter continuare ad affermare la verità del regime sessuale binario. Esiste la nazione. Esiste il tribunale. Esistono gli archivi. Esistono le mappe. Esistono i documenti. Esiste la famiglia. Esiste la legge. Esistono i libri. Esiste il centro di detenzione. Esiste la psichiatria. Esiste il confine. Esiste la scienza. Esiste persino Dio. Ma il mio corpo trans non esiste.”

Il mio corpo trans esiste” di P. Preciado

Nel linguaggio, giornalistico o di uso comune, le persone trans sono sempre definite come “il trans”, a prescindere dalla loro identificazione in quanto uomini o donne. In ambito giuridico la soggettività trans è riconosciuta solo attraverso una legge che definisce in maniera rigidissima i passaggi e le procedure da compiere per ottenere l’assistenza medica e il cambio di sesso legale nei documenti (diagnosi psichiatriche, sterilizzazione forzata ecc.); non è però riconosciuta per tutt* quell* che non sono disposti a sottoporsi a tutto ciò o per tutt* quell* che non possono farlo, rinforzando in questo modo il binarismo di genere e il controllo normalizzante dello stato sui corpi.

Il limbo normativo che si crea, soprattutto in situazioni di detenzione, dà a forze dell’ordine, giudici e consoli la possibilità di comportarsi completamente a propria discrezione.

La storia di Adriana è in questo senso esemplificativa: prelevata a seguito di un controllo di polizia mentre si trovava in un hotel a Napoli con il suo compagno, verificata la sua condizione di irregolarità, è stata reclusa in isolamento nel c.i.e. di Brindisi, dove è presente la sola sezione maschile. Lei ha scelto di lottare ed ha cominciato uno sciopero della fame e, anche a seguito della denuncia di un’associazione, le sono stati assegnati due piantoni. Mentre dalla direzione le veniva promesso un permesso di soggiorno provvisorio, quello che ha invece ricevuto è stato il trasferimento nelle medesime condizioni nel c.i.e. di Caltanissetta. La sua storia non è un caso isolato, la copertura mediatica che ha raggiunto non è legata alla sua eccezionalità.

La normalità per le persone trans recluse è vedere negata doppiamente la propria autodeterminazione attraverso l’impossibilità di accesso agli ormoni (qualora ne facciano uso), l’isolamento e la reclusione in sezioni diverse dal genere di appartenenza, quindi la continua minaccia di violenze da parte di reclusi e secondini.

Nella loro vita, e quindi anche all’interno dei centri di detenzione ed espulsione, le persone trans vivono l’oppressione specifica del cis-sessismoii, che va a sommarsi al razzismo e al suprematismo biancoiii nel caso di cui sopra.

Dopo tutto questo clamore mediatico, di Adriana e la sua quotidiana resistenza all’interno del c.i.e. non si parla più. E nessuno racconta che nell’ultimo mese altre donne trans sono state rimpatriate a seguito di rastrellamenti contro la prostituzione a Ravenna e Perugia, senza neanche il passaggio per il c.i.e., cosa che normalmente avviene. Le donne trans che lavorano nelle strade (come nel caso di Ravenna e Perugia), non sono solamente minacciate dalla misoginia, dalla transfobia e dallo stigma della “puttana” ma anche dalla violenza dello stato che ogni giorno le rinchiude,maltratta e deporta.

Tutto questo ancora una volta dimostra che, se alla condizione di irregolarità si somma quella di essere persone trans, il trattamento è ulteriormente discrezionale, privo di tutele e strutturalmente violento.

Media e associazioni nell’affrontare il caso di Adriana si sono concentrati quasi unicamente sull’assenza nei c.i.e. di una sezione specifica per trans. Neghiamo questa lettura dei fatti che mira a umanizzare delle istituzioni di oppressione che non sono riformabili. In passato esistevano centri che disponevano di sezioni speciali per persone trans (come in via Corelli a Milano) ma questo non le ha di certo tutelate o rese più libere, basti pensare agli stupri lì avvenuti da parte dei poliziotti.

La reclusione è un’esperienza violenta per chiunque la subisca e le oppressioni specifiche possono soltanto aggravarla; per questo lottiamo ogni giorno contro gabbie, frontiere, documenti e galere e in solidarietà con chi resiste.

Per la libertà di tutti e tutte.

Nemiche delle frontiere

 

note:

i Cisgenere: persona che si riconosce e vive nel sesso biologico attribuitole alla nascita

ii Cis-sessismo: discriminazione verso le persone non cisgenere

iii Suprematismo bianco: Idea, teoria, o dottrina secondo cui le persone bianche sono innatamente superiori alle altre e che la loro cultura è maggiormente avanzata e portatrice di progresso. Legittima da sempre l’imperialismo, l’oppressione e la dominazione verso chi è considerat* “non bianc*”

 

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