Negli ultimi mesi gli arrivi in Italia da rotte non provenienti dalle coste libiche sono aumentati. Le persone che arrivano da paesi come la Tunisia o l’Egitto sono escluse dalle procedure di richiesta di protezione internazionale e vengono segregate, deportate per direttissima o ricevono un decreto di espulsione con l’obbligo di lasciare il territorio italiano entro sette giorni. Politici e media italiani stanno criminalizzando queste persone, anche ricorrendo allo spauracchio del terrorismo, e giustificando in questo modo sia le deportazioni che omicidi come quello accaduto il 9 ottobre scorso, quando una nave militare tunisina ha speronato un barcone provocando la morte di circa 40 persone. Considerata la disastrosa situazione economica in Tunisia ed Egitto e la repressione che si abbatte da anni contro i movimenti sociali, non sorprende che le persone decidano di andare a vivere altrove, così come non sorprendono le continue proteste per la libertà di movimento portate avanti dalle persone rinchiuse nell’hotspot di Lampedusa. L’hotspot di Lampedusa ha sempre funzionato come centro di selezione, smistamento e deportazione, e principalmente come un muro in pieno Mediterraneo per respingere gli indesiderati. Per rendere funzionale esclusivamente alla deportazione il centro di Lampedusa, il governo sta predisponendo la trasformazione dell’hotspot in un CPR (Centro permanente per i rimpatri, gli ex-CIE) e la creazione di un nuovo hotspot a Pantelleria.
Comunicato dei giovani tunisini a Lampedusa
Traduzione dal Forum tunisino per le politiche economiche e sociali.
Lampedusa, 27 ottobre 2017
Appello all’opinione pubblica internazionale
Siamo un gruppo di giovani del Rdeyef (nel sud-ovest della Tunisia, dove è emersa la rivolta del bacino minerario nel 2008) e di altre regioni della Tunisia. Di fronte ai fallimenti della politica economica e sociale del nostro paese, l’abbandono da parte dello stato dei suoi obblighi e l’insuccesso politico su scala locale e internazionale, abbiamo dovuto abbandonare il nostro sogno del 2008 di uno Stato democratico che garantisca libertà, dignità e giustizia sociale. E noi, pur essendo orgogliosi del nostro paese e della sua gente, abbiamo dovuto affrontare il pericolo della migrazione irregolare verso il nord-ovest del Mar Mediterraneo, una rotta diventata pericolosa a causa delle politiche europee sulle migrazioni che chiudono le frontiere ai nostri sogni e alle nostre ambizioni di tentare una nuova esperienza in modo regolare.
Ci troviamo ora in un centro per immigrati (ndt. l’hotspot) sull’isola di Lampedusa in difficili condizioni umanitarie. Siamo minacciati di deportazione forzata, che vìola le convenzioni internazionali che garantiscono la libertà di movimento, che si oppongono alle politiche di espulsione e agli accordi bilaterali ingiusti che danno priorità alla sicurezza delle frontiere a detrimento dei diritti universali.
Annunciamo che cominceremo uno sciopero della fame per reclamare il nostro diritto di movimento e per protestare contro la deportazione forzata.
I nostri sogni non sono diversi da quelli dei giovani europei che godono della libertà di movimento, nel nostro paese e altrove, in cerca di altre esperienze ma anche per promuovere la libertà, la giustizia sociale e la pace.
Ci appelliamo alle persone libere che difendono l’esistenza di un altro mondo dove prevalgano i valori universali e la solidarietà, affinché ci sostengano. Perché mentre il vostro denaro e le vostre merci circolano liberamente nei nostri paesi d’origine, voi state imprigionando i nostri sogni dietro le vostre mura.
No alle deportazioni forzate
Sì alla libertà di movimento
Vittime delle politiche economiche e sociali globali
Vittime delle politiche migratorie ingiuste