L’Egitto sta attraversando una settimana particolarmente dura che ha visto arresti di attivisti, figure dell’opposizione e operai in sciopero, la detenzione di Khaled Ali (figura di spicco dell’opposizione laica, possibile candidato alle prossime elezioni, in prima linea contro la cessione delle isole Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita), la distruzione di case, strutture e villaggi, oltre alle consuete sparizioni forzate, torture e abusi di ogni tipo. Infine, l’ultima delle misure repressive messe in atto dal regime egiziano è il blocco di 21 siti di informazione accusati di “supportare il terrorismo”. Tra questi anche Mada Masr, media egiziano del tutto indipendente e da sempre non allineato.
Una settimana che coincide con l’incontro tra Sisi, Trump e il re Salman, in cui il dittatore ha avuto conferma di beneficiare ancora di quel sostegno politico ed economico internazionale che, di fatto, mantengono in vita lui e il regime che lo appoggia.
Tuttavia, poiché la crisi economica ha ormai ridotto il paese alla fame, il malcontento è diffuso, la possibilità di sommosse popolari non è da escludere e le elezioni presidenziali ormai vicine, il regime ha scelto di proseguire nell’unica cosa che gli riesce bene: la repressione. 30 attivisti e membri di partiti dell’opposizione sono stati arrestati ad Alessandria e in altri governatorati del paese con l’accusa di “terrorismo” e in alcuni casi per “insulto al Presidente” via social media. Molti di loro sono stati prelevati a casa di notte e interrogati per diverse ore senza la presenza dei loro avvocati. Altre 40 persone sono state arrestate per non meglio specificati “crimini su internet”. Qualche giorno fa, di ritorno da un suo viaggio a Roma dove era stato pedinato da agenti del regime, l’avvocato Khaled Ali, è stato arrestato e poi rilasciato con cauzione, ma il suo processo continua “per violazione della morale pubblica”.
A essere presi di mira, come consueto, sono anche i sempre più numerosi episodi di lotta dei lavoratori. Dopo aver indetto uno sciopero iniziato il 03/04/2017, 32 operai del cementificio di Tora, sono ora sotto processo e rischiano di perdere il posto di lavoro. Le loro richieste sono quelle di essere assunti, hanno occupato il cementificio dove lavoravano, ma 24 sono stati arrestati e prelevati dal presidio che durava da 55 giorni. L’inizio del processo è previsto per il 28/05.
Ma non cessano nemmeno i soprusi di un regime il cui consenso è orami basato solo sul terrore. Il 06/05/2017 una donna, Hanan Badr, in cerca del marito sottoposto a sparizione forzata dal 27/07/2013, è stata arrestata mentre faceva visita a uno dei detenuti internati nel carcere di Al-Qanater nei pressi del Cairo, con l’accusa di raccogliere informazione sui luoghi di detenzione con finalità terroristica. Hanan è stata internata illegalmente per 15 ore all’interno di una cella nel carcere di al-Qanater, poi trasferita in un commissariato e poi la procura ha deciso la carcerazione preventiva per 15 giorni alla fine dei quali sono stati nuovamente confermati.
Libertà per tutt*!