Come raccontavamo una settimana fa, nell’hotspot di Lampedusa le proteste delle circa 150 persone segregate sono continue. Ieri 8 marzo un razzo di segnalazione è stato scagliato dai migranti contro l’hotspot: è la terza volta in 15 giorni.
Alle 19 un gruppo di migranti è uscito dal centro per ricominciare una protesta sulle scalinate della principale chiesa di Lampedusa. Raccontano che dopo la precedente protesta, che li aveva visti portare avanti uno sciopero della fame per sei giorni, avevano ricevuto la promessa di un trasferimento in Sicilia, ma dopo un mese nulla è cambiato. Nessuno vuole rimanere nell’hotspot, e alcuni pur di essere trasferiti sono disposti a farsi accusare di furto: ricevere un decreto di espulsione entro sette giorni, raggiungendo la Sicilia, gli permetterebbe almeno la possibilità di continuare il viaggio verso altri paesi, ed evitare la deportazione immediata in Tunisia.
Verso le 20.30, il fuoco è divampato in due camere del piano superiore del primo padiglione, provocando anche la caduta del soppalco. L’incendio non si è diffuso ulteriormente per il rapido intervento del distaccamento dei vigili del fuoco presente in presidio fisso nell’hotspot, proprio per evitare che le proteste dei reclusi e i frequenti incendi distruggano i padiglioni, come già avvenuto in passato nel 2009, 2011 e due volte nel 2016. Sono subito accorse altre due squadre di vv.ff. che in due ore hanno circoscritto le fiamme.
Sono intervenute anche le forze dell’ordine in assetto antisommossa a contenere la protesta e il deflusso dall’hotspot.