Egitto – Nuova ondata di repressione contro tutto e tuttx!

In questi ultimi giorni il regime ha dato il via all’ennesima ondata di repressione decidendo di colpire in maniera trasversale tutti e tutte. Sotto dittatura e soprattutto per chi si oppone e resiste non esiste tregua.  

Così, alla fine di un concerto della rock-band libanese Mashrou’ Leila, 7 ragazzi sono stati arrestati con l’accusa “di promuovere devianze sessuali”. Sono stati visti dalle guardie sventolare una bandiera arcobaleno e tanto è bastato per finire in carcere in attesa che vengano ultimate le investigazioni (una procedura che può durare degli anni in Egitto e che permette allo Stato di tenere dentro le persone in maniera del tutto illegale).  

Un tribunale del Cairo aveva condannato l’avvocato Khaled Ali a 3 mesi di carcere o al pagamento di una cauzione di 1000 ghinee con l’accusa di “pubblica indecenza”. L’avvocato in effetti è anche attivista, ex candidato alle elezioni presidenziali del 2012, difensore di tantx compagnx e prigionierx politicx, uno dei principali oppositori alla cessione delle isole di Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita. Se confermata in appello tale sentenza impedirà a Khaled Ali di candidarsi, come da lui stesso annunciato, alle elezioni del 2018.  

La repressione ha colpito anche una nota libreria del centro del Cairo. Le guardie sono entrate all’improvviso, sequestrando tutti i libri e il materiale presente nel locale e arrestando 2 lavoratori (poi rilasciati).

Le guardie sono anche entrate a casa di 11 sindacalisti indipendenti che sono stati arrestati. L’accusa è di aver partecipato quest’estate allo sciopero di 18 giorni di lavoratori e lavoratrici tessili di Mahalla. Il regime ha avviato una serie di atti intimidatori per cercare di inibire un movimento operaio in fermento. Il 16 settembre altri 8 sindacalisti sono stati arrestati il giorno prima di una protesta (si sarebbe dovuta tenere il 17 settembre) fuori alla sede dell’Unione generale dei lavoratori delle imposte. L’accusa per tutti loro è di “incitamento alla protesta”.  

Resta ancora in carcere, invece, Amr Ali, attivista e cofondatore del movimento 6 Aprile. Dopo aver scontato tutta la sua pena di due anni la scarcerazione è stata bloccata dalla procura che ha iniziato un altro processo a suo carico per un presunto reato commesso nel 2014.  

Non si ferma neppure la repressione degli ultras. Un tribunale ha condannato 14 tifosi dello Zamalek (2 dei quali al carcere a vita) per aver commesso il massacro dell’Air Defense stadium.  Così come nel 2012 a Port Said con la tifoseria dell’Ahly (74 furono assassinati e i corpi furono lanciati dalle curve), nel 2015  lo Stato e i vertici del club organizzarono una rappresaglia contro ultras dello Zamalek. Intrappolati all’entrata dello stadio vennero attaccati, caricati e massacrati dalla polizia che ne uccisero almeno 25. Finora nessuna guardia ha mai pagato. Anzi, a essere accusati e condannati per questi massacri sono stati comunque dei tifosi.

Continua anche la repressione nelle carceri e nelle prigioni, dove però si fa sentire la resistenza dei e delle prigioniere che spesso scioperano anche per dei lunghi periodi nonostante le rappresaglie delle guardie che entrano nelle celle di notte, anche coi cani, picchiano, mettono in punizione e/o fanno sparire prigionierx.

A proposito di desaparecidxs il Centro @elnadeem per la riabilitazione delle vittime di torture ha pubblicato il rapporto di agosto: 50 omicidi extragiudiziali, 25 casi di violenza di Stato, 17 morti e 38 casi di negligenza medica in prigione, 73 casi di tortura, 125 desaparecidxs.

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